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Un inverno al freddo e al buio. Chi ha interesse a lanciare (ora) l’allarme e perché


L’amministratore delegato dell’Enel,
Fulvio Conti (nella foto), ha lanciato l’allarme l’11 settembre: quest’inverno l’Italia rischia di rimanere al freddo e al buio. Perché? “Crescono i consumi, mancano le infrastrutture, aumentano i costi delle materie prime”. Imputato numero uno: il metano, da cui l’Italia dipende troppo per produrre calore ed elettricità. La situazione, secondo l’ad di Enel, è peggiore di quella dell’inverno 2005, quando il contrasto con l’Ucraina ridusse l’apporto di gas russo in Europa.

Cosa c’è dietro questo “improvviso” allarme?

di Pietro Raitano

L’allarme di Conti è stato raccolto dal ministro per le Infrastrutture Pierluigi Bersani, che oltre alle norme per rafforzare le importazioni (il gas che utilizziamo arriva praticamente tutto da Russia e Algeria) sta pensando a forme di sanzioni per quelle Regioni che ostacolano la costruzione degli impianti (gasdotti e rigassificatori, innanzitutto). Rimandiamo ai numerosi pezzi che nel corso degli anni abbiamo pubblicato su Altreconomia (e che si trovano nell’archivio pubblicato su questo sito), per i dati, le analisi e la descrizione degli scenari su questo argomento. Qui scriviamo però alcune considerazioni.

La prima è che suona quanto meno bizzarro parlare di emergenza, quando la penuria energetica è un problema che si ribadisce, puntuale, ogni anno. E’ indicativo anche notare che un allrme del genere, tutt’altro che imprevisto, venga lanciato a settembre per novembre. La risposta del ministro, poi, non fa altro che cavalcare la campagna mediatica allarmista. E’ vero, rischiamo il freddo e il buio. Ma lo sapevamo già: cosa è stato fatto per scongiurare il rischio?

I combustibili fossili sono destinati ad esaurirsi, e nel frattempo costeranno sempre di più, sarà più difficile recuperarli e saremo sempre più ostaggio dei governi che li controllano. Il caso dell’Eni in Kazakistan (di cui si parla proprio su questo sito) è emblematico. Non sono novità, ma verità conosciute da anni. Eppure le grandi aziende energetiche italiane non hanno fatto (e fanno ancora) altro che investire in fossili, lasciando al palo fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Nel frattempo hanno macinato utili che infrangono record ogni anno e inquinato il nostro Paese.

Il paradosso è che ci viene chiesto di sperare che l’effetto serra provochi un inverno mite (proprio nei giorni in cui a Roma va in scena la Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici). Ora che i veri costi dell’energia vengono a galla e che il sistema presenta il conto, si scaricano le responsabilità sulla collettività. Come sempre. Di ridurre i consumi neanche a parlarne: nessuna azienda vi chiederà mai di pagare meno in bolletta (cioè di ridurre i propri fatturati). Anche quando sappiamo bene che l’efficienza energetica garantisce consumi minori a parità di comfort.

L’Italia, viene ribadito in questi giorni, è prigioniera del metano. In effetti, il 51% dell’eletticità italiana è prodotta col gas. E’ tuttavia interessante notare che questa accusa sia fatta dall’Enel. Ne parliamo proprio sul numero di settembre: Enel ha puntato il suo piano industriale nazionale sul carbone (e quello internazionale sul nucleare), scatenando reazioni negative da molteplici fronti.

Puntare il dito sul metano per legittimare carbone e nucleare, questa è la vera minaccia per questo inverno.

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