Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente / Opinioni

Una diga alla corruzione

Il progetto MOSE, per la costruzione di paratie mobili all’imbocco della Laguna di Venezia, è stato finanziato anche dalla Banca europea degli investimenti, la banca pubblica dell’UE. Sempre in Veneto, risorse BEI sono andate anche al Passante di Mestre. In entrambi i progetti è coinvolto il gruppo Mantovani, il cui ad ha patteggiato dopo l’accusa di corruzione. Ma l’organo anti-corruzione europeo non vuole guardare a fondo  

Si continua a discutere dei pieni poteri da dare al magistrato Raffaele Cantone come “super-commissario” anti-corruzione per l’Expo, dopo che uno scandalo bipartisan ha macchiato anche l’esposizione universale del 2015 in salsa meneghina.

Ma in questi giorni gli scandali di corruzione continuano ad emergere grazie all’azione costante della magistratura, cosicché è lecito chiedersi quale diga serva per porre fine a questo cancro sistemico della nostra società.

Di sicuro non le dighe mobili del Mose, il faraonico e discutibile progetto che dovrebbe salvare Venezia dallo sprofondare nella laguna. Un’opera che dopo un decennio di studi e lavori ha prodotto solo 4 delle 78 paratie mobili previste.

Eppure soldi ne sono annegati tanti nel Mose, inclusi fondi europei, concessi a dismisura: va bene che tutti nel mondo amano Venezia, inclusi commissari europei e finanziatori pubblici, ma quanto emerge in queste ore mostra che la leggerezza nel concedere fondi non aleggia solo nelle stanze dei palazzi italiani.

Oltre all’avviso di garanzia all’ex ministro per le infrastrutture Altero Matteoli (e agli arresti che il 4 giugno hanno portato al fermo del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e dell’assessore veneto alle Infrastrutture Renato Chisso, oltre alla richiesta a procedere nei confronti dell’ex ministro Giancarlo Galan, ndr) ritorna sotto le luci della ribalta dei pm il Consorzio Venezia Nuova, un perno del cosiddetto “sistema Veneto” che ha dominato la cementificazione del Nord-Est negli ultimi anni. Fatture gonfiate ad arte per componenti del Mose acquisiti dalla Croazia e fondi neri ricreati nella civilissima Austria, che però protegge ancora con signorilità il segreto bancario.

Uno scandalo mittel-europeo quindi, che ha goduto anche di finanziamenti pubblici ingenti della Banca europea per gli investimenti (Bei), l’istituto di credito dell’Ue (leggi "La banca di parte", l’approfondimento di Altreconomia). Il Mose è stato finanziato con un totale di un miliardo e mezzo di euro dall’Europa in più tranche. La prima di 400 milioni è stata sborsata al Consorzio Venezia Nuova – incaricato di costruire l’opera – nell’aprile 2011; altri 500 milioni sono stati sbloccati nel febbraio 2013.

A questo punto si spera che i rimanenti 600 milioni di euro non arrivino con le indagini ancora in corso. Ma c’è poco da meravigliarsi anche con i burocrati di Bruxelles, che sulla corruzione predicano bene e razzolano male. Questo il caso del “vicino” scandalo del Passante di Mestre (leggi su Altreconomia "Il passante fa l’autostop") anch’esso finanziato dalla Bei con 350 milioni di euro sborsati in un’unica trance nel 2013. La banca europea ha deciso di erogare il finanziamento pubblico a favore della società CAV (50% Anas e 50% Regione Veneto) ad aprile, dopo che la richiesta era rimasta nei cassetti dei banchieri di Bruxelles dal lontano 2011.
Per farlo sono passati attraverso l’intermediazione di Cassa depositi e prestiti, ad indagini già aperte e pubbliche da parte della procura di Venezia, nonché dopo un monito della Corte dei Conti sul rischio di infiltrazioni mafiose già del marzo 2011.

Alcune delle società che hanno costruito il Passante, tra cui la Mantovani spA, sono finite nel mirino dei magistrati veneziani. Il suo amministratore delegato, Piergiorgio Baita, ha patteggiato la pena lo scorso dicembre, mentre secondo Il Gazzettino la società avrebbe versato all’Agenzia delle Entrate “circa 6 milioni di euro per “sanare” la maxi evasione fiscale realizzata attraverso l’emissione di fatture false”.

A questo punto anche l’Europa dovrebbe avere capito che non si scherza a finanziare con leggerezza grandi infrastrutture di questa portata. E invece no: uno dei primi schemi di “project bond” europei per l’Italia è in via di definizione e sarà messo in piedi nelle prossime settimane proprio per il rifinanziamento del debito di CAV.

Una mossa da 700 milioni di euro, con cui questo debito, frutto di un aumento esponenziale dei costi in corso d’opera segnalato dalla stessa Corte dei Conti –proprio la Mantovani era la principale azienda coinvolta nella costruzione del Passante- dovrebbe essere rivenduto a ignari risparmiatori attraverso fondi pensione e fondi di investimento, principali acquirenti (sperati) dei bond.

In tutto questo l’organo anti-corruzione europeo –noto con l’acronimo OLAF e per altro guidato da un italiano– lo scorso marzo ha rigettato la richiesta di aprire un’indagine sulle responsabilità europee nell’affaire Passante di Mestre a fronte di un esposto di varie organizzazioni della società civile. Insomma possiamo scegliere se far affondare Venezia o affogare noi nella corruzione finanziata con i soldi pubblici europei.     
 


* Re:Common, www.recommon.org

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.