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Un Paese inchiodato alla superficialità

Solo il 3,3% degli adulti italiani capisce fino in fondo ciò che legge. Un virus che allontana le persone da temi percepiti come difficili. Su tutti, l’ecologia. La rubrica di Paolo Pileri

Tratto da Altreconomia 194 — Giugno 2017
© Alan Levine

A giugno finisce la scuola. I ragazzi scendono le scale con una leggerezza che capita solo quel giorno. Anche l’aria fuori ha un profumo diverso: lo ricordo ancora. Ma dietro quel sollievo c’è qualche preoccupazione. Per il rapporto La lettura in Italia (ISTAT, 2016) siamo seduti su una bomba. Solo il 42% degli italiani con più di 6 anni ha letto almeno un libro in un anno. Appena il 13% ne legge uno al mese. Siamo ultimi tra i Paesi OCSE per capacità di capire quel poco che leggiamo: solo il 3,3% degli adulti (sopra i 16 anni) capisce fino in fondo un testo e ha solide competenze linguistiche. Questi dati non sono una novità per alcuni. La novità è che davanti a questa desolazione si tira dritto e si fa poco o nulla. Al più si minimizza o si promettono tablet, lavagne super elettroniche e un po’ di inglese. Dopodiché tutto scivola nel dimenticatoio. Questi dati invece sono molto seri e ci raccontano sia la nostra fragilità, sia perché alcuni temi ambientali non si radicano nell’interesse popolare. Se la lettura è un indicatore attendibile della generale capacità di capire le cose e domandare un futuro diverso, dobbiamo renderci conto che nel Paese molti, troppi, rischiano di essere pecore piegate alle usanze (don Lorenzo Milani): se poco si capisce, molto si subisce. Il virus dell’ignoranza ci morde le caviglie e tiene lontane le persone anche dai temi ambientali. Il fallimento nella tutela del suolo è probabilmente parente di tutto ciò. Come si fa a parlare di clima, suolo, ecologia o biodiversità e ottenere attenzione e mobilitazione se non abbiamo lettori e quei pochi pure arrancano? Un dramma che ci inchioda alla superficialità.

56,5%: gli italiani che non hanno letto nemmeno un libro in un anno secondo l’ISTAT. La non-lettura è una bomba sulla quale siamo seduti e che tiene alla larga le persone dalle politiche ambientali

Ma non finisce qui. Nei dati ISTAT si nascondono inedite disuguaglianze che hanno pure a che fare con la geografia politica e l’urbanistica dei nostri territori, tra centro e periferia. In Italia si legge più nelle città metropolitane (51%), meno nella prima periferia (42,8%) e poco nei comuni con meno di 2.000 abitanti (35,5%). A dramma si aggiunge dramma. Il Paese si divarica sempre più: grandi città da un lato, aree interne da tutt’altro. Le distanze culturali si legano a quelle territoriali. Tutto ciò non emerge o viene cacciato in un angolo come fosse polvere. La politica fa finta di niente, scappa e ci distrae con altro. Sa bene, anche se finge di non sapere, che scrivere leggi sulla tutela ambientale nell’età dell’ignoranza, come la chiama Fabrizio Tonello, significa moltiplicare lo slancio verso l’istruzione, far crescere la cultura libera e il pensiero critico, far diventare alcuni temi popolari strappandoli dalla nicchia in cui sono. C’è solo un investimento che tiene: quello sulla scuola. Non comprando tablet, ma dimostrando considerazione verso gli insegnanti e il loro ruolo. Servono maestri e professori motivati, che non si stancano, che insegnano ai ragazzi a usare liberamente la loro testa, a godere della lettura. Oggi invece piace l’anti-intellettualismo, e piace molto anche a quella politica che fa del mercato la sua religione e del compromesso la propria stella. In una società dove il privatismo ci ha inculcato che un martello vale più di una sinfonia, un coltello più di una poesia, una chiave inglese più di un quadro (Ordine, 2015) avremmo invece bisogno di ben altro: più risorse sull’istruzione e più politici che parlano con ammirazione di scuola, scolari e insegnanti. Solo con la scuola sei pienamente un cittadino, esci dalla periferia della società, getti solide basi per far attecchire anche politiche ambientali. Senza lettura, vacilla la democrazia. Senza scuola non siamo cittadini, ma ignoranti consumatori. Ma forse è così che ci vogliono: attenzione.

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