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Un’inchiesta nome per nome – Ae 42

Numero 42, settembre 2003Ci sono almeno quattro livelli di verità: il primo appartiene a Dio, gli altri agli uomini. Un libro di oltre 600 pagine e un cd ricostruiscono gli eventi di Genova 2001. E gli elogi sono quasi imbarazzanti“Ah,…

Tratto da Altreconomia 42 — Agosto 2003

Numero 42, settembre 2003

Ci sono almeno quattro livelli di verità: il primo appartiene a Dio, gli altri agli uomini. Un libro di oltre 600 pagine e un cd ricostruiscono gli eventi di Genova 2001. E gli elogi sono quasi imbarazzanti


“Ah,
lei è Gubitosa? La facevo molto più vecchio”. Confesso che avrei voluto esserci lo scorso 4 agosto a Firenze quando Alfredo Galasso, l'avvocato Galasso, quello di parte civile delle vittime di Ustica, ex membro del Consiglio superiore della magistratura, uno che di misteri d'Italia e di legge se ne intende, ha incontrato Carlo Gubitosa, autore di “Genova nome per nome” .

“Sì, la facevo molto più vecchio, perché questo libro è la migliore inchiesta che sia stata pubblicata in questi anni per equilibrio, distacco, completezza e rigore nella ricostruzione”.

Immagino che Carlo (Gubi per tutti noi della redazione) abbia incominciato a sudare, al di là del caldo.

E vecchio non lo è davvero Carlo con i suoi 32 anni, segno che non è necessario avere i capelli bianchi per andare in cerca della verità. Il che vale per eventi grandi e piccoli, e Genova -quello che è accaduto a Genova nel luglio del 2001- può essere uno di questi eventi, emblematico o semplicemente un fotogramma di storia contemporanea, a seconda del punto di vista dal quale lo si guarda.

Credo che Galasso, come molti di noi, abbia apprezzato nel libro questa capacità di ricostruire la realtà nella sua complessità: non ci sono spiegazioni semplici e se ci si vuole avvicinare alla verità bisogna accettare di confrontarsi con innumerevoli protagonisti -alcuni colpevoli, altri inconsapevoli- ognuno dei quali ha un ruolo.

Quello che succede è il frutto di molti comportamenti precedenti, alcuni molto lontani nel tempo.

Così il libro ha valore per due ragioni: come esempio di inchiesta giornalistica -in molti tratti appassionante- e per quel che racconta e rivela di Genova.

Genova -così come la documenta Carlo- è cominciata molto prima del luglio 2001. Le violenze al carcere temporaneo di Bolzaneto, la zona rossa e le cariche, forse anche la morte di Giuliani. Molte le responsabilità che s'intrecciano, molti -troppi- coloro che prima o dopo tacciono o, viceversa, urlano troppo. Nel libro ci sono tutti.

Se fosse possibile un dvd di un'inchiesta giornalistica, ecco il testo di Carlo è questo dvd.

Ma il libro è uscito ormai da due mesi -anche se l'estate non è il periodo migliore per andare in libreria- e quindi se ne può cominciare a trarre anche qualche bilancio. Ci proviamo con Gubi che, lo ricordiamo, oltre ad essere tra i collaboratori di Altreconomia, è tra coloro che ogni giorno “firmano” le notizie della rete telematica per la pace Peacelink ( www.peacelink.it ).!!pagebreak!!

Questo libro ti è costato due anni di lavoro, ma qual è stato il capitolo più difficile da scrivere?

“Quello sulla scuola Diaz/Pertini: non c'è infatti una versione dei funzionari di polizia che corrisponda a quella di un altro, sono tutte diverse l'una dall'altra. Così riconosco che è anche il capitolo più pesante da leggere, proprio perché ci sono tutte le versioni. Per esempio la 'perquisizione' alla Pascoli (l'edificio di fronte alla Diaz che ospitava il centro stampa del Genova social forum, ndr) è spiegata con tre versioni ufficiali diverse: abbiamo fatto irruzione per errore -prima versione-, per una verifica -seconda versione-, per una acquisizione di materiale. Quest'ultima sembrerebbe la più vicina alla realtà, perché effettivamente del materiale è stato sequestrato, ma poi di questo materiale non c'è traccia, non c'è un verbale di sequestro. E allora?”

E allora? Qual è la risposta che ti dai su quanto è avvenuto a Genova?

“Vedi, esistono almeno quattro livelli di verità: quello che è veramente successo, e questo lo conosce solo Dio (e sapendo la dimensione religiosa di Carlo, non deve essere un modo di dire, ndr). Poi c'è la verità giornalistica, di chi cerca di ricostruire gli avvenimenti, e questo è quello che ho cercato di fare; poi c'è la verità giudiziaria, e infine c'è quella del senso comune, della memoria collettiva della gente, ed è quella che forse rimane. Così di Genova rimane un unico fotogramma, quasi un'icona mediatica, che riassume tutto quanto: quella di un ragazzo con un estintore alzato sopra la testa, pronto a lanciarlo. Quello che mi sconvolge è che in questo 'senso comune' si sono ormai inserite una serie di convinzioni che, anche nel corso delle indagini della magistratura, si sono ormai dimostrate palesemente false. Eppure continuano ad emergere”.

Che reazioni sta suscitando il libro?

“Diciamo che siamo andati oltre le più rosee aspettative. Altreconomia e Terre di mezzo (i due editori che l'hanno pubblicato, ndr) ci hanno forse creduto più di me, e adesso quelli che ce l'hanno tra le mani ancora di più. Il 4 agosto alla festa dell'Unità di Firenze c'erano 300 persone a sentire me, i Giuliani e l'avvocato Galasso, un incontro che è durato per 3 ore, e la gente è rimasta fino alla fine. Ecco, lì ho pensato che abbiamo sottovalutato l'impatto che Genova ha avuto sulla storia di questo Paese e non soltanto sulla cronaca. È un avvenimento che ha segnato la coscienza collettiva e, in quanto tale, resterà appunto nella nostra storia. Io mi riproponevo di ricostruire gli avvenimenti, di raccontare come si sono succeduti i fatti, non di suscitare emozioni e sentimenti, ma mi sto rendendo conto che il libro sta provocando anche questo. Mi hanno scritto alcuni di quelli di cui abbiamo pubblicato le testimonianze, altri che rivivono gli incubi di quei giorni”.

Delusioni?

“Sì, ci sono anche quelle. Pensavo che mettere nero su bianco le responsabilità, documentare gli errori e fare i nomi e i cognomi, sarebbe servito a mettere alcuni dei protagonisti di fronte a quello che hanno fatto. Invece niente, non dico i funzionari di polizia o i questori, ma neanche i disobbedienti… È come se ognuno avesse negato o rimosso le proprie responsabilità. Forse alcuni passaggi, alcune responsabilità avrebbero potuto essere riprese ed enfatizzate dai giornali, ma neanche questo è accaduto. Eppure sono convinto che Genova rappresenti un punto di non ritorno: lo scenario di repressione degli anni Settanta non è più ripetibile: per ogni manifestazione, per ogni evento pubblico ci sono ormai decine o centinaia di telecamere che documentano quello che avviene. Molti di coloro che hanno subìto pestaggi durante i cortei di quei giorni non hanno sporto denuncia perché 'tanto non ci sta a sentire nessuno' oppure perché 'con tutto quello che è capitato di più grave…' Adesso non è più vero tutto questo: Genova ha dimostrato che c'è una storia, una cronaca che non è più quella del potere”.

Pensi che il libro possa avere un ruolo anche nei processi che si dovrebbero aprire nei prossimi mesi?

“Forse sì, perché mi sono accorto che tutti, avvocati e magistrati, hanno una visione parziale di quello che è accaduto a Genova in quei giorni. Magari si sa tutto del corteo in via Tolemaide, o di piazza Alimonda, ma non si sa quello che è avvenuto prima e dopo. Ecco, il libro riconsegna questa visione d'insieme”.

Sogni nel cassetto?

“Mi piacerebbe presentare 'Genova nome per nome' in qualche caserma, in qualche scuola di polizia…”

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