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Altre Economie / Attualità

Una lotta che assorbe tutte le altre. Il commercio giusto visto dai giovani

Alcune delle componenti del "Laboratorio InnovAzione Altromercato" (Lia), “lo spazio giovanile di attivismo, riflessione e apprendimento dei temi di giustizia economica, sociale e climatica che attraversano il commercio giusto” © Altromercato
Tratto da Altreconomia 281 — Maggio 2025

Giorgia Dal Fabbro ha iniziato facendo volontariato durante la pandemia da Covid-19 nella bottega del commercio giusto della sua cittadina, Belluno. “Quando sono entrata in bottega mi sono resa conto che il commercio giusto cerca di cambiare il sistema capitalistico, migliorando la condizione delle donne e delle persone in situazione di vulnerabilità, per di più preservando le risorse del Pianeta. Prima non sapevo scegliere a quale di queste cause dedicare il mio impegno e il fair trade le sostiene tutte contemporaneamente. Allora io resto qui, mi sono detta, ed è quello che ho fatto”.

Giorgia è una delle dieci componenti (otto ragazze e due ragazzi) del “Laboratorio InnovAzione Altromercato (Lia)” che si definisce come “lo spazio giovanile di attivismo, riflessione e apprendimento dei temi di giustizia economica, sociale e climatica che attraversano il commercio giusto”. È stato creato in maniera spontanea e volontaria nel 2023, oltre che da Giorgia anche da Elena Carrea, Agnese Ferrari, Giuditta Galimberti, Elena Grandi, Maria Vittoria Natali, Mattia Piccolo, Mattia Schepisi, Elisa Sella ed Emma Zambarda, per provare a portare avanti le riflessioni iniziate nel 2021 durante lo “Young people for sustainable economy” (Ypse), il progetto europeo che ha permesso a 200 giovani under 30 provenienti da Italia, Kenya, Perù e Thailandia, di dedicare due anni a confrontarsi sul perché i giovani e le giovani siano così poco attratti dal commercio giusto.

Capofila dell’iniziativa era Altromercato, la principale realtà di commercio equo e solidale italiana e tra le più grandi al mondo, che da tempo lavora sulla necessità di rinnovamento di un movimento che risale agli anni Sessanta, così che, oltre a un necessario passaggio di testimone, sappia parlare anche alle nuove generazioni e ne abbia una rappresentanza al suo interno. Secondo gli ultimi dati disponibili, il fair trade registra infatti un calo della partecipazione e del coinvolgimento soprattutto dei e delle più giovani che sono meno di dieci nell’87% delle botteghe. Mentre allo stesso tempo, altri movimenti nati dal basso più di recente sono riusciti a riportare i ragazzi e le ragazze nelle piazze.

“La causa principale è che le nuove generazioni non conoscono il commercio giusto -racconta Giorgia-. Sanno che paga di più i produttori e le produttrici, ma non quanto questo faccia la differenza e che inoltre è inserito in una filosofia”. “Quando il commercio giusto ha iniziato a muovere i primi passi lo ha fatto con una spinta rivoluzionaria -aggiunge Emma-. Mentre con il tempo, anche a causa delle crisi globali, si è focalizzato di più sull’aspetto commerciale. Da una parte questo è naturale, se vuoi sostenere più produttori di una zona del mondo devi avere più consumatori dall’altra, però penso che questo abbia allontanato le nuove generazioni”.

La prima guida per le organizzazioni del commercio giusto per coinvolgere le nuove generazioni nel fair trade, scritta da ragazzi e ragazze di Italia, Kenya, Perù, Thailandia. Si trova su altromercato.it

Da qui l’esigenza di spostare l’asse verso l’attivismo e l’intersezionalità: “A differenza del volontariato -prosegue Elena-, da attivista non devi per forza compiere un’azione in un posto o in un tempo determinato ma scegli di utilizzare la tua voce per parlare delle cause che ti stanno più a cuore, ti impegni in ogni momento per intrecciare dei legami e per portare avanti delle iniziative. È talmente tutto collegato che non riesci più a separare quello per cui ti attivi dal resto della tua vita privata, da come metti il piede fuori dal letto la mattina o scegli di comportarti ogni giorno”.

“Mi sono appassionata al commercio giusto -riprende Elisa- per la sua visione multidimensionale dei diritti umani che sono tanti e complessi. Quello che ho trovato nel fair trade è che riesce a tenerli in considerazione da diverse prospettive agendo concretamente affinché vengano rispettati”. Il progetto Lia ha iniziato dunque affiancando Altromercato con l’obiettivo di rendere la sua comunicazione e il suo linguaggio più vicini a quelli dei giovani, che oggi ricercano un dialogo tra pari, un vocabolario più inclusivo, attento alla rappresentazione di genere e che “prenda le distanza del white saviourism o dal pietismo”; inoltre, sono pronti ad aderire a un movimento che li porti a fare delle esperienze, a incontrarsi, a costruire reti e comunità.

“A un certo punto ci siamo rese conto che avevamo voglia di attivarci ancora di più e di andare oltre al ruolo consultivo che avevamo -dice Giorgia-. Quindi abbiamo ripreso i risultati delle linee guida del progetto Ypse per migliorare il coinvolgimento delle nuove generazioni”. Ed è così che è nato “FairMenti”, l’evento organizzato da Lia il 10 e l’11 maggio, in occasione della “Giornata mondiale del commercio equo e solidale 2025”, che, come atto simbolico e scelta consapevole, si terrà a Bari. La Puglia rappresenta infatti il paradosso italiano, ma anche globale, di una terra ricca di patrimonio culturale e naturale segnata però dalle disuguaglianze.

Saranno presenti produttori e produttrici locali e d’Oltreoceano, come Pietra di Scarto (FG), la cooperativa Campo dei miracoli (BA) ma anche la cooperativa nicaraguense Uca Soppexcca (vedi Ae 278) e diverse realtà pugliesi. Sarà l’occasione per incontrarsi e per dialogare, scoprendo di condividere lo stesso “fermento”, e per costruire insieme il nuovo vocabolario di parole e pratiche del commercio giusto. Attraverso talk, panel e spettacoli, il fair trade si racconterà ai giovani ed entrerà in relazione con gli altri movimenti sociali che abbracciano temi affini, collaborando e manifestando insieme a loro l’importanza dei valori che lo guidano.

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