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Diritti / Attualità

Violenze contro i migranti in Libia: una rete di Ong chiede alla Commissione africana sui diritti umani di indagare

Il 22 luglio 2019, il Cairo Institute for Human Rights Studies, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione e ARCI hanno presentato una richiesta congiunta alla Commissione africana sui diritti dell’uomo e dei popoli affinché svolga un’indagine sulle gravi violazioni dei diritti umani che rifugiati e migranti subiscono nei centri di detenzione libici. “Agghiaccianti violenze” provate da informazioni pubbliche e da dichiarazioni di persone detenute a Tajoura, Zawiya e Zintan

Un sopralluogo dell'UNHCR al campo Tariq al-Sikka

Una coalizione di organizzazioni non governative chiede alla Commissione africana sui diritti dell’uomo di indagare le violenze ai danni dei migranti in Libia. Il 22 luglio 2019 il Cairo Institute for Human Rights Studies, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione e ARCI hanno presentato una richiesta congiunta alla Commissione africana sui diritti dell’uomo e dei popoli affinché svolga un’indagine sulle gravi violazioni dei diritti umani che rifugiati e migranti subiscono nei centri di detenzione libici.

Le tre Ong hanno anche chiesto alla Commissione, come misura provvisoria in attesa di un’indagine approfondita, di ordinare al governo di unità nazionale libico di cessare immediatamente qualsiasi abuso contro rifugiati e migranti detenuti nei centri di detenzione sparsi in varie città della Libia, tra cui Tajoura, Zawiya e Zintan.

“La richiesta inoltrata oggi -spiegano le organizzazioni- è il risultato della stretta collaborazione e dell’unità di intenti nata tra Ong africane ed europee, ed è parte di una campagna più ampia volta a contestare le politiche illegittime di contenimento dei flussi migratori, campagna intrapresa dal Cairo Institute in cooperazione con la Libyan Platform Coalition, da ASGI attraverso il progetto Sciabaca, e da ARCI attraverso il progetto #externalisationpolicieswatch. Altre azioni giudiziarie, già intentate di fronte a tribunali interni e internazionali, riguardano la responsabilità dell’Unione europea e di singoli Stati, in particolare dell’Italia, per atti quali la delega alla guardia costiera libica dei respingimenti di migranti in mare, e il contributo dato al sistema di campi di detenzione per stranieri in Libia”.

Le accuse contenute nella richiesta sono fondate sia su informazioni pubblicamente disponibili sia su dichiarazioni di persone che si trovano attualmente detenute nei centri di Tajoura, Zawiya e Zintan. “Le loro testimonianze parlano di torture, carceri che versano in condizioni disumane e dove mancano acqua, cibo, cure mediche e assistenza legale. I tre centri sono ufficialmente gestiti dal ministero dell’Interno del governo di unità nazionale libico con base a Tripoli e riconosciuto dalla comunità internazionale. In Libia, oltre ad una rete di oltre venti centri ufficiali, vi è un numero imprecisato di luoghi di detenzione controllati direttamente da milizie armate, nei quali i migranti subiscono sistematicamente torture e altri abusi”.
Le “agghiaccianti violenze” commesse contro gli stranieri in Libia sono già state ampiamente documentate e condannate da tutte le principali agenzie internazionali, tra cui gli Alti Commissariati delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e per i Diritti Umani (OHCHR), ma anche da organizzazioni non governative come Amnesty International, Medici Senza Frontiere e Human Rights Watch.

“La richiesta presentata il 22 luglio -concludono il Cairo Institute, ASGI e ARCI- evidenzia molteplici violazioni di diritti fondamentali garantiti dalla Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli, tra cui il divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti (articolo 5), diritto alla libertà personale e divieto di arresti arbitrari (articolo 6) e il diritto ad un equo processo (articolo 7). Le tre ONG imputano al governo di unità libico sia le violenze commesse nei centri di detenzione ufficiali, sia la mancata prevenzione o repressione di quelle commesse dalle milizie nei centri non ufficiali”.
La Commissione Africana, che in questi giorni è riunita a Banjul, in Gambia, per la sua ventiseiesima sessione straordinaria, potrebbe decidere di aprire formalmente un’indagine ed eventualmente portare la situazione all’attenzione della Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli.

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