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Credo che sui vaccini ci siano due certezze. La prima è che sono uno strumento molto efficace per ridurre la mortalità. Il capostipite è stato quello contro il vaiolo, prodotto dal medico inglese Edward Jenner alla fine del 1700. Da allora ne sono stati sperimentati parecchi, alcuni dei quali hanno domato epidemie devastanti e le hanno relegate all’interno dei trattati di microbiologia: se oggi nessun ragazzo sa che cosa significhi vivere in un polmone d’acciaio, il merito è tutto del vaccino contro la poliomielite.

Non mi addentrerò nel dibattito sull’attualità della vaccinoprofilassi che ciclicamente si accende nel nostro Paese, mi limiterò a parlare di due malattie.

Iniziamo dal morbillo, una delle febbri della nostra infanzia, una di quelle che forse, col senno di poi, ricordiamo anche abbastanza innocua. Il morbillo in realtà è un killer da centomila bambini all’anno. Non esiste trattamento, solo il vaccino. I morti furono quasi tre milioni nel 1980, prima della vaccinazione di massa, poi sono via via diminuiti. 

Davanti all’ingresso dell’ospedale di Jahun, Nord-Est della Nigeria (nella foto), campeggia lo striscione rosa della campagna governativa per promuovere la vaccinazione di tutti i bambini sotto i cinque anni di età: “Il vaccino per il morbillo è gratis, sicuro e salva vite!”. Una campagna che funziona e che, dal 2000 a oggi, è riuscita a ridurre il numero di bambini che muoiono nel Paese ogni anno per morbillo da 150.000 a 8.000 (dati 2015 dell’Organizzazione mondiale della Sanità).


Sempre morbillo, altra nazione. In Siria nel 2010, prima dell’inizio della guerra, la copertura vaccinale per il morbillo era superiore al 90% sia nelle aree urbane sia in quelle rurali (nello stesso anno in Nigeria, nelle aree rurali, era al 34%). Ebbene, sono bastati solo due anni di guerra perché il crollo dell’efficiente sistema sanitario siriano e la conseguente sospensione delle campagne vaccinali facessero esplodere epidemie di morbillo nel Nord del Paese.  


Un altro esempio, la polmonite: pesa per il 15% tra le cause di morte dei bambini sotto i 5 anni di età ed è al primo posto tra le malattie infettive in questa triste classifica mondiale. Nel 2015 sono morti per polmonite più di 900.000 bimbi. 


Il principale responsabile della polmonite è lo streptococco e anche per questo batterio abbiamo un vaccino molto efficace. Ha un solo problema: costa parecchio. Lo producono Pfizer e GlaxoSmithKline, che dalla sua vendita si stima abbiano già guadagnato 28 miliardi di dollari. Non gli basta e così continuano a venderlo a 21 dollari: il prezzo del vaccino per la polmonite rappresenta da solo il 45% della spesa totale necessaria per vaccinare un bambino, spesa che è cresciuta dal 2001 al 2014 del 68% (da 0,67 a 45,59 dollari). Troppo per quei Paesi in cui le malattie infettive colpiscono più duro perché si avvantaggiano della malnutrizione.

È questa la seconda certezza: tra un bambino esposto a una malattia infettiva e il vaccino che dovrebbe proteggerlo, vi sono molte insidie. La prima è la ricerca scientifica necessaria per fabbricarlo, poi vi sono la produzione in larga scala e il trasporto con metodi che ne preservino l’efficacia. Poi servono un’informazione capace di abbattere gli ostacoli culturali nella popolazione, un’organizzazione logistica capillare per somministrarlo e un’appropriata sorveglianza sanitaria per valutare efficacia e sicurezza clinica. 

Insomma ci vuole volontà politica.

* Luigi Montagnini è un medico anestesista-rianimatore. Dopo aver vissuto a Varese e Londra, oggi è a Genova, dove lavora presso l’Istituto Gaslini. Da diversi anni collabora con Medici Senza Frontiere.
 

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