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Un museo a Capaci per coltivare la memoria viva della lotta alla mafia

Lo spazio immersivo del Museo Stazione 23 maggio © MuST23

MuST23 è ricavato all’interno della ex stazione del centro, il cui nome è ricordato per la strage del 23 maggio 1992 in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Lo gestiscono la cooperativa sociale Addiopizzo travel e l’associazione Capaci No Mafia

Dario Riccobono era un adolescente quando il 23 maggio 1992 un attentato uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo (anche lei magistrato) e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Riccobono è cresciuto a Capaci, il Comune siciliano divenuto tristemente famoso dopo quel giorno: la bomba mafiosa era piazzata -nel territorio di Isola delle Femmine- all’altezza dello svincolo per Capaci, lungo l’autostrada tra Palermo e l’aeroporto di Punta Raisi: “Sono stato tra i fondatori di Addiopizzo (il movimento nato nel 2004 da un gruppo di giovani che iniziarono ad attacchinare nel capoluogo siciliano adesivi con scritto ‘Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità’) e, quindi, di Addiopizzo Travel, cooperativa sociale e tour operator che propone turismo etico per chi dice no alla mafia”.

Ovviamente Capaci è una delle tappe del tour. “Ci siamo resi conto che anche lo studente più grande che incontravamo 33 anni fa non era nato, così abbiamo immaginato di poter utilizzare la tecnologia per far rivivere quelle ferite, necessarie per comprendere appieno che cosa è accaduto e anche per spiegare come mai abbiamo scelto questo cammino”.

Nel maggio del 2024, da questa intuizione, è nato MuST23, Museo stazione 23 maggio, uno spazio immersivo, ricavato nella ex stazione ferroviaria di Capaci, che permette di “viaggiare nel tempo, perché grazie alla realtà virtuale abbiamo ricreato l’autostrada allo svincolo di Capaci nei momenti dopo l’esplosione, per far provare l’emozione di trovarsi lì. Interagendo con alcuni oggetti si entra sulla scena, grazie a filmati d’epoca messi a disposizione dalla Rai, che è partner del progetto”.

La scelta dello spazio per la realizzazione del Museo è caduta sull’ex scalo merci di Capaci, abbandonato dopo la realizzazione di una nuova stazione, in centro. “La nostra idea è quella di mettere a disposizione della comunità uno spazio negato per anni. Dato che le risorse necessarie per recuperare l’immobile sono ingenti, il Museo nasce all’interno di alcuni container, ma l’idea è di continuare il percorso di rigenerazione trasformando tutto lo spazio, per farne anche un teatro, un cinema, uno spazio aperto ai più giovani, aprendo anche delle attività legate alla ristorazione”, spiega ancora Riccobono. Insieme ad Addiopizzo Travel, partner del progetto -che è stato finanziato dal ministero della Cultura con risorse della politica di coesione- è l’associazione Capaci No Mafia.

Le risorse pubbliche hanno garantito l’acquisto dei container e dell’attrezzatura tecnologica oltre al lavoro creativo per l’allestimento dello spazio. Il lavoro principale riguarda l’editing, il percorso di montaggio di un documentario che racconta la vita di Giovanni Falcone, fatto utilizzando materiale esistente.

“L’obiettivo è anche quello di raccontare i 33 anni che sono seguiti alla strage, nei quali il movimento Antimafia è diventato nazionale. Vogliamo restituire l’immagine di un territorio che ha dato tanto a questo percorso e non dev’essere conosciuto solo per una strage”. Nel frattempo, aggiunge Riccobono, il MuSt23 sta lavorando alla produzione di materiale inedito, “chiedendo a persone della zona di raccontare il proprio 23 maggio 1992. Questo lavoro di raccolta è importante, perché è già passato molto tempo e alcuni testimoni non ci sono più”.

Ad aprile 2025, l’editore Carlo Feltrinelli ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Capaci. Uno degli spazi di MuST23 è una libreria. “Capaci, 11mila abitanti, non ha una libreria da oltre trent’anni, perché -spiega Riccobono- non c’è un mercato che giustificherebbe tale iniziativa. Lui, però, ha deciso di investire qua, andando oltre a considerazioni di mero ordine economico. Siamo noi a gestire lo spazio, aperto a tutti e non solo ai visitatori del Museo”. Che, nel primo anno, sono stati circa 6mila.

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