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Altre Economie

Una tenuta ben custodita

Il 25 novembre, a Perugia, c’è stato un presidio sotto il Tribunale, contro la Regione Umbria che ha denunciato quattro esponenti del comitato “Caicocci terra sociale”. Cittadini che, come spiega il reportage di Altreconomia, hanno salvato 190 ettari “dimenticati” dalla Regione, ad Umbertide (PG),  progettando un’azienda agricola sociale che metterebbe al servizio della comunità un’area di proprietà pubblica che l’ente avrebbe invece intenzione di alienare. All’interno ci sono anche una dozzina di casali

Tratto da Altreconomia 162 — Luglio/Agosto 2014

A Caicocci c’è l’Umbria come se la immagina ogni italiano. Chi si affaccia dal belvedere della proprietà, circa 190 ettari nel territorio del Comune di Umbertide (PG), vede colline, boschi e pascoli, e qualche casale sparso. TripAdvisor, invece, riporta i commenti entusiasti di chi ha dormito nella “tenuta”, ospite della società I Casali, cui la Regione Umbria, che è la proprietaria di Caicocci, ne aveva affidato la gestione: “Il contesto paesaggistico è meraviglioso, gli appartamenti sono caratteristici e confortevoli, la piscina è davvero bella e sempre molto pulita, il ristorante (in una stupenda torre) è ottimo, il personale è molto gentile… insomma un posto da consigliare!”. L’ultima recensione sul social network dedicato alle attività ricettive, però, è di gennaio 2012.

Oggi chi arriva all’ingresso della tenuta, a una decina di chilometri da Umbertide, lungo una strada di montagna che collega l’Umbria a Cortona, in Toscana, trova un lenzuolo con su scritto “Caicocci terra sociale”. È appeso lì da febbraio 2014: in mezzo c’è una storia di abbandono, che ha fatto seguito alla decisione della Regione di mettere in vendita l’intera proprietà e all’allontanamento del concessionario. “Eravamo in nove, a settembre del 2013, quando facemmo la prima passeggiata a Caicocci. Siamo tornati ogni settimana, ed erano sempre di più le persone che partecipavano alle nostre ‘gite’ quassù. Con il numero delle persone cresceva anche il senso d’indignazione” racconta Fabio Santori, contadino e tra i referenti di “Terra fuori mercato”, il nodo umbro della rete Genuino Clandestino (http://genuinoclandestino.noblogs.org), che in tutta Italia riunisce comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare, e porta avanti campagne per l’accesso alla terra e contro le colture geneticamente modificate. Fabio, che ha scelto di fare il contadino dopo una laurea in Scienze della comunicazione all’Università di Perugia e numerose esperienze nelle comunità indigene zapatiste del Chiapas, vive con la famiglia e altre due coppie in una colonica, e coltiva e alleva animali da latte e da carne in una proprietà presa in affitto. Sa bene, così, quanto sia difficile avviare un’azienda agricola in una condizione d’incertezza rispetto all’unica risorsa fondamentale, che è la terra: “Con alcuni amici avevamo fondato una cooperativa, nella zona del Monte Subasio, e avremmo voluto avviare un percorso per ottenere in concessione terre demaniali”.

Quell’esperienza è franata, ma non il desiderio di rendere produttive le terra della Regione Umbria. Da fine febbraio, anche Fabio -insieme al gruppo “Caicocci terra sociale”- partecipa alla custodia di Caicocci. “Non abbiamo occupato, non siamo entrati nei casali, anche perché quassù non c’è né acqua né corrente elettrica” racconta Massimo Montinaro, che è il presidente dell’associazione Colibrì, che gestisce la piccola bottega del commercio equo e solidale di Umbertide e ospita il locale gruppo d’acquisto solidale.
È Massimo che ci accompagna a visitare la tenuta: i casali sparsi nell’immensa proprietà, una dozzina, erano affittati ai turisti, che avevano a disposizione anche un’area con attrezzature sportive -la piscina, i campi da tennis e quello da calcetto- e un ristorante. La strada interna, che unisce tutti gli immobili della proprietà è asfaltata: qui nessuno ha mai pensato alla terra, ma solo ai guadagni del turismo. Allo stesso tempo, oggi la Regione Umbria punta a “valorizzare” l’area. “Ma questa terra è di prima qualità” racconta Massimo, che mostra un piccolo appezzamento dove crescono, rigogliosi, dei ceci. È sotto la piscina e l’area degli spogliatoi, che è recintata: “Qualcuno ha cambiato il lucchetto. Negli ultimi mesi, la Regione s’è accorta di Caicocci”. Quando è iniziata la custodia sociale, invece, la proprietà era in stato di degrado: le porte d’ingresso ai casali erano state forzate, e rubata tutta la mobilia. “Abbiamo raccolto centinaia di firme per chiedere di non privatizzare Caicocci. Abbiamo portato qua, a metà aprile, oltre 350 persone, aprendo la tenuta a tutti, ma stiamo ancora cercando una interlocuzione con le istituzioni” spiega Massimo, che fa parte del direttivo di Umbria Equosolidale, l’associazione che ogni anno organizza Altrocioccolato (è in programma a Città di Castello dal 10 al 12 ottobre, www.altrocioccolato.it).
“La nostra idea è trasformare Caicocci in un’azienda agricola sociale, collaborando anche con le Asl. Questa terra potrebbe dar da vivere almeno a 10 famiglie, che avrebbero a disposizioni anche i casali -aggiunge-. C’è una stalla per 150 bovini e box pronti ad ospitare fino a 20 cavalli. È perfetta per diventare un’azienda agricola sociale”.

Altreconomia è stata a Caicocci in un sabato mattina di fine maggio. Un “volontario” stava tagliando l’erba con il frullino. Fabio Santori e altre tre persone stavano invece lavorando nell’orto, biologico: “È solo a partire dai prodotti che potremmo costruire un ‘rapporto’ con Umbertide, facendo vedere ai nostri concittadini che dall’abbandono può nascere una ricchezza per tutto il territorio” racconta Fabio. “Il sindaco di Umbertide è già venuto quassù, e appoggia il nostro percorso” sottolinea Massimo Montinaro.
C’è l’idea di portare in paese ortaggi e verdure, e chiedere uno spazio per distribuirle in cambio di offerte, per ricavare risorse a favore del progetto “Caicocci terra sociale”. Le spese da affrontare sono molte, dai serbatoi per l’acqua (al momento Massimo ne ha portato uno da mille litri) alle sementi, ma aumenteranno se il comitato -che si è dotato di una carta dei principi in 10 punti, frutto di un percorso partecipativo- riuscisse ad ottenere quanto richiesto alla Regione Umbria, organizzando -il 20 maggio scorso- anche un presidio sotto gli uffici dell’amministrazione regionale: l’assemblea del Comitato vuole l’affidamento della custodia sociale della tenuta di Caicocci. L’assessore regionale al Patrimonio -e all’Urbanistica- Fabio Paparelli ha un’altra prospettiva, e punta “ad operazioni di alienazione che si rivolgano anche al mercato internazionale”, aprendo una vetrina immobiliare tramite la società in house Sviluppumbria: l’obiettivo è quello di “vendere nel prossimo triennio almeno il 10% del patrimonio regionale”. Nel frattempo, però, il consiglio regionale ha approvato -a fine marzo- delle “Norme per favorire l’insediamento produttivo ed occupazionale in agricoltura, per promuovere l’agricoltura sostenibile”, una legge regionale per l’accesso alla terra che prevede la creazione di un “Banco della terra”, che -come è descritto nell’articolato- “consiste nell’elenco dei terreni agricoli e a vocazione agricola, dei terreni agro-forestali, delle aziende agricole e dei fabbricati rurali, di proprietà pubblica o privata, idonei e disponibili per operazioni di locazione o di concessione”. “Nell’ipotesi di beni di proprietà pubblica -aggiunge il comma 4 dell’articolo 7-, la locazione o la concessione dei beni del Banco della Terra ha una durata non inferiore, di norma, a venti anni e comunque non superiore a cinquanta anni”.
Il testo del provvedimento è frutto dei laboratori di progettazione partecipata promosso dalla Rete “Umbria terra sociale”, che ha coinvolto -tra gli altri- Legambiente Umbria, Slow Food, Umbria equosolidale, i gruppi di acquisto solidale e biologici, piccoli agricoltori e contadini del movimento Genuino Clandestino e cittadini. “Il provvedimento pare pennellato sulle opportunità che offre Caicocci -commenta Massimo Montinaro-, perché prevede che il demanio agricolo regionale sia destinato ai giovani che vogliono fare i contadini”. “Restiamo però in attesa dei decreti attuativi” spiega Fabio Santori, perché “è da quelli che dipende l’efficacia della legge”. E anche il futuro di Caicocci, che nel frattempo è terra da raccolto, non incolta.

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