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Una cura modello

Le risorse diminuiscono mentre aumentano i bisogni di una popolazione che invecchia e di una società che cambia. Il modello sperimentato nell’empolese  Il sistema di welfare pubblico nei prossimi anni è chiamato a vincere una sfida ardua: minori risorse da…

Tratto da Altreconomia 129 — Luglio/Agosto 2011

Le risorse diminuiscono mentre aumentano i bisogni di una popolazione che invecchia e di una società che cambia. Il modello sperimentato nell’empolese 

Il sistema di welfare pubblico nei prossimi anni è chiamato a vincere una sfida ardua: minori risorse da un lato e aumento dei bisogni dall’altro. In numeri, l’azzeramento dal 2010 del Fondo non autosufficienza a livello nazionale e la riduzione, dal 2010 al 2013, del 90% del Fondo nazionale per le politiche sociali.

Nei fatti, il processo di invecchiamento della popolazione, l’aumento del numero di persone anziane che vivono da sole, l’indebolimento della struttura familiare, sempre più ridotta o monoparentale, oltre a crescenti problematiche dovute all’attuale situazione economico-finanziaria e sociale, che determina l’incremento di situazioni di disagio abitativo, di disoccupazione e, conseguentemente, di povertà e marginalità. Una sfida da vincere senza compromettere il livello qualitativo delle prestazioni e senza mettere in discussione l’universalità di accesso alle stesse.

Nessun ente locale, se lasciato solo, sarà in grado di sostenere il sistema e di evitare l’inammissibile agonia cui sembra destinato, allo stato odierno, il welfare pubblico. Allo stesso tempo, tuttavia, non possiamo stare fermi a guardare e tutti siamo tenuti a studiare vie alternative. Una delle strade perseguibili riguarda la previsione di modelli organizzativi innovativi, come la “Società della Salute”, modello adottato dalla Regione Toscana e sperimentato nella zona dell’empolese-Valdelsa: si tratta di un consorzio tra azienda Usl ed enti locali per il governo e la programmazione dei servizi sanitari sul territorio e la gestione dei servizi socio assistenziali e socio sanitari, che permette di realizzare, senza assorbire risorse aggiuntive e creare duplicazioni, l’integrazione istituzionale, politica e professionale ed il coinvolgimento diretto della società civile e del terzo settore nei compiti di indirizzo e governo dei servizi e nella promozione delle politiche di salute per la popolazione.

Si stanno quindi realizzando nuove modalità di intervento per la promozione di salute. Oltre agli interventi per l’adozione di stili di vita corretti e volti al benessere della persona e alla necessità della progressiva convergenza di tutte le politiche di governo verso l’obiettivo salute, uno degli esempi più rilevanti è costituito dal Progetto Afa (Attività fisica adattata) per prevenire le condizioni di morbosità, disabilità e mortalità prematura, attraverso la promozione di attività fisica per soggetti affetti da malattie croniche. I programmi Afa vengono effettuati da enti profit o no-profit in palestre, piscine territoriali ed altri ambienti disponibili tramite una capillare distribuzione su tutto il territorio, il che comporta la possibilità per le persone affette da malattie croniche, per lo più ultrasessantacinquenni, di effettuare, con un prezzo irrisorio, sia attività fisica sia di socializzazione vicino a casa. Insieme ad una maggior attenzione a progetti e programmi di prevenzione e di promozione positiva della “salute”, ci stiamo adoperando anche per perseguire l’appropriatezza della presa in carico del bisogno socio sanitario e socio assistenziale. In primo luogo con l’adozione di sistemi omogenei per la valutazione dei bisogni e per l’accesso alle prestazioni.

Successivamente lavorando anche al potenziamento delle attività e dei servizi di assistenza a domicilio, attraverso una graduale riconversione delle risorse destinate alla residenzialità, evitando il più possibile l’istituzionalizzazione delle persone non autosufficienti, più traumatica per il cittadino e più onerosa per le istituzioni pubbliche. Allo stesso tempo si è avviato anche un percorso per incrementare le politiche per l’autonomia come, ad esempio, il progetto “vita indipendente” indirizzato a persone con disabilità fisico-motoria-sensoriale permanente e grave limitazione dell’autonomia personale. 

Gli 11 Comuni della Società della Salute di Empoli, nonostante i tagli a cui hanno dovuto sottostare, per il 2009 e il 2010 hanno comunque deciso di investire di più nei servizi socio assistenziali e socio sanitari. Davanti alla perdurante riduzione delle risorse dirette e indirette a livello nazionale pensiamo che, se la chiusura dei servizi andrebbe inevitabilmente a colpire la parte più bisognosa della popolazione, economicamente incapace di accedere a prestazioni di tipo privatistico, l’unico modo per garantire una reale giustizia sociale risulta essere la via della compartecipazione alla spesa dei servizi in base al reddito disponibile, per permettere al welfare pubblico di sopravvivere e di erogare servizi di qualità a tutta la cittadinanza, senza contraddire il principio di universalità del sistema.

 

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