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Un sistema sano (fino al 9 giugno)

Il Governo insiste sulla tenuta del comparto bancario italiano, anche se in tutto il mondo le cose vanno al contrario. Il ruolo strategico di Bankitalia, che, non tutti lo sanno, appartiene ai privati A sentire il governo e la maggioranza…

Tratto da Altreconomia 104 — Aprile 2009

Il Governo insiste sulla tenuta del comparto bancario italiano, anche se in tutto il mondo le cose vanno al contrario. Il ruolo strategico di Bankitalia, che, non tutti lo sanno, appartiene ai privati

A sentire il governo e la maggioranza degli organi di stampa siamo un Paese fortunato. Anzi di più: siamo l’unico Paese al mondo a non avere subito la crisi del sistema bancario e assicurativo. Mentre Usa, Germania, Francia e Spagna con una montagna di dollari hanno tentato di tamponare il default delle principali banche e compagnie di assicurazione, il nostro governo mette a disposizione qualche spiccio per la cassa integrazione (meno del 30% del fabbisogno se fossero coperti i lavoratori delle piccole imprese e i precari) e ci rassicura sul piano del sistema creditizio: “Le nostre banche sono a posto”, “Sono state le più prudenti del mondo”, “I vostri conti correnti sono garantiti comunque dal governo fino a 100mila euro”.
Grazie, uno pensa: se sono a posto le nostre banche, che bisogno aveva il governo di garantirci? E se invece sono a rischio con quali somme a disposizione il governo ci garantisce? E poi, come si può mai pensare che le grandi banche italiane siano le uniche al mondo a non aver inghiottito titoli tossici: ma che stavano su un altro pianeta ?
Personalmente credo che questo giallo in salsa italiana si risolverà solo dopo le elezioni europee del 9 giugno prossimo. Si potrebbe obiettare: che c’entrano le elezioni europee con la trasparenza nei conti delle grandi banche italiane? Ed è una domanda legittima. Infatti, se in Italia ci fosse una Banca centrale che funzionasse come istituto pubblico indipendente e avesse veramente il compito di sorvegliare il circuito del credito, potremmo stare tranquilli. Purtroppo, ma pochi lo sanno, la nostra Banca d’Italia, pur essendo un istituto di diritto pubblico, è in mano alle banche private ed esattamente: il 30,3% delle quote è di Intesa-Sanpaolo, il 15,7% di Unicredit, il 6,3% del Banco di Sicilia (acquisito da Unicredit), il 6,3% delle Assicurazioni Generali.
E via dicendo per arrivare ad un 94,6% delle quote di BankItalia in mano privata. Già: la Banca centrale che deve vigilare le banche private è controllata a sua volta dalle banche private che eleggono direttamente o indirettamente i vari organi della Banca (il Consiglio direttivo, i membri del Collegio sindacale, ecc.). Le mani private, belle mani e raffinate, nelle quali sta Bankitalia sono riuscite per decenni a costruirle un’aura intorno, per la quale fino a poco tempo fa essa godeva di un assoluto prestigio presso il grande pubblico. Poi è arrivato la scandalo dei bond argentini e, soprattutto, Parmalat e le strane frequentazioni dell’ex governatore Antonio Fazio.  Lentamente gli italiani hanno cominciato a perdere la fiducia in questo istituto, ma ancora pochi sospettano della reale gestione privata di un ente pubblico che dovrebbe produrre sicurezza e fiducia nei risparmiatori.
Ma -potrebbe legittimamente domandarsi il lettore- che c’entra il 9 giugno ? Ovvero: che c’entra la politica con le banche private? C’entra, eccome, per due ragioni. La prima è che si diventa Governatore in base a un incarico politico. Il Governatore lo nomina il Presidente della Repubblica su indicazione/proposta del Presidente del Consiglio. La seconda è che le banche private hanno disperatamente bisogno dell’intervento pubblico in questo momento, come si evince da quello che sta avvenendo in tutto il mondo. Mettiamo insieme le due cose e immaginiamo una scena.
Il nostro Cavaliere, nello scorso ottobre, incontra il governatore Draghi che gli racconta che le cose si mettono male per banche italiane, soprattutto le più grandi e più esposte (in particolare Unicredit verso l’Est, dove si calcola che circa 600.000 famiglie non ce la fanno a pagare le rate dei mutui sottoscritti in euro, dato la svalutazione delle divise nazionali). Il nostro Cavaliere, che ha un grande intuito politico-finanziario, si mette d’accordo con Draghi: trait-d’union tra sistema politico e sistema bancario privato. “Teniamo tutto sottotraccia -dice il presidente del Consiglio- perché altrimenti creiamo il panico e non abbiamo i fondi per salvare questi personaggi”. “Ben detto” gli risponde il drago con una smorfia terrificante. “D’altra parte il nostro debito sul Pil è già al 108% e non possiamo permetterci i lussi degli Usa o della Gran Bretagna, che hanno nazionalizzato o salvato colossi bancari. Noi dobbiamo aspettare, prendere tempo e poi, dopo le elezioni europee, vediamo. In caso” dice il nostro Cavaliere “possiamo sempre comprare le banche con un po’ di spicci visto il valore attuale delle azioni Unicredit e Intesa. Male che vada, io chiamo gli amici degli amici, insomma quelli della cordata Cai che hanno salvato l’Alitalia, o meglio quello che restava”. 
Una favola, certo, frutto della nostra immaginazione. Ce ne scusiamo con i lettori che ci hanno preso sul serio.
È tutto a posto. In ogni caso, ci risentiamo dopo il 9 giugno e ci facciamo gli auguri.

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