Cultura e scienza / Intervista
Una biografia letteraria di Alex Langer nel trentesimo anniversario della sua scomparsa

In “Continuate in ciò che è giusto. Storia di Alexander Langer” lo scrittore Alessandro Raveggi ripercorre vita e militanza dell’intellettuale-politico sfuggendo dal racconto cronologico e lavorando sul “fantasma” che non tormenta ma invita a guardare al futuro, a un certo modo di stare al mondo. “Il mio obiettivo principale -spiega Raveggi in questa intervista- era quello di trasmetterne il messaggio alle persone nate dopo il 1995”
Una frase che rispecchia lo spirito di “Continuate in ciò che è giusto. Storia di Alexander Langer” di Alessandro Raveggi è riportata nell’esergo finale del testo: “Ci serve, infine, tantissimo idealismo. L’idealismo della gioventù”, scritta dal politico e attivista altoatesino nel 1964.
Il libro, uscito a maggio per Bompiani, traccia una biografia letteraria di Langer nel trentesimo anniversario della sua scomparsa. Raveggi decide di scrivere “una storia illustrata, fatta per connessioni, per epifanie, per trasfigurazioni” della vita di Langer, evitando un racconto cronologico e scegliendo di ripercorrere, sia in prima persona sia tramite citazioni dei suoi scritti, in gran parte non pubblicati, il percorso di vita di Langer. Quest’ultimo è stato una figura peculiare della politica del nostro Paese del secondo Novecento, dall’impegno giovanile nell’Alto Adige percorso da tensioni sociali e linguistiche, alla militanza dentro Lotta continua e al movimento ecologista, fondando poi il partito dei Verdi. Langer è stato attivo su molteplici fronti, come il suo impegno per il dialogo interetnico nei primi anni Novanta nei Balcani lacerati dai conflitti e lo sforzo per una maggiore integrazione europea, e la sua “è la storia di un uomo traduttivo e di una vita passata tra le lingue e le cime, ed è una grande storia di profondità spirituale”.
Raveggi, all’inizio del libro c’è scritto che questo è un testo attorno ad Alex. Che cosa significa?
AR È un libro scritto attorno alla figura di Langer per vederla da vari punti di vista. È un ritratto a tutto tondo, caratteristico del romanzo, che presenta le tante luci ma anche le ombre che genera questa importante figura. L’idea è quella di “circumnavigare” il messaggio di Langer, ma anche il suo corpo, un elemento importante, sia per sottrazione nel momento in cui si toglie la vita, sia perché aiuta a interrogarsi su quanto l’assenza di Langer abbia determinato gli anni di militanza successivi alla sua morte. Quindi per questi motivi è un testo attorno ad Alex Langer, non sulla sua storia, sennò sarebbe stato un saggio o una biografia, invece spero che la gioia che la sua vita sapeva promanare sia presente nel ritmo del libro. All’inizio compare una frase, “così che in queste pagine Alex sia vivente, non verosimile”, per indicare che volevo creare un vero e proprio personaggio di finzione, più che farne un monumento. Una qualità dei personaggi di finzione rispetto ai ritratti storici o di personaggi politici è che possono durare nel tempo, perché con la nostra lettura li facciamo costantemente vivere. Allo stesso modo volevo rivivere io stesso la vita di Langer per capirne le direzioni, infatti ho visitato molti luoghi che sono stati centrali per lui. La creazione di un personaggio di finzione ha un significato positivo, per restituire una persona che era fuori dall’ordinario, non nel senso del profeta o dell’eroe, figure che lui non voleva essere, ma di un individuo peculiare per il messaggio e gli esempi che ha trasmesso.
In che modo viene strutturato il libro?
AR Quando ho iniziato a lavorare a un testo su Langer, esistevano diverse biografie che raccontavano vari momenti della sua vita, o avevano un taglio diverso, prediligevano il militante piuttosto che l’ecologista o il pacifista. Erano anche racconti cronologici, di una figura che era una luce, un faro e poi si toglie la vita, un gesto difficile da comprendere per chi è stato vicino a Langer negli ultimi anni. Io ho voluto iniziare da questo momento zero, raccontato nel primo capitolo “Albero precoce”, non per fare un libro nostalgico o triste, lui ha scritto non siate tristi nel suo commiato, ma per proiettare il cammino verso il futuro, per trasmettere il messaggio generazionale di Langer. Partendo un po’ dall’idea di ribaltare la cronologia, per poi strutturare il testo con alcuni capitoli che hanno un segno meno, a indicare che si torna all’indietro rispetto al 1995, mentre altri positivi per attualizzarne la figura e gli ideali. C’è una sorta di lavoro sul fantasma di Langer, che non tormenta ma che invita a guardare al futuro, la sua figura è un modo di stare al mondo. Il mio obiettivo principale era quello di trasmetterne il messaggio alle persone nate dopo il 1995, alle generazioni che non sono entrate direttamente in contatto con lui. Un tentativo di far dialogare il pensiero di Langer con lo scenario attuale, pensiero inteso come “ritmo di vita”, nel senso di pratica di vita più che un messaggio specifico o un’ideologia langeriana, poiché lui era anti-ideologico.
Come concepiva Langer la militanza politica?
AR Mi ha colpito il modo in cui viveva l’impegno politico, poiché era un simbolo della militanza politica novecentesca, che interpretava però in modo peculiare. Langer era un militante che aveva il coraggio della contraddizione, che non si allineava, che saltava da una causa all’altra, perché per lui era più importante il contenuto della militanza piuttosto che l’essere presente. Ha partecipato ad alcuni importanti eventi, le manifestazioni italiane del 1968 e del 1977, la prima conferenza sul clima di Rio nel 1992, però era un testimone non protagonista, rifuggiva il protagonismo di certi leader. Per lui la politica era una pratica, un esercizio quotidiano, come la pratica della nonviolenza che deve andare al di là dell’appartenenza ai partiti, o il fatto che non gli piacesse il termine pacifismo, poiché la pace deve essere qualcosa di concreto, si definiva un facitore di pace. Per il suo anteporre la pratica politica all’ideologia è stato avversato da molti, dalla sinistra extraparlamentare ai radicali, che non riuscivano a identificarsi con lui, fino ai militanti verdi che lo vedevano come un leader anche se lui non voleva creare un partito. Langer aveva il coraggio della contraddizione, era un personaggio a tutto tondo, per ritornare all’inizio del libro. Questi aspetti della sua militanza sono molto attuali nell’epoca in cui la forma classica del partito è un po’ venuta a mancare ma rimangono le manifestazioni e l’attivismo, penso ai molti giovani che si spendono per l’ambientalismo. Goffredo Fofi ha detto di Langer che era l’unico che non distingueva tra politica e vita, dandogli un’accezione un po’ negativa, poiché questa sua missione l’ha poi prosciugato. Io invece penso che l’esempio di Langer sia attuale, venute meno le grandi ideologie, che lui aborriva, la politica andrebbe trovata nella pratica di tutti i giorni, un compito difficile ma indispensabile.
Il libro ripercorre le varie cause in cui Langer si è impegnato politicamente e socialmente, dimostrandosi spesso un precursore di molte tematiche.
AR Langer è stato partecipe in molte cause in tutti i suoi momenti della vita, come l’attivismo giovanile in Alto Adige per il dialogo tra la popolazione di lingua tedesca e quella italiana. È stato in grado di tenere insieme varie questioni, era un antimilitarista convinto, è stato promotore dell’obiezione di coscienza, unendo questo suo impegno alla causa ecologista. Era un pacifista attento, credeva all’idea della pace con la natura, facendosi promotore anche del concetto di conversione ecologica, poi ripreso da papa Francesco. La parola conversione è importante per Langer, che ha avuto una formazione cattolica e ha fatto il liceo nel collegio dei francescani a Bolzano. L’impegno giovanile per la convivenza in Alto Adige si è ripresentato nei primi anni Novanta, con lo scoppio delle tensioni interetniche nei Balcani, che lo ha portato a proporre di istituire i corpi civili di pace, una sorta di collegamento tra la popolazione civile e l’esercito. Parlava anche di garantire spazi pubblici e di gratuità, di partecipazione politica in un momento in cui si stavano restringendo. Inoltre aveva un’idea della natura che era un compromesso tra progresso, libertà e rispetto.

Quali sono gli elementi che ritiene ancora attuali nel pensiero ecologico di Langer?
AR In primis aver connesso il tema della guerra a quello dell’ecologia: la necessità di pace tra gli uomini come nonviolenza attiva, e la necessità di pace tra gli uomini e la natura come parte della conversione ecologica, perché quello che viviamo oggi con la crisi climatica non è che il risultato di una reazione impetuosa della Natura alla nostra violenza. Poi esiste nel suo pensiero l’idea che il “Terzo mondo” (chiamato così mentre era in vita) debba essere risarcito, senza ideali di purezza e di ritorno ad un Paradiso perduto. Vedere il mondo dal punto di vista degli europei vuol dire oggi anche vederlo dal punto di vista delle culture indigene e native soggiogate nella storia europea. Così come poter ascoltare il mondo naturale grazie a quegli straordinari intermediari che sono le popolazioni native. Infine il pensiero intergenerazionale: la militanza funziona solo se pensa alla sua corrispondenza con i figli, un pensiero in cui l’umanità è possibilità di generare e di fare futuro in modo gentile.
Langer pone una domanda centrale in un suo intervento del 1994: come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?
AR La desiderabilità del pensiero ambientalista consiste nella conciliazione tra due tendenze in apparenza opposte. Da un lato la fiducia nell’espansione dell’umanità porta a pensare che il cambiamento non sia possibile e che non bisogna fermarsi. Dall’altro una certa visione dell’ecologismo, che proibisce e stabilisce paletti rigidi. Per Langer la soluzione si trova nel rendere desiderabile il pensiero ecologista tramite la pratica quotidiana, i gesti fondamentali, che si sono diffusi molto rispetto agli anni Novanta. Però questo impegno si scontra con la necessità di porre un freno ai propri desideri personali, di possesso e di accrescimento. La desiderabilità del pensiero di Langer risiede nel provare a far diventare una pratica quotidiana alcune idee che limitano i desideri umani nei suoi eccessi e nei suoi limiti. Questo deriva un po’ dalla sua educazione francescana, dall’idea della missione quotidiana di pratiche nei confronti degli altri e della natura. È una missione di conciliazione degli opposti tra il desiderio umano e egoistico e la necessità di costruire una desiderabilità dell’impegno e dell’altruismo verso la natura e le generazioni future, una conciliazione di due aspetti solo in apparenza in antitesi.
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