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Ambiente

Un freno alle ricerche di idrocarburi nel canale di Sicilia

Parere negativo del ministero dell’Ambiente che boccia il progetto di una società australiana, Audax Energy, prospezioni attraverso esplosioni di aria compressa, che avrebbero compromesso la biodiversità dei fondali marini nei pressi del Parco nazionale di Pantelleria, nell’ambito del permesso di ricerca "D364 CR-AX"

La biodiversità del Canale di Sicilia può tirare un sospiro di sollievo. Almeno per il momento. Infatti, la Commissione tecnica di Verifica d’impatto ambientale, del ministero dell’Ambiente e della tutela e del territorio e del mare, ha espresso parere negativo di compatibilità ambientale per un progetto relativo a “rilievi sismici nel costituendo permesso di ricerca idrocarburi D364 CR-AX” della Audax Energy srl.
La società australiana, con sede italiana a Roma, si è vista così negare la possibilità di effettuare ispezioni sismiche con tecnica “air-gun” finalizzata a ricerche di idrocarburi -ovvero continue esplosioni di aria compressa sui fondali marini- nei pressi del Parco nazionale di Pantelleria.
Le motivazioni di diniego, messe nero su bianco dai tecnici del ministero dell’Ambiente, hanno evidenziato come gran parte della documentazione a supporto del progetto trasmessa dalla Audax Energy srl è risultata “frammentaria ed incompleta”. Gravi mancanze che non hanno consentito l’effettiva valutazione dell’impatto sull’ecosistema della zona di mare interessata, vasta 654,4 chilometri quadrati. Quello che, del resto, è stato denunciato più volte dalle numerose associazioni, cittadini ed amministrazioni comunali con dettagliate osservazioni alla Valutazione d’Impatto Ambientale. Una prima vittoria, significativa, per il movimento no trivelle italiano.
Il perimetro del permesso di ricerca “D364 CR-AX”, pur non ricadente in zone costiere facenti parte di aree naturali protette ed archeologiche soggette a particolari misure di salvaguardia -come citato nella relazione di contrarietà del ministero dell’Ambiente- è stato ritenuto comunque incompatibile, per la presenza di “varie specie marine protette del Mediterraneo e stock ittici di particolare importanza commerciale”, nonché con “la costruzione di un micro-sistema che sviluppa rapporti ecosistemici ed una biodiversità unica e non replicabile”.
 La speranza è che i vincoli riconosciuti possano portare a una bocciatura definitiva, anche perché la prospettata possibilità -avanzata da alcuni enti locali in via informale- di inserire, magari, l’area “di competenza Audax Energy srl,  all’interno dell’istituenda Area marina protetta di Pantelleria (legge n.394, 6 dicembre 1991, Gazzetta Ufficiale n.279 del 30 novembre 2007), distante oltre dodici miglia, risulterebbe vana, per effetto del decreto sulle “liberalizzazioni”.
L’articolo 17 del disegno di legge del Governo Monti, infatti, prevede la modifica dell’articolo 6, comma 17 del decreto legislativo n.152 del 3 aprile 2006, con la postilla “nel caso di istituzione di nuova area protetta restano efficaci i titoli abilitativi già rilasciati”. Questo significa che i permessi di ricerca di idrocarburi in mare autorizzati precedente alla perimetrazione di un’area protetta hanno la priorità. Lo scenario futuro italiano potrebbe essere quello di avere trivellazioni in aree marine da salvaguardare. Un vero e proprio paradosso, riguardante anche “proroghe e rilascio delle concessioni conseguenti a un rinvenimento in un permesso di ricerca già rilasciato”.
La tutela del paesaggio, in terra e in mare, al cospetto delle compagnie petrolifere perde sempre.

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