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Altre Economie

Val di Cornia, la cultura del bio

Da Suvereto a San Vincenzo, in provincia di Livorno, una ventina di produttori associati promuovono un’altra agricoltura —

Tratto da Altreconomia 153 — Ottobre 2013

Sotto la veranda della sua cantina, Alessandro parla di trebbiatura. Non menziona Sangiovese né Vermentino, i vitigni da cui ricava il “Martellino Rosso” e l’“Ildobrandino”, due tra i vini imbottigliati nell’azienda agricola “Incontri” (www.aziendaagricolaincontri.it) di Suvereto (Li), ma racconta di Senatore Cappelli e di altri grani antichi.
Nota uno sguardo stupito, e subito risolve il mio dubbio: “Ti stai chiedendo che c’incastra la farina col vino, vero? Ma c’entra e come -spiega-: ho iniziato la conversione verso la biodinamica, e so che devo aumentare la complessità nel campo. Per questo faccio crescere l’uva col grano, e c’è un orto in mezzo ai filari”.
Alessandro Martelli ha poco più di trent’anni ed ha preso in mano l’azienda di famiglia nel 2000: “Nel 2007 abbiamo iniziato la conversione al biologico -racconta-, e dallo stesso anno non mi affido più a un enologo esterno. Pensa: nasco geometra, e voglio fare vini veri. Dal convenzionale, da tecniche invasive, sono passato a realizzare un vino senza solfiti”. Le vigne, agli “Incontri”, occupano cinque ettari e mezzo, da cui -a seconda degli anni- si ricavano tra le 15 e le 35mila bottiglie (“In biodinamica la stabilità non c’è”, spiega Alessandro) vendute anche in Svizzera, in Scozia e negli Stati Uniti d’America. Poi c’è un oliveto di due ettari, mentre 4 sono dedicati al seminativo.
I confini dell’azienda agricola della famiglia Martelli, però, sono molto più grandi, e abbracciano tutta la Val di Cornia, quella che da Piombino risale -per una cinquantina di chilometri- il corso del fiume omonimo. L’azienda “Incontri”, infatti, è una delle 20 associate a Val di Cornia Bio (www.valdicorniabio.it),  un’associazione tra produttori agricoli nata quattro anni fa: “L’obiettivo era quello di scambiare informazioni e abitudini, e il maggior risultato ottenuto, di fatti, è stata la contaminazione tra le diverse esperienze -mi racconta Federico Beconi, il presidente-: così chi prima coltivava solo ortaggi, oggi produce anche pane; e in molti hanno le proprie arnie”.

Federico e Alessandro sono tra i protagonisti del “Progetto Sterpaia”: l’associazione -in collaborazione con altri soggetti- ha avviato la coltivazione di cereali antichi all’interno del Parco costiero della Sterpaia, con l’obiettivo di creare una filiera corta per i cereali antichi (vedi articolo a p. 37). E se Alessandro è arrivato al grano Senatore Cappelli partendo da una botte, per Federico il sentiero comincia da un’arnia. Il laboratorio di smielatura è nel (bel) centro storico di Campiglia Marittima, borgo arrampicato a 230 metri sul livello del mare (Marittima significa “della Maremma”) da cui si osserva il Mar Tirreno e Piombino con le sue ciminiere. L’azienda si chiama “A” (laboratorioa.jimdo.com), e all’interno della bottega oltre agli strumenti del mestiere -a vista- ospita anche mostre fotografiche e presentazioni di libri; è un laboratorio culturale, com’è nuova è la cultura del miele che Federico cerca di costruire: “I clienti, e in particolar modo i turisti, cercano miele monoflora. Io faccio solo millefiori, e lo diversifico -anche nell’etichetta- per località. Le mie arnie sono in postazioni strategiche in tutta la Val di Cornia: da noi l’orticoltura tradizionale, quella che si pratica in pianura, dove prevale la cultura del girasole, è considerata ‘a rischio’ per la certificazione biologica”. Il disciplinare, infatti, impone tra l’altro che le api siano lontane da fonti d’inquinamento, che devono stare ad almeno 2 chilometri di raggio. E anche i campi inondati di pesticidi lo sono. Ai clienti Federico consiglia di usare la lingua più che la testa: assaggiando i suoi mieli, ci si rende conto anche della “stagionalità” di un prodotto che ha, comunque, una lunghissima conservazione: “Prima fiorisce l’erica, poi il biancospino, il prognolo, l’acacia, il larice, infine il castagno”.           

Oltre che in laboratorio e in qualche negozio, il miele marchiato “A” si trova ogni mese al mercato che Val di Cornia Bio organizza a San Vincenzo, località balneare lungo la costa tirrenica: “Partecipano 8 degli associati. Abbiamo fatto anche 2 o 3 tentativi di aprire un punto vendita, ma per il momento senza successo. C’è un angolo con i nostri prodotti all’interno delle bottega del commercio equo e solidale, a Piombino (vedi box). Nell’idea iniziale, l’associazione avrebbe dovuto servire anche a costruire nuove reti di commercio, ma non siamo imprenditori”.
Tutte le aziende coinvolte sono piccole, e famigliari.
C’è la mamma di Federico ad aiutarlo con le etichette, in negozio. Ci sono i genitori di Alessandro, ad osservare le evoluzioni del figlio in cantina (“All’inizio eravamo un po’ scettici verso il cambiamento, l’agricoltura biologica, oggi siamo convinti che sia stata la scelta giusta” raccontano mentre mi fanno assaggiare un bicchiere di “Lorenzo”, vino di punta dell’azienda).  
Due figlie rappresentano invece un aiuto importante per Ida Roncareggi e per il marito, che a San Vincenzo gestiscono l’azienda Contessa Beatrice. “Ci siamo trasferiti qua nel ‘96 -racconta Ida, che è originaria della provincia di Como mentre il marito è piemontese-, e iniziato subito con il biologico. Abbiamo 8 ettari di terreno coltivabile, e un mega orto: ciò significa che non siamo specializzati in niente, e questo comporta moltissimo lavoro manuale. Oggi siamo in 4 a lavorare a tempo pieno”.
Il racconto di Ida si blocca più volte: c’è da andare a controllare la lievitazione dell’impasto, e poi ad infornare il pane nel nuovo forno a legna, “che abbiamo inaugurato all’inizio del 2013”. Il pane è ottenuto da una miscela di grani coltivati in azienda, il Gentil rosso, il Verna e l’Inallettabile (la granella arriva da Floriddia, l’azienda di Peccioli in provincia di Pisa che a metà giugno ha ospitato il secondo “incontro europeo di scambio di conoscenze e pratiche sulla coltivazione e la trasformazione dei cereali”, che Ae racconta nel reportage “Liberi e diversi” su www.altreconomia.it). Quando è pronto va ad aggiungersi a verdura, ortaggi e frutti nelle cassette che dalla Contessa Beatrice, ogni settimana, raggiungono una sessantina di famiglie: “Abbiamo scelto questo modello di distribuzione già nel ‘98. Abbiamo scoperto subito che non si campa, né con la grande distribuzione organizzata, né con i negozi -aggiunge Ida-. Le famiglie, o i gruppi d’acquisto solidale, scelgono la pezzatura, e noi in automatico facciamo la consegna, seguendo la stagionalità dei prodotti”. Le famiglie possono scegliere di ricevere cassette da sei, otto, undici e ventuno euro (“Il prezzo medio è 2,10 euro al chilo” spiega Ida); le consegne si fanno da Livorno a Piombino e costano un euro, ma sono gratuite nel Comune di San Vincenzo e in quelli limitrofi (Campiglia Marittima e Donoratico). “Oltre ai nostri figli, in azienda ci aiutano i wwoofer (volontari dell’associazione Wwoof, World Wide Opportunities on Organic Farms, www.wwoof.it, ndr) e due volte a settimana, in accordo con la Asl, alcune persone che risiedono in ‘case famiglia’ svolgono qua due ore di lavoro manuale”.
In questa mattinata di fine luglio sono una decina, impegnati a “scegliere” le patate.
Dal ‘99 Contessa Beatrice è anche agriturismo (per info agribice@tiscali.it): “Ci sono 4 camere e una cucina in comune. Noi mettiamo a disposizione le materie prime”.
È possibile dormire anche presso l’azienda agricola “Incontri” (e sul sito www.valdicorniabio.it c’è l’elenco di tutti gli associati), mentre -per il momento- alle Germandine, nel casolare a 4 chilometri da Suvereto ristrutturato da Laura Freddi e dal marito Pietro, sono ospitati solo gli iscritti ai corsi offerti da “Il giardino dei semplici” (www.germandine.it), azienda che coltiva e trasforma piante officinali ed aromatiche. “Veniamo dalla Liguria, dove abbiamo iniziato quest’attività nel 1992 -raccontano Laura e Pietro- e siamo stati tra i promotori di Liguria Biologica (associazione nata nel ‘98, www.liguriabiologica.it, ndr). Ci siamo trasferiti perché là tutti non aspettavano che i piani regolatori per continuare a costruire, qua invece viene salvaguardata la vegetazione e c’è una straordinario biodiversità”. Il sito spiega che l’azienda raccoglie piante ed erbe che crescono in modo spontaneo, tra cui ci sono la rosa canina, il biancospino, il ginepro, il mirto, l’iperico, la centaurea, l’agrimonia, l’erisimo, la malva, l’elicriso, la fumaria, il cardo mariano, l’ortica, l’equiseto. Mentre bevo un bicchier d’acqua con lo Sciroppo di Rose, Laura e Pietro raccontano: “Abbiamo ristrutturato il casolare con la bioedilizia. Quando abbiamo visto questo posto ce ne siamo subito innamorati. Ci sono 17 ettari, tra oliveto, macchia e la parte che coltiviamo. Nel nostro laboratorio prepariamo gli estratti idro-alcolici ed essicchiamo le erbe aromatiche”. Ma producono anche liquori (uno con 24 erbe, e anche uno con la foglie dell’olivo). “Siamo convenzionati con alcune Università, e ospitiamo studenti, per i loro stage”.

Anche Stefano Pazzagli guarda Suvereto dall’alto, dal casolare in Località Cancellini “dov’è nato già mio nonno”. Proprietario di un’azienda di ventotto ettari, la metà a bosco, Stefano è famoso in Val di Cornia per due cose. La prima è il farro, “che ho introdotto nel ‘95, e qui non lo faceva nessuno”: Pazzagli va fino in Garfagnana, che ne è la patria, per la “brillatura” (l’azione che separa il seme dal suo rivestimento), e anche lassù riconoscono la qualità del prodotto; la seconda, invece, è che è l’unico contadino in Toscana ad usare ancora la trebbiatrice da fermo, “una macchina degli anni Cinquanta -racconta-: a differenza della mietitrebbia, che va in campo, qui c’è del lavoro in più da fare. Prima si preparano i covoni, che vengono portati tutti sull’aia. Ma il seme, sia farro o avena, viene più pulito. Mentre le sementi delle piante infestanti non vengono ‘lanciate’ nel campo”, che per chi fa biologico sui cereali -come lui- significa lavoro in meno per l’anno dopo.
Stefano ha dieci ettari a cereali e foraggio, un po’ di ceci (“il seme è quello di mio nonno”, faccio 300 pacchettini all’anno) e due ettari e mezzo di oliveto. Alleva anche Chianine, vitelli che poi rivende.
“A tutti quelli che mi chiedono, consiglio la multifunzione: se va male una cosa, sei compensato con un’altra”. Lui ha puntato anche sulla trasformazione, e dalle farine, di grano duro Senatore Cappelli, ricava circa 2 quintali di pasta: “È importante, se consideri che con questi terreni scoscesi la produttività è di 25 quintali per ettaro, contro i 70 quintali in pianura”. Lui, che si definisce “il vero, tradizionale, contadino”, considera l’associazione una ricchezza, “perché ci permette di conoscere nuove idee, attraverso lo scambio con gli altri associati. Il mercato mensile a San Vincenzo, poi, è una festa, un momento di aggregazione come ce n’erano molti, una volta, in campagna”.
Oggi è rimasta la festa della trebbiatura, che una volta l’anno porta ai Cancellini “venti persone a lavoro nell’aia, ma almeno 40 intorno alla tavola” (info: stefanopazzagli@tiscali.it). —

Una stella a Piombino
Da oltre vent’anni a Piombino e in Val di Cornia c’è il commercio equo e solidale, grazie alla “Croce del Sud” (bottegacrocedelsud.it), che gestisce la bottega di via Petrarca 37. Oltre a collaborare con Altromercato e LiberoMondo, ospita all’interno del punto vendita (da otto anni) un “angolo” dedicato a ortaggi, verdura e frutta biologica (oggi in collaborazione con l’associazione Val di Cornia Bio) e un gruppo d’acquisto solidale. L’evoluzione della “Croce del Sud”, dal 1992 ad oggi, ha visto la nascita di una cooperativa, che ha affiancato l’associazione (che oggi è una Onlus), e lo sviluppo di numerosi progetti sul territorio e di cooperazione internazionale. Tra i primi, la fiera “Tuttounaltromondo”, giunta nel 2013 alla sua undicesima edizione. Quest’anno -con la partecipazione di Ae- si è parlato di “IO.EQUO
per un’economia che metta al centro le persone ed il lavoro, l’ambiente e la legalità”.
Tra i secondi, il “Progetto Zabré”, in Burkina Faso, frutto di una relazione costruita grazie alla partecipazione (nel 2003) all’Onu dei Popoli di Assisi e alimentata da viaggi di scambio tra l’Italia e il Paese africano. È da questa relazione decennale che, grazie a una rete di relazioni creata dalla Croce del Sud, è nata la linea cosmetica equo-solidale “Taama” (che significa karité), distribuita nelle botteghe da LiberoMondo (liberomondo.org) e realizzata nel laboratorio cosmetico di D’Aymon/s Naturalerbe (daymonsnaturalerbe.it) a Torino.

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