Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente

Una moratoria sulla cave in Abruzzo

Il Piano regionale delle attività estrattive è ancora una chimera, e dal 1983 si cave in deroga, e senza una pianificazione. La finanziaria regionale 2012 blocca tutto e concede 18 mesi all’amministrazione per mettersi in regola. La maggioranza, però, cerca di far saltare la norma (vedi box)

Se il cambiamento è fatto di piccoli passi, e di obiettivi raggiunti, l’Abruzzo festeggi. Perché, per il momento, non si cava più. L’articolo 29 della legge finanziaria regionale per il 2012, relativo alle “Concessioni in materia di attività estrattiva e di escavazione”, stabilisce che finalmente, a 29 anni dall’approvazione della legge regionale sulle attività estrattive (la n. 54 del 1983) non saranno rilasciate concessioni “per l’apertura di cave di ghiaia, per l’esercizio di nuove attività estrattive e di escavazione, per la coltivazione di cave e torbiere” fino all’approvazione del Piano regionale per l’esercizio delle attività estrattive e di escavazione. Lo stesso Piano cave -spiega l’articolo, che è frutto di un emendamento presentato dai consiglieri regionali Maurizio Acerbo (di Rifondazione) e Antonio Saia (dei Comunisti Italiani)- dovrà “essere approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, entro 18 mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge”. 
Finalmente, cioè, dovrebbe essere superata una situazione di gestione transitoria che dura da quasi tre decenni. Il comma 2 dell’articolo 29 spiega che “la sospensione di cui al comma 1 si applica anche per le concessioni in corso di rilascio per l’apertura di nuove cave di ghiaia, per l’esercizio di nuove attività estrattive e per la coltivazione di cave e torbiere”. Infine, “le richieste di concessioni per l’apertura di nuove cave di ghiaia, per l’esercizio di nuove attività estrattive e di escavazione, per la coltivazione di cave e torbiere presentate successivamente all’entrata in vigore della presente legge sono dichiarate non più procedibili fino all’approvazione del Piano regionale di cui al comma 1”.  
La moratoria non è piaciuta a Confindustria, Ance (Associazione nazionale costruttori edili) Abruzzo e Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata), che hanno inviato una lettera al presidente della Regione Gianni Chiodi, manifestando la propria contrarietà a una norma che metterebbe in ginocchio un settore che rappresenta “circa il 10% del P.I.L. Regionale” e produce “gran parte delle materie prime per l’edilizia e garantendo occupazione e reddito direttamente ad oltre 6.500 dipendenti, che diventano oltre 15.000 considerando il cospicuo indotto sviluppato”. Numeri frutto di autorizzazioni comunali, che hanno fatto dell’Abruzzo "la gran cava d’Italia", come racconta il paragrafo dedicato alla situazione della regione nel libro Le conseguenze del cemento (p. 73).

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.