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Un giorno in Senato, dove è a rischio la nostra anima


Alcuni lettori di Altreconomia ci hanno spedito questo scritto della senatrice Albertina Soliani (Ulivo). Ci sembra utile per riflettere, in questi tempi, su democrazia e politica, su ciò che in Parlamento potrebbe essere, e non è più (per molti). Ma anche per andare al di là delle cronache (interessate) dei quotidiani.


È venerdì 13 luglio 2007. Da poco è iniziata la seduta del mattino, si discutono e si votano gli emendamenti sull’ordinamento giudiziario dopo un gran lavoro in Commissione. Senza tempi contingentati, senza voto di fiducia. A maggior ragione ci si dovrebbe autoregolare, una comune assunzione di responsabilità. Quando la libertà è senza limiti, il limite è dato dalla responsabilità di ciascuno.

di Albertina Soliani

Interviene il sen. Gerardo D’Ambrosio. Evoca, pacatamente, l’impegno dei magistrati “indipendenti” per la salvezza della democrazia, e il prezzo pagato. Non l’avesse mai fatto. La Sen. Anna Cinzia Bonfrisco inveisce contro di lui scendendo nell’emiciclo, gli grida “assassino”, “criminale”, sostenuta dai colleghi della sua parte. Non è un normale confronto parlamentare, come vorrebbe la democrazia. Il popolo italiano ha eletto la sen. Bonfrisco ma anche il sen. D’Ambrosio. Egli è lì, con il suo diritto ad intervenire. Se offendi lui, offendi i suoi elettori, anzi il popolo italiano che egli rappresenta senza vincolo di mandato.

Vi è qualcosa di più grande delle tue opinioni, delle tue passioni, della tua storia, della tua valutazione sugli anni di Tangentopoli. Vi è la democrazia. Prima della tua parte politica viene la salvaguardia del terreno comune del confronto politico nell’Aula parlamentare. Che ha le sue regole. È il limite che non può essere valicato, pena lo scadimento della democrazia che tu vivi in Parlamento pro-tempore in nome del popolo italiano. Dopo il tuo passaggio in quell’Aula l’istituzione dovrebbe essere migliore, non peggiore di come l’hai trovata.

La sen. Bonfrisco poteva intervenire, se lo voleva. Il resto mette a rischio l’anima del Senato della Repubblica, la sua intelligenza, la sua moralità che presuppone innanzitutto il rispetto dell’altro.

È che gli anni berlusconiani dell’Italia non sono ancora passati, con il loro discredito nei confronti della magistratura. Ogni occasione è buona per riversare sul Paese, nelle piazze e nelle aule parlamentari, il rancore mai sopito. Senza rispetto per nessuno, senza autocontrollo. Senza argomentare, semplicemente insultando. Agendo d’impeto, senza la mediazione della ragione.

È a rischio l’anima di ciascuno di noi in questo esplodere incontrollato della parte non razionale di sé. E il rischio è innanzitutto per chi supera il limite.

Non è finita. Di fronte a ciò, di fronte alla sen. Bonfrisco e alla destra che inveisce, il sen. Goffredo Maria Bettini de L’Ulivo compie nei loro confronti un gesto inaccettabile in un’Aula parlamentare. Appunto, violenza chiama violenza, volgarità produce volgarità, all’istinto si risponde con l’istinto. Il maschilismo impera. E così la volgarità è bipartisan. Nessuno tiene più a freno se stesso. Nell’Aula del Senato anche l’anima della maggioranza è a rischio. Naturalmente la sen. Bonfrisco si è poi lamentata della mancata solidarietà delle donne del centrosinistra nei suoi confronti. Ben più ampia, ahimè, era la valanga messa in moto e ci travolgeva tutti.

Alcuni senatori del centrosinistra sono intervenuti per rendere giustizia al sen. D’Ambrosio e riportare tutti al buon senso. Brevemente, per non mettere a rischio l’agibilità dell’Aula e la prosecuzione dei lavori. Sfidati ad essere saggi e misurati, quanto più sconsiderata e senza misura era l’offensiva della destra. Una sfida morale e intellettuale, raccoglierla irrobustisce. Ma resta la tristezza nell’anima.



Alla ripresa pomeridiana altra pena. Vanno in scena i senatori a vita.

Io lo sapevo. L’opposizione nella sua semplificazione è assolutamente prevedibile.

Va in scena la contabilità della politica. Uno, due, tre voti fanno la differenza e tutto all’improvviso può cambiare in Italia. L’obiettivo del centrodestra è questo, da un anno: prevalere anche per un voto solo e così dare la spallata al Governo. Per questo obiettivo si passa sopra a tutto, sopra la Costituzione – del resto non è la prima volta -, ma anche sopra il rispetto e la dignità delle persone a partire dai più anziani. I Senatori a vita. Sbeffeggiati, scherniti, ingiuriati. Qui, veramente, ogni misura di sensibilità e moralità è travolta. E’ travolta anche la nostra anima.

Pensa l’opposizione che sarebbe un bene per il Paese se cadesse il Governo? Legittimo. Ma è legittimo, nello stesso tempo, che la sen. Rita Levi Montalcini pensi il contrario, e cioè che questo Governo faccia bene al Paese e che sia suo dovere civile dargli il proprio consenso. Soprattutto nei momenti difficili. E allora? Anche questo è il confronto parlamentare che non può essere delegittimato, pena la delegittimazione della stessa istituzione parlamentare così come è scritta in Costituzione.

Nell’attacco senza fondamento costituzionale ai senatori a vita, il più disgustoso è quello nei confronti di Rita Levi Montalcini, la più grande tra di noi. È una donna, la più fragile in apparenza, in realtà la più tenace e determinata. Ritenuta estranea alla battaglia di maschi robusti che tra loro si intendono. A colpi di emendamenti, bizantinismi procedurali, violente polemiche. Forse per loro la politica è solo questo. Se non sei di quel rito, sei fuori. Fuori “dalle palle”.

La sen. Rita Levi Montalcini soffre il disagio di un udito indebolito? Non le è consentito. Immagino come possono sentirsi gli italiani come lei. Non dovrebbe il Senato rappresentare anche in questo tutto il Paese? Anzi, la Presidenza del Senato dovrebbe tenere conto di ciò nel ritmo intenso delle votazioni, consentendo ai senatori come lei di poter esprimere il loro diritto al voto con serenità, avendo dato lustro all’Italia come nessuno, di quanti siedono in Senato, avrebbe potuto fare.

L’on. Ignazio La Russa più tardi è arrivato a dire: “Il Governo ha bisogno della Montalcini e non è dignitoso nemmeno per una delle persone più prestigiose d’Italia, andare lì, a votare, con una senatrice che gli fa da badante”.

Mi dispiace per l’on La Russa, ma è la cultura fascista che prende di mira i più deboli. Anche la sua anima ha perso il senso delle cose. Accecati al punto da mettere in discussione l’autonomia di una persona che si muove, alla sua età, da Pechino a New York, ricevuta con rispetto e ascoltata in tutto il mondo.

Ma che razza di consesso sta mai diventando il Senato del nostro Paese, se la persona diventa solo il suo voto, smarrendone tutto il suo valore?

Qui sta il punto politico. L’opposizione spera che i voti dei senatori a vita siano determinanti per gridare allo scandalo – ora, nel 1994 a loro vantaggio non era così -, ma nei momenti decisivi questo non accade. Non è accaduto neppure venerdì. Ma perché l’opposizione riduce tutta la politica e il suo dibattito ai 2 – 3 voti di scarto al Senato, non avendo altra proposta alternativa da mettere in campo? Perché si accusano i senatori a vita, quando la causa prima di questa situazione è, all’evidenza, la legge elettorale che l’opposizione ha voluto, congegnato e votato? Ecco perché la cosa più urgente da fare è cambiare la legge elettorale e firmare il referendum che ne provocherà il cambiamento. Per ridare moralità alla politica e dignità alle istituzioni.

Se non si riconosce la verità, tutto diventa inganno e menzogna. Dice Simone Weil che la moralità consiste nel rispetto della natura di ogni cosa. Questa moralità in Senato è messa a durissima prova.



In questa situazione, si è discusso a lungo dell’emendamento Manzione. Forse buono nel merito, ma non siamo in una situazione normale. Se brucia la casa, non accendi il fiammifero, porti l’acqua.

Non si può confondere la parte con il tutto. Se metto su un piatto della bilancia l’emendamento Manzione e dall’altro il cataclisma indotto da esso, non vi è neppure confronto. Certo, se si hanno a cuore le sorti del Governo e del Paese più delle proprie. Come dice la metafora, il battito delle ali di una farfalla in Cina può produrre un disastro in California.

In ogni caso altre sono le sedi in cui discutere della situazione politica o del Partito Democratico. Anche questo ha a che fare con la moralità delle scelte. La democrazia è separazione e distinzione: delle responsabilità, degli spazi, degli organismi, delle ragioni, dei soggetti e dei ruoli. Solo una superficiale interpretazione della globalizzazione può indurre a pensare che si discute di tutto, ovunque, allo stesso modo. Anche in modo strumentale.

Concentrarsi sull’essenziale, questo è il dovere. Questa è la libertà, questa è la responsbailità. Davvero in Senato l’anima di ciascuno di noi è a rischio.



Infine, la reazione di noi senatori dell’Unione. La nostra scelta morale è chiara: servire il Popolo Italiano, concludere l’iter delle leggi, rispondere con la razionalità all’irrazionalità. Diversi sono gli stili e le figure retoriche nell’arengo, non sempre l’invettiva è la più adatta. Ma spesso sarebbe d’obbligo.

Sono stata nell’Aula del Senato nella scorsa legislatura, ho vissuto l’immoralità di quel contesto, la rozzezza, l’inganno, la banalità, la strumentalità eletti a ragione politica. Noi dell’opposizione reagivamo, dopo una prima stagione di incredulità e sgomento. La nostra anima era a rischio, eravamo trascinati in basso, senza scampo. Costretti a scendere su un terreno che non era il nostro. Si doveva resistere.

In questo primo anno dell’attuale legislatura è come se l’Unione si fosse data un limite invalicabile. È quello della responsabilità verso il Governo, verso il Paese. Questa è la moralità dell’Unione in Senato, la cifra della responsabilità che oggi è rara.

Attenti a tutto, ci autolimitiamo. Ci sono momenti in cui ho l’impressione che viviamo come una specie di sindrome di Stoccolma. Viviamo come se fossimo in una situazione normale. Non lo è. Oppure cerchiamo di evadere dal contesto facendo altro: si telefona, si scappa a fumare, si rischia su una manciata di secondi. È tale la durezza della vita che cerchi di sopravvivere. Ben altra tensione morale ed intellettuale dovrebbe invece sostenerci, ogni giorno. Senza cercare capri espiatori – il Governo, gli alleati –, consapevoli che qui ed ora la nostra anima si salva non solo se resiste ma se dà voce incessantemente all’Italia migliore. Con coraggio, con serietà, con dignità. Se trasforma il livello minimalista, contabile e inutilmente liquidatorio imposto dall’opposizione, nella spinta morale e culturale che deve rappresentare nell’Aula del Senato il volto in cui gli italiani vorrebbero riconoscersi: la capacità e il gusto di raccogliere le sfide, la passione ideale per vincerle. Se no è la stessa anima del Paese che rischia di perdersi.

Chissà che cosa passa nell’animo dei senatori dell’Unione in un giorno come questo.

Guardo il sen. Antonio Boccia, che, come un direttore d’orchestra, o come un domatore, guida i nostri lavori d’Aula. Il più esposto, il più a rischio nella tenuta della sua anima. Talvolta a causa dei suoi, oltre che degli avversari.

Guardo Anna Finocchiaro. Ferma, assorta nel suo silenzio mediterraneo. Al di là del bene e del male. Parla solo quando è necessario e allora scendono tra i banchi del Senato, come un balsamo, il valore della parola e la forza del pensiero. Contro l’arroganza, la banalità, la strumentalità delle voci che strepitano. E il Senato respira.



Ecco un giorno al Senato, un giorno qualsiasi.

La sera attraversando l’Appennino in treno per tornare a casa pensavo che questo è un costo troppo alto della politica. Sbrighiamoci ad abbassare i costi finanziari, ad annullare i nostri privilegi perché ci attende subito un altro grande compito. Per la maggiornaza e per l’opposizione. Insieme. Restituire al Parlamento la dignità, la cultura, la forza morale, la misura di cui ha bisogno. Perché l’Italia ne ha bisogno. Perché la democrazia viva, non declini.
Albertina Soliani

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