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Diritti

Un referendum contro le armi (ma in Svizzera)

Mentre nella confederazione elvetica si andrà a votare per un bando completo delle esportazioni di armamenti, in Italia le iniziative popolari sono impantanate in parlamento

Nel novembre 2009 (o al massimo durante la primavera del 2010) i cittadini svizzeri saranno chiamati ad esprimersi su un emendamento costituzionale per promuovere un bando completo sull’esportazione di armi. Nell’ordinamento della Confederazione una raccolta di 100.000 firme è sufficiente per far iniziare l’iter della cosiddetta "iniziativa popolare": una consultazione diretta su un tema di rilevanza generale per tutti i cantoni.

Attualmente l’export bellico totale rosso-crociato ammonta a circa 300 milioni di euro (dati 2007) con le vendite dirette maggiormente verso Germania, Irlanda e Stati Uniti d’America ma un paese delicato come il Pakistan arriva al sesto posto.

Due iniziative popolari simili a quella che vedrà un voto nei prossimi mesi si sono già avute di recente: la prima agli inizi degli anni ’70 sfiorò il successo con il 49% dei voti a favore di una messa al bando dell’esportazione di armi, ma una seconda fallì più pesantemente nel 1997.

Mentre la società civile elvetica è stata in grado di mettersi in moto per ottenere un voto sul tema degli armamenti, in Italia la legge di iniziativa popolare sulla messa al bando delle armi nucleari giace miseramente nei meandri del nostro Parlamento. Purtroppo l’ordinamento italiano non prevede la possibilità di una consultazione diretta dell’elettorato su proposte di legge (sono ammessi solo i referendum abrogativi) che invece devono passare comunque alla discussione delle Camere. La campagna "Un futuro senza atomiche" sta comunque cercando di fare pressione su vari parlamentari affinché la proposta (assegnata alla commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati) sia discussa a breve.

 

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