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Intervista

Vaccino anti-Aids, parla il commissario dell’Istituto superiore di Sanità

A due giorni dalla pubblicazione della decisione di fermare la cessione dei brevetti ai privati del "vaccino" italiano contro l’Aids, Walter Ricciardi elenca ad Altreconomia le "criticità" di un’operazione "sbagliata nel metodo". E riconosce che prima di lui i passi fatti furono "non adeguatamente ponderati". E Barbara Ensoli non sarà costretta a dimettersi

Il “vaccino” italiano contro il male del millennio ha finito la sua corsa. A sedici anni dall’entusiastico annuncio della scoperta della ricetta contro l’Aids, infatti, il commissario straordinario dell’Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi, chiamato il 10 luglio 2014 a risanare il bilancio della struttura, ha fermato l’operazione Vaxxit Srl.
 
Un’operazione che avrebbe previsto la concessione di una “opzione esclusiva della durata di 18 mesi per l’utilizzo dei brevetti” del “vaccino” a favore di una società -la Vaxxit Srl- fondata dalla stessa coordinatrice della ricerca, Barbara Ensoli. Nella compagine societaria figurava (e ancora figura) tra gli altri la società 3 I Consulting Srl, amministrata da Giovan Battista Cozzone, esperto di brevetti che dal maggio del 2009 ha prestato una consulenza quadriennale per conto (e perciò nell’interesse) dell’Istituto superiore di sanità in materia di “trasferimento tecnologico”. Un impianto che sei mesi più tardi sarà definito “sbagliato nel metodo” dalla nuova guida dell’ISS.
 
Ed è lo stesso Ricciardi che, a due giorni dalla pubblicazione della notizia da parte di Altreconomia, fa luce su quelle “note di criticità” e “significative riserve in ordine al riconoscimento della società Vaxxit Srl quale spin-off” dell’Iss.
 
Commissario, come e perché si è giunti alla “disposizione” del 4 novembre scorso? 
 
Quello del riconoscimento della società Vaxxit Srl quale spin-off sostenuto dall’Istituto superiore di Sanità è stato uno dei due o tre argomenti che ho trovato sul tavolo all’atto del mio insediamento. Ho ritenuto di agire rapidamente per tutelare l’immagine e anche la sostanza dell’ISS. Premetto che non entro nel merito del valore scientifico della ricercatrice, comprovato dal fatto che la dottoressa Ensoli è esponente italiano presso l’European Research Council, che è la più prestigiosa struttura di ricerca europea. Entro però nel merito dell’aspetto amministrativo. Alla luce del dossier che ho trovato sul tavolo ho chiesto al Direttore generale di fare un’istruttoria più approfondita, che mi è stata consegnata formalmente il 4 novembre. Il giorno stesso l’ho studiata, analizzata e ho ravvisato una serie di criticità. 
 
Quali sono queste criticità?
 
La prima è che questo spin-off non presentava le spiegazioni che io avevo richiesto, e cioè che l’investimento pubblico potesse beneficiare di un "ritorno sugli investimenti". In quella circostanza c’era una cessione -peraltro in una situazione ancora non chiara per l’Istituto che anche in questo caso sto cercando di chiarire- di un brevetto maturato con fondi pubblici. Non avendo avuto chiarimenti nel merito sul ritorno degli investimenti e sulla cessione del brevetto che ne deriva ho deciso che non era il caso che l’ISS riconoscesse la società quale spin-off e che conseguentemente cedesse i brevetti. 
 
Nell’istruttoria del Direttore generale è fornito anche un quadro preciso dei finanziamenti stanziati ed erogati a favore del progetto di ricerca coordinato dalla dottoressa Ensoli?
 
Il Direttore generale, nella relazione che mi ha sottoposto, ha quantificato una cifra rendicontata analiticamente tra il 1998 e il 2014 pari a 28.282.282 euro.
 
È stata scattata anche una fotografia dello stato dell’arte della sperimentazione? Sia per la componente terapeutica sia per quella preventiva?
 
Su questo ho incontrato valutazioni scientifiche positive, compresa quella delle Nazioni Unite. Ripeto però che la mia valutazione non ha toccato il merito scientifico. Anche se devo dire che la sperimentazione finanziata dal ministero degli Affari esteri in Sudafrica aveva una valutazione positiva. 
 
Quali prospettive si aprono oggi per il progetto di ricerca?
 
Noi ora abbiamo creato un gruppo di lavoro per studiare le modalità migliori con cui l’Istituto può sostenere i suoi ricercatori nell’acquisizione di finanziamenti e anche nel trasferimento tecnologico. E, vista la recente pubblicazione dello Statuto, dovremo elaborare un regolamento specifico sull’argomento. Andiamo perciò verso una strada che in condizione di trasparenza e rendicontazione fisserà delle regole uguali per tutti. Noi vogliamo aiutare la struttura italiana ad essere competitiva. Se questa ricerca (quella di Ensoli, ndr) avrà la ‘possibilità’ di essere competitiva noi la supporteremo. In condizioni di valutazione oggettiva del merito.
 
La sua disposizione è in netto contrasto con la delibera che il 4 marzo 2014 attraverso la quale il Consiglio di amministrazione dell’ISS accordò la cessione a Vaxxit dei brevetti. Fu una decisione avventata?
 
Io non c’ero a marzo e non so da che cosa sia stata determinata la delibera del 4 marzo 2014. Certamente io so che nel momento in cui mi è stata sottoposta la documentazione -e come le dicevo prima ho dovuto integrarla tramite un’istruttoria aggiuntiva- forse non presentava tutti gli elementi per essere valutata. Forse sì, la mancanza di tutti gli elementi, con il senno di poi, ha reso la decisione non adeguatamente ponderata sulla base della completezza. Avrebbero perciò fatto meglio ad approfondire. Non mi permetto di giudicare ma per quello che ho visto io non c’erano gli elementi.
 
Lo scorso luglio Barbara Ensoli si disse pronta a intraprendere iniziative anche legali qualora l’ISS avesse fatto marcia indietro. È a conoscenza di iniziative in tale direzione?
 
Su questo tema tenderei a giustificare il ricercatore, che in generale è innamorato del proprio lavoro e quando hanno una passione la vivono con tanta intensità. Ho visto anche il filmato (il commissario Ricciardi fa riferimento ai filmati pubblicati da Altreconomia nel luglio 2014, in occasione di una presentazione pubblica dei risultati della ricerca tenuta da Barbara Ensoli), dove la dottoressa si è lasciata andare anche emotivamente a delle espressioni troppo forti. Non la voglio condannare per questo. Le storie dei ricercatori sono sempre piuttosto travagliate. Io credo che i finanziamenti pubblici alla ricerca debbano essere dati su base competitiva, attraverso patti chiari e trasparenti e possibilmente mirati a delle priorità d’interesse per il Paese, successivamente valutati da una giuria terza. In questo modo eviteremo nel futuro situazioni di questo tipo, emotivamente coinvolgenti per i ricercatori ma sbagliate nel metodo.
 
Crede che Ensoli debba dimettersi?
 
Non lo so, ma non credo che ci siano gli elementi. Non voglio entrare nel merito di questioni personali perché la prima volta che ho conosciuto -a parte sui giornali- la dottoressa Ensoli è stato quando sono stato a Bruxelles all’European Research Council. Lì ho verificato che i due rappresentanti italiani erano la professoressa ed ex ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza e proprio la dottoressa Ensoli. A quei posti non si arriva per caso. Detto questo credo che vada riconsiderata nella riorganizzazione dell’Istituto la possibilità di dare un’opportunità a tutti, ma quello che è importante è farlo con trasparenza, evitando i conflitti d’interesse e garantendo il merito. 

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