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Ambiente / Opinioni

Tutti gli errori sul gas, da Baku al TAP

A vent’anni dal "Contratto del Secolo" per lo sfruttamento dei giacimenti azeri, che ha portato alla costruzione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, che oggi funziona a capacità ridotta, il governo dell’Azerbaijan rilancia con il Corridoio Sud del gas, un progetto che riguarda anche l’Italia, e in particolare il Salento. Dove continua la protesta intorno al progetto di una Trans Adriatic Pipeline

È passata quasi inosservata la “cerimonia solenne” organizzata dal governo dell’Azerbaijan per celebrare il 20esimo anniversario del "Contratto del Secolo", l’accordo economico siglato da Baku con un 11 multinazionali petrolifere, capeggiate dalla britannica BP, che ha sancito il sostegno occidentale all’allora giovane autocrazia degli Aliyev.
L’intesa riguardava lo sfruttamento dei giacimenti di Azeri, Chirag e Gunashli (ACG), per un totale di sei miliardi di barili di petrolio, e la costruzione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, opera “strategica” per trasportare il petrolio del Caspio verso i mercati occidentali fuori dalla sfera di influenza sovietica.

Un affare colossale, che a venti anni dalla sua firma già mostra tutti i limiti economici, finanziari, ma anche quelli sociali di un progetto che non si sarebbe realizzato senza l’enorme sostegno economico e politico dei governi dell’Unione europea e degli Stati Uniti.
Inaugurato nel 2005, da diversi anni il BTC funziona a capacità ridotta. Chi conosce bene il progetto dice che il petrolio dell’Azerbaijan sta finendo, e per questo già in tempi non sospetti il governo Aliyev firmò un memorandum con il Kazakistan per assicurarsi il trasporto del petrolio kazako attraverso il BTC, in particolare quello del tanto decantato giacimento di Kashagan. “Giacimento” il cui sfruttamento è però in ritardo di sei anni sulla tabella di marcia, cosa che sta comportando costi a dir poco esorbitanti. Indagini anti corruzione permettendo, Kashagan dovrebbe iniziare a produrre appena il prossimo anno, ma Azerbaijan e Kazakistan non hanno mai raggiunto un accordo sulla costruzione dell’oleodotto Trans Caspio, che doveva collegare la costa kazaka con il terminal di Baku. Lasciando così il BTC all’asciutto.

Una vecchia storia dalle tinte fosche, che il presidente azero Ilham Aliyev ha preferito tralasciare nel discorso che ha tenuto a Baku sabato 20 settembre, di fronte ai rappresentanti dei diversi governi oggi coinvolti nel “nuovo” grande progetto del secolo: la costruzione del Corridoio Sud del gas, un mega tubo che dovrebbe collegare Baku al mercato europeo. Questa volta per trasportare gas, l’oro azzurro del futuro, che l’Azerbaijan si appresta ad esplorare.
Come per il BTC, anche il Corridoio Sud del gas non è un progetto economicamente sostenibile. Lo affermano gli analisti e lo sanno i governi e le istituzioni pubbliche come la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) e la Banca europea degli investimenti (BEI), che hanno però mostrato “interesse” a finanziarlo.
Secondo la Commissione europea “va fatto perché serve a completare il mercato europeo del gas”, senza badare a spese (si parla di oltre 45 miliardi di euro solo per la tratta turca, il TANAP, ndr).

In Italia, è servito un Consiglio dei Ministri, convocato in tutta fretta il 12 settembre, per sbloccare l’autorizzazione di compatibilità ambientale del gasdotto TAP, la Trans Adriatic Pipeline, la parte del Corridoio Sud del gas che tocca il nostro Paese e l’opera energetica più grande che il governo si appresti a costruire in nome della “sicurezza energetica” europea.
Una forzatura bella e buona da parte del governo Renzi, per mettere a tacere il parere negativo del ministero dei Beni culturali, e superare il blocco politico delle amministrazioni comunali del Salento, arrivate a manifestare in fascia tricolore alla Fiera del Levante di Bari in occasione dell’ultima visita del premier. Ma anche per permettere all’Italia di andare a Baku, il 20 settembre, avendo fatto “i compiti a casa”.

La verità di cui a Baku non si è tenuto conto è che il progetto è ancora lontano dall’avere superato ostacoli importanti, non da ultimo l’autorizzazione unica – per cui serve l’accordo della Regione Puglia – e i ricorsi che il comitato No TAP e le amministrazioni locali hanno promesso per contestare una procedura di VIA a loro avviso non valida.
Parlano chiaro anche le 58 prescrizioni del Ministero dell’ambiente, che evidenziano persistenti lacune nel progetto in merito ad aspetti fondamentali, e su cui hanno insistito per anni le associazioni e le amministrazioni salentine.

La situazione intanto è sempre più tesa in Azerbaijan, dove si conterebbero 100 prigionieri politici tra giornalisti, blogger, avvocati e difensori dei diritti umani, come denunciato da Turgut Gambar del movimento civico N!DA, presente a Roma il 17 settembre su invito dell’associazione Re:Common e di Amnesty International (leggi qui l’intervista).
Secondo l’Accordo di Lisbona, alla base dell’Unione Europea, il rispetto dei diritti umani è uno degli obiettivi orizzontali dell’Unione nel suo operare fuori dai propri confini. Forse qualcuno deve ricordarlo al governo Renzi, ora che l’Italia sta alla Presidenza dell’Unione Europea, e che il TAP calpesta proprio questi diritti.

* Re:Common, www.recommon.org

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