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Ambiente

Veneto, i cementieri contro il Tar che blocca lo sviluppo

Alvise Zillo Monte Xillo, consigliere delegato di Cementizillo spa, che controlla due cementifici a Este (Pd) e Monselice (Pd), è il presidente dell’Aitec, l’Associazione italiana tecnico economica cemento. Dopo le due sentenza del Tar del Veneto che hanno bloccato i…

Alvise Zillo Monte Xillo, consigliere delegato di Cementizillo spa, che controlla due cementifici a Este (Pd) e Monselice (Pd), è il presidente dell’Aitec, l’Associazione italiana tecnico economica cemento. Dopo le due sentenza del Tar del Veneto che hanno bloccato i progetti di revamping di Cementi Rossi (Fumane, Vr, vedi il libro Le conseguenze del cemento) e Italcementi (Monselice, Pd) ) ha invitato una lettera alla stampa, che riportiamo integralmente. Lamenta, in particolare, che iter autorizzativi "vengano spazzati via da un ricorso di gruppi portatori di interessi specifici e magari contrapposti all’industria", ovvero i comitati spontanei di cittadini e le associazioni a tutela dell’ambiente. Il testo integrale del comunicato stampa: "Le recenti sentenze del Tar Veneto in merito ai necessari progetti di ammodernamento dell’impianto di Fumane di Cementirossi e di quello di Monselice di Italcementi testimoniano di una oggettiva difficoltà a programmare iniziative industriali nella regione e, più in generale, stanno consolidando un clima anti-industriale nel Paese. La crisi finanziaria di fine 2007 ha dimostrato che non esistono economie sostenibili se non vi è alla base un efficiente sistema industriale. L’economia reale è la leva di qualsiasi modello di sviluppo.
Senza voler entrare nel merito delle decisioni del Tar Veneto, entrambe le sentenze dimostrano,  senza alcun dubbio, che la pianificazione industriale del territorio ha bisogno di regole certe e di percorsi di verifica seri ma inappellabili.  Non è possibile che iter autorizzativi, lunghi, dettagliati, analitici vengano spazzati via da un ricorso di gruppi portatori di interessi specifici e magari contrapposti all’industria, con il risultato di mettere in discussione investimenti orientati alla crescita dell’efficienza delle imprese e a un radicale miglioramento della compatibilità ambientale degli impianti grazie a un drastico abbattimento delle emissioni.
Imprese che investono ingenti capitali hanno necessità di programmazione e di pianificazione di medio lungo periodo per assicurare un adeguato ritorno sul capitale impiegato e una coerente ridistribuzione delle risorse nel territorio in cui operano. L’Italia ha già perso molti settori di produzione di materie di base. Molte imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni, che vivono della trasformazione di materie chimiche di base,  conoscono perfettamente il giogo a cui sono sottoposte dalle grandi multinazionali estere che detengono larga parte degli impianti di trasformazione.
Il sistema economico italiano non ha futuro senza industria e tutta la filiera industriale non ha futuro se non possiede industrie di trasformazione di materie prime.
I casi di Fumane e di Monselice dimostrano che  non è possibile con l’attuale sistema legislativo e normativo, fatto di leggi, norme, interpretazioni, ricorsi, appelli, poter programmare iniziative di lungo periodo. Come imprenditori di un sistema capital intensive abbiamo bisogno di iter più razionali e rapidi, pur nel pieno rispetto degli interessi collettivi, e di certezze.
Riteniamo che sia indispensabile che le istituzioni, legittimate a comporre interessi diversi che si esprimono sul territorio, intervengano per ridurre le aree di incertezza e stabiliscano regole, diritti e doveri  che siano un punto di riferimento per tutti. La Regione, la Provincia o il Ministero dell’ambiente creino un tavolo per raggiungere un risultato che permetta alle imprese, ai lavoratori e ai cittadini di disegnare con certezza il loro destino. Se le istituzioni non recepiscono  la gravità di quanto sta avvenendo, non ci sarà futuro per l’economia della Regione e del Paese".

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