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Un referendum contro il “supermercatone”

A Cusano Milanino il 1° aprile si è votato un referendum consultivo contro la costruzione di un supermarket Esselunga sull’area ex Pirelli. Ha partecipato il 21% dei cittadini. Il quorum è rimasto lontano, ma il risultato è un monito all’amministrazione comunale, che dopo 25 anni è pronto ad "aprire" alle richieste della famiglia Caprotti. Gli estensori del quesito chiedono negozi di vicinato, e lamentano i rischi traffico

Il braccio di ferro tra Esselunga e Cusano Milanino (Mi) va avanti da un quarto di secolo. L’oggetto della disputa è il vecchio stabilimento Pirelli Cavi, una delle tante aree dismesse nell’hinterland del capoluogo lombardo. Attiva dagli anni Trenta, la fabbrica è stata dismessa nel 1985, quando occupava circa 200 persone.
L’idea della società di Caprotti, che ha acquistato l’area di circa 30mila m2 nel 1987, è semplice: costruire un nuovo supermercato, uno “scatolone” di 63 metri per 110 simile a quelli già realizzati a Desio e ad Affori. Una grande superficie di vendita di cui non sentono bisogno, però, alcuni cittadini di Cusano, 20mila abitanti che vivono incuneati tra l’autostrada A4 e la Tangenziale Nord di Milano. Per questo hanno dato vita -nel novembre del 2010- a un Comitato, il cui simbolo è un carrello della spesa sbarrato, su fondo giallo, e convocato un referendum consultivo comunale, in programma domenica 1° aprile.
Perché dopo 25 anni, c’è il rischio (concreto) che Esselunga ottenga l’autorizzazione a costruire: “Dopo 30 anni di centro sinistra, nel 2009 è cambiata la maggioranza che governa Cusano. La nuova giunta di centro destra decide di ‘risolvere il problema’ con Esselunga -racconta Gabriele Marazzini, tra i membri del Comitato-, nell’ambito della discussione del Piano di governo del territorio (Pgt). Negli ultimi dieci anni -spiega Marazzini- c’erano stati almeno due tentativi ‘seri’ di mediazione, ad esempio prevedendo la costruzione di una media struttura di vendita. Senza successo, però: Esselunga chiede almeno 2.500 m2 di superficie lorda di pavimento. In quest’area, è incompatibile”.
Incompatibile perché Milanino, edificata a partire dal 1910, è una “città giardino”, che già all’inizio del secolo scorso si era dotata di una sorta di piano regolatore, “Norme di tutela” che stabilivano -ad esempio- che le case potessero essere alte al massimo due piani fuori terra e che al massimo era consentito edificare i due quinti della superficie. La Regione ha deciso, nel 1984, il vincolo paesaggistico per Milanino, sancendo così il valore architettonico dell’insediamento. Incompatibile perché oggi Cusano Milanino è un piccolo comune densamente abitato (19.600 persone su 3,1 chilometri quadrati di superficie ne fanno il sesto comune per densità abitativa in Italia, escludendo Napoli e la sua area metropolitana) e l’area ex Pirelli è nel centro abitato, in un’area le cui strade d’accesso sono vecchie e strette -come la via Valassina- e non permetterebbero il passaggio di 10mila auto al giorno, quante potrebbe attirarne il supermarket (ad esempio) in un sabato pomeriggio.

Il Comitato aveva presentato le proprie osservazioni anche durante l’iter che ha portato all’adozione del Piano di governo del territorio, poi avvenuta nel dicembre del 2011, esprimendo la propria contrarietà al “supermercatone”. Le osservazioni sono però rimaste inascoltate. “Abbiamo esercitato tutte le ‘forme di partecipazioni’ previste dalle procedure urbanistiche, ma gli amministratori non ti danno retta” spiega Marazzini. L’opzione referendum è stata valutata positivamente dal Comitato perché, anche se è consultivo, ha l’obiettivo di “indirizzare l’amministrazione nelle scelte sull’area industriale dismessa ex Pirelli attraverso il parere diretto dei cittadini. Si è infatti ritenuto che le firme di richiesta certificate, le formalità previste per l’indizione del referendum e infine gli obblighi a cui il referendum sottopone la stessa amministrazione rendano lo strumento referendario particolarmente efficace”. Arrivare al voto del 1° aprile non è stato facile: dopo aver raccolto quasi mille e cinquecento firme (ben oltre il numero necessario, pari al 5% dei cittadini aventi diritto al voto, che sono 16mila), il Comitato promotore del referendum ha dovuto affrontare il Collegio dei garanti, cui spetta -secondo lo Statuto comunale- l’autorizzazione alla consultazione. “In alcuni Comuni, addirittura, i referendum sulla materia urbanistica sono impossibili, per Statuto. Su quello di Cusano Milanino non c’è scritto, così il quesito è finito al vaglio del Collegio, “composto dal segretario comunale, che dovrebbe essere super partes, dal presidente del consiglio comunale (espressione della maggioranza di centro-destra, ndr) e da quello della commissione di Vigilanza e controllo (la cui nomina spetta alla minoranza, ndr) -racconta Marazzini-: purtroppo, il segretario comunale, con il proprio intervento, ha bloccato il referendum, mettendo insieme un dossier di 40 pagine con argomentazioni di tipo giuridico”. “Il Comitato ha preso un avvocato, e ha presentato un esposto alla procura di Monza: non si è trattato di un’irregolarità amministrativa, perciò non potevamo rivolgerci al Tar, ma di una lesione del diritto dei cittadini ad esprimere la propria opinione. Il giudice ha ammesso i motivi del ricorso, ha giudicato inconsistenti le tesi a difesa della bocciatura del Collegio dei garanti, e quindi dichiarato ammissibile il quesito referendario” conclude Marazzini.
Sulla scheda che i cittadini di Cusano hanno trovato nei seggi il 1° aprile c’è scritto: “Per il recupero dell’area industriale dismessa ‘ex Pirelli’, delimitata dalle vie Sormani, Unione, Piemonte e Veneto, sei favorevole ad un intervento che preveda, previa bonifica ambientale, esclusivamente l’insediamento di edilizia residenziale anche convenzionata, servizi privati e di interesse pubblico di carattere sociale, culturale e sportivo, esercizi commerciali di vicinato e una consistente dotazione di verde pubblico, superiore al 50% dell’area?”. “Il quesito non poteva essere secco e dire ‘no al supermercato’. Perché avrebbe lasciato troppa aleatorietà. Abbiamo previsto così un mix di funzioni, escludendo le attività industriali e i negozi di più di 250 metri quadrati” spiega Marazzini. I promotori erano consapevoli che raggiungere il quorum, circa 8mila persone, era difficile. Domenica 1° aprile, in serata, hanno diffuso un comunicato stampa: "Hanno votato 3.296 cittadini su 15.722 aventi diritto al voto. Una percentuale del 20,96% della quale i Sì sono 83,5% e i No il 15,7%. [,,,] riteniamo comunque di aver contribuito ad avviare un percorso di partecipazione alla vita civica locale che implica anche l’assunzione della responsabilità diretta nelle decisioni importanti, obiettivo principale di tutti i referendum comunali. Ci auguriamo che questa partecipazione continui e cresca, anche attraverso forme diverse, segnando un cambiamento nei rapporti tra i cittadini e i loro rappresentanti eletti".

Aggiornato lunedì 2 aprile, 11:34

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