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Interni

Un’isola di anonimato

"Le fondazioni servono a finanziare i politici, non la politica"

Tratto da Altreconomia 141 — Settembre 2012

Quando si parla di “fondazioni politiche”, Gian Gaetano Bellavia, commercialista esperto di diritto penale dell’economia, già consulente in materia di riciclaggio per conto della Procura di Milano, allarga le braccia.
Io credo che le fondazioni politiche servano per finanziare i singoli politici o raggruppamenti di questi, non la politica. La politica, intesa come partiti politici, è già ampiamente sovvenzionata dalle leggi vigenti.Poi ci sono le fondazioni, anche se quello che si intravede è poco. Ed è così proprio perché le fondazioni sono uno strumento importante per evitare di essere trasparenti.
In che senso?
È la necessità di avere l’anonimato di rendiconto. Tenga conto che le fondazioni sono state normate sin dal 1890, pur essendo strutture di impianto ancora più antico. Soggetti concepiti per coloro che, per il raggiungimento di uno scopo lecito, benefico e sociale, mettono a disposizione parte del proprio patrimonio. Cosa c’entra allora una fondazione con un politico? Niente. E non lo usano solo i politici -pensiamo a certi enti ospedalieri dai fatturati spropositati-. Secondo la concezione del legislatore, il fondatore non aveva bisogno di rendere pubblico quello che faceva. D’altronde erano soldi suoi. Lo Stato si limitava a controllare che lo scopo lecito venisse rispettato, senza pretendere trasparenza nei conti.
Dopodiché…
Qualcuno, in questi ultimi decenni, ha pensato di sfruttare queste strutture secolari, che non hanno una pubblicità legale. I politici essenzialmente creano dei centri studi, che potrebbero costituire con delle società a responsabilità limitata. Ma questo comporterebbe la redazione di un bilancio.
Sta di fatto che registrano movimenti non indifferenti.
Queste fondazioni ricevono denaro, questo è il punto. Ma figurando come donazioni, contributi o erogazioni nulla viene tracciato. È evidente che questi enti vengano utilizzati per uno scopo diverso da quello per cui sono stati creati dal legislatore.
Lacuna normativa?
Il problema è un altro. Basterebbe una norma che vieti l’impiego della fondazione per uno scopo non benefico. Il che è curioso. Dovrebbe essere automatico. Al limite, l’Agenzia delle entrate, agendo sui codici fiscali, potrebbe mappare tutte le fondazioni valutando se l’attività di queste rispecchi la ratio della norma.
Un circolo vizioso.
Considerando che la magistratura non può indagare perché sono parlamentari, e che le fondazioni per natura non sono tenute a pubblicare alcunché, ne deriva un’isola di anonimato operativo. —

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