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Una cautela elementare

La normativa sugli appalti pubblici spinge al massimo ribasso. Le imprese risparmiano sui materiali e qualità e i rischi aumentano. Il caso di Povegliano

Ci sono sindaci che fanno
a gara per tagliare nastri
e assicurarsi elezioni e
carriera.
Anna Maria Bigon è il sindaco di
Povegliano Veronese, poco più di 7mila
abitanti. Chi ne ha sentito parlare, sa che
non è nota per aver inaugurato qualcosa.
Se mai per aver demolito, raso al suolo.
Povegliano è una bella cittadina della
provincia veneta.
I dossi che si
incontrano servono
a far rallentare le
auto e a fare del
paese un “centro
commerciale
naturale”, dove
i clienti possano
frequentare i negozi
delle sue strade, senza
infilarsi in una di quelle
colossali scatole di cemento
che hanno infestato la zona.
Da queste parti, terra
ricca di sorgive, i progetti
per shopping center non
si contano. Il più grande
d’Europa, il District Park,
4 milioni di metri cubi,
nascerà non lontano da
qui. E a poca distanza è
stata individuato il sito per
la “Motocity”, l’autodromo
con annessi “servizi
commerciali” che potrebbe
stravolgere viabilità e vita.
Da queste parti, sono due
i comuni non guidati dalla
Lega. Su 98. Povegliano è
uno dei due.
Anna Maria Bigon è un
giovane sindaco, di mestiere
fa l’avvocato. E questa è la
sua storia. La sua giunta,
esattamente quattro anni
fa, approva un progetto preliminare di
ampliamento della scuola elementare
“Anna Frank”. L’opposizione vorrebbe un
nuovo polo scolastico, ma la maggioranza
opta per il recupero e il miglioramento
dell’esistente, senza occupare nuovo
suolo: un modo per risparmiare soldi e
cementificare di meno.
La spesa prevista è di un milione e mezzo
di euro per un edificio di
due piani: 10 aule, 250
studenti in più rispetto ai
400 di oggi.
Al bando di gara -nazionale, come
prevede la legge- si presentano un
centinaio di aziende. Alla fine vince la
Case preziose srl, sede legale a Ravenna,
sede operativa a Caserta. L’aggiudicazione
avviene per “maggior ribasso”. Ovvero: la
ditta preventiva una riduzione della spesa
prevista dal Comune di circa il 14%. Nel
2008 iniziano i lavori. Poco dopo iniziano
i problemi: il collaudatore incaricato di
seguire i lavori nota delle imperfezioni in
alcuni pilastri. I primi controlli sembrano
infatti indicare che il calcestruzzo utilizzato
non abbia le caratteristiche
di resistenza previste dalla
legge. Le carte però sono in
regola: il cemento utilizzato è
corretto perché i test effettuati
sui “cubetti” di prova sono
positivi. I lavori a norma di
legge possono continuare.
La giunta però la pensa
diversamente. Si tratta di
una scuola, i crolli di San
Giuliano di Puglia (27
bambini e un insegnante
morti per il terremoto del
2002) e dell’Aquila sono un
ricordo ancora troppo vivido.
Per questo il sindaco sceglie
di prendersi sino in fondo
le proprie responsabilità di
amministratrice.
Fa sospendere i lavori e
incarica una ditta esterna di
effettuare controlli più accurati
sul calcestruzzo utilizzato.
Sono accertamenti “non
dovuti”, i cui esiti sono chiari:
il cemento utilizzato è di
scarsa qualità e non garantisce
sicurezza all’edificio. Ulteriori
indagini svelano che anche le
fondamenta sono a rischio.
La ditta costruttrice addita
il fornitore del calcestruzzo:

si tratta della Meneghini srl, impresa
di Carmignano di Brenta (Padova) che
ha uno stabilimento non distante da
Povegliano, a Nogarole Rocca.
L’edificio non può essere messo in
sicurezza: nonostante le pressioni
e gli attacchi dell’opposizione in
consiglio, che lamenta questo “spreco”,
l’amministrazione comunale decide di
demolire la scuola, e per questo viene
addirittura portata in tribunale dalla
Meneghini srl che paventa un “danno
d’immagine” in caso di abbattimento
dell’edificio in costruzione.
Gli esiti del processo (la sentenza è del
giugno 2010) sono però chiari: le strutture
portanti dell’edificio non corrispondono ai
“requisiti di contratto” e pertanto la scelta
del Comune di risolvere il contratto con la
ditta appaltatrice, e di demolire la scuola, è
conforme alla legge.
La data per l’abbattimento era già stata
fissata, per la prima settimana di luglio.
Un’inaugurazione al contrario che assume
il sapore di una festa della legalità. Oggi
la nuova ala della scuola “Anna Frank”
è di nuovo in costruzione e i risarcimenti
sono in arrivo. Nel
frattempo, Case
preziose srl è fallita,
e il Comune ha
sporto denuncia
penale nei confronti di ignoti per quanto
accaduto. Le normative sugli appalti e sui
contratti pubblici rendono episodi come
quelli di Povegliano più probabili di quel
che si tema. Non in tutti i Comuni però
si trovano sindaci così coraggiosi, o più
semplicemente disposti a tirare dritto
e spendere soldi, competenze, tempo e
fatiche per tutelare la sicurezza dei propri
concittadini.
All’epoca della gara d’appalto della
scuola “Anna Frank”, la legge prevedeva
-per importi superiori a 500mila euro- di
indire una competizione nazionale. Ai
Comuni era lasciata la facoltà di optare
tra due tipi di gara: quella con “offerta
economicamente più vantaggiosa” o “al
maggior ribasso”.
La maggior parte dei comuni opta per
la seconda tipologia: è più semplice da
gestire e permette di indicare in tempi
brevi la ditta che si è aggiudicata l’appalto.
La prima invece prevede maggiori
competenze, tempo e, soprattutto, spesso
dà adito a contese e ricorsi delle ditte
che hanno perso. Il ricorso al “maggior
ribasso” però costringe le ditte appaltatrici
a tagliare sui costi, ovvero sui materiali
utilizzati e magari sulla manodopera.
Oppure, poiché il margine è minore, a
cavillare su tutto e chiedere di poter alzare
i costi, ricorrendo alle cosiddette riserve.
I controlli spettano al Comune, “ma
non sempre la struttura tecnica delle
amministrazioni locali è in grado di fare
verifiche accurate”, spiega Roberto Reggi,
sindaco di Piacenza e vice presidente
dell’Anci (Associazione nazionale comuni
italiani), con delega a infrastrutture e
protezione civile. “In questi ultimi anni
le amministrazioni sono diventati più
controllori che gestori dei lavori pubblici.
Questo soprattutto a causa delle limitate
risorse a disposizione. Ma i dipendentisono pochi, spesso non
hanno le competenze
adatte. Gli uffici tecnici
si sono progressivamente svuotati per
mancanza di fondi”.
Rispetto alla vicenda di Povegliano, la
legge ora è anche cambiata. Oggi è in
vigore il nuovo codice dei contratti datato
(il 163/2006), i cui regolamenti attuativi
sono però stati pubblicati sulla Gazzetta
Ufficiale solo nel dicembre 2010, per
entrare in vigore a giugno 2011.
Il principio del “massimo ribasso” è
stato ampliato, abolendo il meccanismo
di eliminazione automatica di ribassi
“anomali”, che quindi vanno anch’essi
verificati.
“Il numero di imprese che rispondono ai
bandi è sempre più numeroso, e i ribassi
sono sempre più elevati. Ci sono ditte che
lavorano anche sottocosto pur di entrare in
un mercato” spiega
ancora Reggi.
“Oggi si viaggia
sempre attorno al
40-50% di ribasso.
Il ruolo degli amministratori è sempre
più appiattito sulla verifiche di queste
anomalie. Questo vale di più per i piccoli
Comuni, che non hanno le strutture di
quelli più grandi. E per tutti valgono le
misure del governo, che ha tagliato anche
la possibilità di consulenze esterne”.
Lo sanno anche a Povegliano, dove
vorrebbero costruire anche un nuovo
Centro diurno. Alla gare hanno
partecipato in 32: alcune ditte hanno
proposto ribassi anche del 47%.
Nonostante il rischio di perdere i
finanziamenti ottenuti, che sono legati
anche ai tempi di realizzazione dell’opera,
da sei mesi gli uffici lavorano senza sosta
alla verifica delle offerte.
Così funziona nel paese dove la sicurezza
dei cittadini viene prima della
carriera politica.

 

servizi al taglio
Con un bel regalo
natalizio, il 9
dicembre 2010, il
ministro dell’Interno
ha determinato gli
importi delle riduzioni
dei trasferimenti erariali
per l’anno 2011 a
Province e Comuni con
più di 5mila abitanti.
Rispettivamente,
del 23 e del 12 per
cento rispetto all’anno
precedente. Solo per la
Lombardia, si tratta di
200 milioni di euro in
meno.
Insieme ai “lacci”
sulle spese imposti
dal “patto di stabilità”,
ai tagli ai ministeri
e a quelli regionali
anche la quarta fonte di
finanziamento agli enti
locali si riduce. E con
essa, servizi e strutture
per i cittadini. Che
dovranno pagare di più
asili, scuole, mense,
trasporto pubblico.
“Ci sono poi tagli
‘mascherati’” spiega
Pier Attilio Superti,
Segretario Generale
di Anci Lombardia. “Il
risparmio derivante
dalla riduzione del
numero di consiglieri
e assessori è stato
sovrastimato, mentre
sottostimate erano le
entrate da Ici, e quindi
bassi sono i rimborsi
dopo la sua abolizione”.

 

comportarsi da calcestruzzi
L’Italia è costellata di edifici
realizzati con cemento
“depotenziato”. Lo scrive
Legambiente nel suo dossier
“Cemento disarmato. Storie di un
Paese a rischio crollo, tra sabbia e
cemento (…più sabbia che cemento)”
pubblicato nel luglio 2009. Il pretesto
all’epoca fu l’ordine di sgombero
dell’ospedale San Giovanni di Dio,
lanciato dalla procura di Agrigento
“per gravi carenze nella qualità del
calcestruzzo utilizzato”: inaugurato
nel 2004, dopo 20 anni di lavori,
era costato 38 milioni di euro, e non
poteva essere collaudato.
In realtà, scrive Legambiente, sono
tantissime le storie di immobili
pubblicie privati costruti come
l’ospedale di Agrigento. “Dove
il cemento truccato va forte è
soprattutto la Sicilia” si legge nel
rapporto, ma dalle inchieste siciliane
emergono fatti che portano anche
al sequestro (con facoltà d’suo
dell’autostrada) di due lotti della A31
Valdastico, nel vicentino.
Un paragrafo speciale merita il
terremoto in Abruzzo. Le indagini
sono partite subito dopo il sisma
con l’apertura di 200 fascicoli per
disastro colposo e una lista di 70
costruttori: “Il caso simbolo è quello
della casa dello studente, che ha
causato la morte di otto ragazzi e che
ha posto più di un interrogativo sulla
consistenza della struttura”.
Legambiente elenca 19 immobili
al vaglio della magistratura per
calcestruzzo depotenziato.
Il dossier si può scaricare qui http://
www.legambiente.it/dettaglio.
php?tipologia_id=5&contenuti_
id=339

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