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Se la Fortezza Europa utilizza i fondi per la cooperazione in Africa per bloccare i migranti

Le risorse del “Fondo Fiduciario d’emergenza per l’Africa” -3,2 miliardi di euro al 2017- vengono destinate in larga parte per sostenere progetti di controllo dei confini (in Libia e Niger) e rimpatri. E non per il contrasto alla povertà. La denuncia in un report di “Concord Italia” e “Cini”

Niger, migranti a bordo di un camion © IOM 2016 / Miguel Almario

Il Fondo Fiduciario d’emergenza per l’Africa (“Eu Emergency Trust Fund” nel suo acronimo inglese EUTF) finisce nuovamente sotto accusa. A puntare il dito contro lo strumento messo in atto dall’Unione europea per arginare i flussi migratori dall’Africa, questa volta sono “Concord Italia” e “Cini” (Coordinamento italiano Ong internazionali) in collaborazione con Amref e Focsiv, che hanno curato un rapporto di monitoraggio sull’utilizzo di questo strumento dal titolo “Partenariato o condizionalità dell’aiuto?”. E che si è focalizzato sull’analisi della situazione in tre Paesi (Libia, Niger ed Etiopia) individuati come “casi studio” per la loro rilevanza come partner strategici nell’attuazione dell’agenda migratoria europea.

Lanciato nel 2015 durante il Vertice della Valletta tra i 28 Paesi europei e quelli africani, il Fondo fiduciario d’emergenza per l’Africa era stato presentato come uno strumento innovativo, capace di dare una risposta più flessibile alle sfide poste dall’immigrazione irregolare verso l’Europa. Dotato di importanti risorse finanziarie (3,2 miliardi di euro al 2017) il Fondo è finanziato al 90% tramite risorse dell’Aiuto pubblico allo sviluppo (anche questo è un fondo comunitario), soprattutto tramite l’uso del Fondo europeo di sviluppo (EDF).

Si tratta quindi di risorse che dovrebbero essere impiegate per una progettazione di lungo termine. Ma che invece, come evidenzia il report di “Concord Italia”, vengono largamente utilizzati per migliorare la gestione delle frontiere e per facilitare il rimpatrio dei migranti irregolari. Le interviste condotte sul campo a operatori di Ong o rappresentanti delle istituzioni locali “hanno rivelato importanti punti di debolezza nella gestione dell’EUTF -si legge nel report-. I progetti sono stati ideati direttamente dagli Stati membri e a Bruxelles, riflettendo le priorità nazionali europee. Il processo di selezione non è trasparente ed è soggetto a pressioni da parte degli stati membri”. Inoltre diversi progetti possono risultare lontani dai bisogni locali e il rischio è quello che “la politica migratoria della Ue e quindi potenzialmente il Fondo fiduciario possano generare effetti avversi in termini di sviluppo, tutela dei diritti umani e gestione delle migrazioni”.

La maggior parte dei fondi messi a disposizione per la Libia (circa 162 milioni di euro), ad esempio, sono stati stanziati per attività di capacity building a supporto delle istituzioni libiche per arginare i flussi irregolari, mettendo a rischio i diritti umani dei migranti. Il tutto in un contesto politicamente instabile e dove non esistono confini netti tra autorità locali di governo, forze di sicurezza e milizie. La Libia non è un Paese stabile: il governo ufficialmente riconosciuto dalle Nazioni Unite, quello di Ali Fayez al-Serraj, controlla solo una piccola parte del territorio. “Data la situazione, questo governo non dovrebbe essere qualificato per ricevere dalla Ue fondi per l’aiuto allo sviluppo, bensì finanziamenti umanitari, mirati a salvare vite e a favorire la costruzione della pace -si legge nel report-. Tuttavia esso riceve ingenti somme dall’EUTF, che è costituito quasi esclusivamente da finanziamenti per lo sviluppo”.

“L’istituzione dell’EUTF ha creato forti aspettative in Libia e tutti gli attori vogliono una fetta della torta -si legge nel report-. Per dimostrare il loro impegno nel contrastare il fenomeno della migrazione irregolare e attrarre i fondi della Ue, gli attori nazionali e locali hanno sostituito parzialmente l’industria del contrabbando e della tratta con l’industria della detenzione, sfruttando e abusando dei migranti”.

In questo contesto di grave instabilità, l’industria del contrabbando rappresenta una delle principali fonti di reddito. Secondo alcune stime, il reddito annuale generato nelle città costiere oscilla tra i 275 e i 325 milioni di euro. “Tuttavia, i progetti dell’EUTF che mirano a fornire alternative economiche si trovano solo nella fase iniziale di implementazione -denuncia Concord- e comunque offriranno solo incentivi limitati a chi volesse cambiare attività. Tutto questo alimenta lo scontento popolare e potrebbe contribuire a una maggiore instabilità in Libia.

Governance e ripartizione dei fondi del Trust Fund © Concord Italia
Governance e ripartizione dei fondi del Trust Fund © Concord Italia

In Niger -altro Paese strategico lungo le rotte migratorie africane- sono stati finanziati nove progetti per un importo complessivo di 189 milioni di euro. Due di questi (per un importo complessivo di 86 milioni di euro) mirano a fornire sostegno alle autorità preposte alla riduzione del transito dei migranti. Gli interlocutori locali, però, denunciano di non essere stati coinvolti dalle autorità europee nella definizione di questi progetti.

“Il rapporto di Concord è un’ulteriore conferma di una pericolosissima tendenza: lo spostamento dei fondi della cooperazione verso obiettivi di border management e capacity building. Ovvero di controllo dei flussi migratori”, aggiunge Elly Schlein, europarlamentare, membro della commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) e coordinatrice di un gruppo di lavoro all’interno della Commissione Sviluppo. Obiettivo di questo gruppo è quello di vigilare sull’utilizzo delle risorse del Fondo Europeo di sviluppo stanziate per il Trust Fund “per recuperare la nostra capacità di controllo democratico, almeno per le risorse che vengono dal Fondo europeo di sviluppo”, spiega Schlein.

“L’ossessione securitaria dei Governi sta concentrando gli aiuti verso i Paesi maggiormente interessati dalle rotte migratorie verso l’Europa. Con il rischio di ridurre l’attenzione per i Paesi più poveri che hanno un maggiore bisogno di cooperazione”, conclude Elly Schlein. Una denuncia confermata dal report di “Concord” in cui si evidenzia che “il sostegno è stato fornito in primo luogo alle comunità situate in località strategiche lungo la rotta del Mediterraneo centrale, lungo le coste o lungo il confine con il Niger”.

Di fronte a questa situazione, “Concord Italia” e “Cini” avanzano precise raccomandazioni alle istituzioni europee per tutelare -da un lato- il rispetto dei diritti dei migranti e per garantire il corretto utilizzo dei fondi europei per lo sviluppo. Si chiede all’Unione europea e agli Stati membri di “rispettare i principi di efficacia dello sviluppo e sostenere i Paesi partner nel conseguire i propri obiettivi di sviluppo, allineati alle loro priorità nazionali”. Inoltre, sottolinea il report “i progetti dell’EUTF dovrebbero inserire i diritti umani al centro della loro programmazione […] l’Ue e gli Stati membri non dovrebbero mai sostenere le forze di sicurezza, le guardie costiere, le pattuglie di confine o le Polizie di Paesi partner che registrano casi di abusi dei diritti umani”.

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