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Economia / Attualità

In Trentino l’economia è circolare e sociale con le arance di Rosarno

Tre realtà della Vallagarina trasformano gli agrumi bio coltivati in Calabria nel rispetto dei lavoratori. Le bucce diventano i canditi di uno dei migliori panettoni d’Italia, la polpa invece è usata per produrre bibite di una “Comunità Frizzante”

Tratto da Altreconomia 225 — Aprile 2020
I ragazzi della “Comunità Frizzante” al lavoro sbucciando cetrioli © Archivio Comunità Frizzante

L’aranciata della Vallagarina, in Trentino, è fatta usando il succo spremuto da frutti raccolti in Calabria, nel rispetto dei diritti. Gli agrumi sono coltivati in regime di agricoltura biologica da produttori associati alla cooperativa Sos Rosarno, che assumono regolarmente la manodopera impiegata nella raccolta, per oltre il 50% immigrata, e destinano una quota del prezzo dei prodotti a finanziare l’attività di realtà che promuovono i diritti dei lavoratori delle campagne. L’aranciata della Vallagarina è un prodotto di economia circolare, sociale e solidale, che coinvolge tre realtà del territorio: la Comunità Frizzante, che ha creato il prodotto, il laboratorio di formazione al lavoro Mas de Gnac, della Cooperativa Gruppo 78, che ne cura la trasformazione, il Panificio Moderno, dal cui laboratorio esce tutta la polpa d’arancia. Per comprendere questo progetto infatti dobbiamo fare un salto in avanti di qualche mese, fino al novembre del 2020, ed entrare nel laboratorio di pasticceria del panificio, a Isera (TN).

In questo stabilimento del 1926 che affaccia sul fiume Adige si produce uno dei migliori panettoni artigianali d’Italia. La qualità del prodotto è frutto di una scelta accurata di tutte le materie prime, e i canditi sono fatti con le arance di Sos Rosarno. “Panificio Moderno va ad approfondire tutte le materie prime che utilizziamo, e laddove è possibile sceglie di avvicinarsi il più possibile alla parte agricola” racconta Matteo Piffer, 35 anni, che con il fratello Ivan guida l’azienda avviata dai genitori alla fine degli anni Ottanta. “La scelta dei fornitori non la faccio guardando solo a una tabella Excel, al costo degli input e all’incidenza sul prezzo finale del prodotto, ma uso una tabella emotiva, che valuta l’impatto ambientale, sociale, economico e culturale. A quel punto, se il prodotto è buono guardo anche il prezzo, e se non è inaccessibile lo acquisto -spiega Piffer-. Per quanto riguarda i canditi, nessuno tra i fornitori convenzionali aveva risposte alle nostre domande: “Da dove viene la frutta? chi la trasforma? e come?”, e di fronte a questo limite abbiamo fatto due passi”. Il primo è garantire la filiera, il secondo è autoprodurre. Alcuni dipendenti hanno partecipato a corsi per iniziare a produrre canditi. A Sos Rosarno, il Panificio Moderno è arrivato grazie ad alcuni amici che fanno parte di un gruppo d’acquisto solidale (Gas) e utilizzavano a casa i loro prodotti.

30 i quintali di arance provenienti dalla cooperativa Sos Rosarno e destinate al Panificio Moderno di Isera (TN)

Una bottiglia di Most-OH, una bibita frizzante a base di succo di uve locali e sciroppo di sambuco. © Archivio Comunità Frizzante

Torniamo alla primavera 2020: al Panificio Moderno sono arrivati circa 30 quintali di arance, la buccia diventa il candito che in autunno decorerà i panettoni. E la polpa? “Nell’autunno del 2019, dopo cinque anni di contatti telefonici, abbiamo finalmente conosciuto Peppe Pugliese di Sos Rosarno. Era stato invitato a un incontro della Comunità Frizzante”, racconta Piffer. Il secondo attore della filiera è, appunto, Comunità Frizzante. Il dna di questa rete, di cui fanno parte anche il Comune ed il Museo civico di Rovereto (TN), la Comunità della Vallagarina, il centro studi Euricse oltre ad azienda agricole, cooperative sociali e collettivi del territorio e non solo, è “fare bevande per fare comunità”.

“Abbiamo vinto un bando della Fondazione CARITRO (Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto) nell’ambito del progetto ‘welfare a km0’. Il capofila è un’associazione che si chiama ‘Brave New Alps’ che si occupa di design e partecipazione. Noi usiamo la produzione di bevande come pretesto: ogni passaggio, da quello per immaginare un nuovo prodotto al pensare che cosa (frutta, essenze) andare a raccogliere, dalla scelta del nome alla produzione, è partecipato, realizzato nell’ambito di momenti di incontro, in alcuni casi aperti anche al pubblico esterno” racconta Carlo Bettinelli, 31 anni. Ha studiato Agraria a Bologna e Agroecologia in Olanda, ed è l’animatore tecnico-culturale del progetto. Si occupa della produzione delle bibite gassate, delle ricette, ma anche di organizzare i “laboratori dell’alchimista”, per sperimentare gusti e profumi del territorio.

L’uva destinata alla trasformazione in succo. Alla base del Most-OH. © Archivio Comunità Frizzante

Nel progetto le realtà trentine hanno coinvolto anche tre realtà inglesi, Square Root Soda, Cube-Cola e Company Drinks: “In Italia si pensa che la produzione di bibite gassate sia appannaggio di grandi gruppi multinazionali, e legate a ricette protette dal segreto industriale. In Inghilterra c’è un movimento di produttori artigianali, più o meno grandi, che basano il loro successo anche su ricette open source, accessibili e replicabili. Presso Square Root Soda abbiamo seguito un corso di formazione”. Il progetto Comunità Frizzante è partito nel gennaio del 2019, ed il finanziamento di CARITRO dura tre anni. Le prime bottiglie sono state vendute a dicembre dello scorso anno. “Abbiamo iniziato con la Ciacola, una cola realizzata con oli essenziali bio (limone, lime, cannella, noce moscata, tra gli altri) e zucchero di canna biologico, anche se spero di poter arrivare ad utilizzare zucchero di barbabietola italiano” ricorda Bettinelli. Ne sono state prodotte, fino a metà marzo, circa 4mila bottiglie da 275 ml, vendute nei bar e nei ristoranti del territorio. A febbraio 2019, invece, è stata presentata “Most-OH”, le prime 1.600 bottiglie di una bibita a base di succo di uva (marzemino e schiava) e sciroppo di sambuco. “Frutta e bacche raccolte insieme agli utenti di una cooperativa sociale” spiega Bettinelli.

Il nome era stato annunciato a novembre, al termine di un laboratorio partecipato. Quello che avrebbe dovuto scegliere il nome dell’aranciata, a fine febbraio 2020, è stato posticipato per l’emergenza Coronavirus. La ricetta della bibita, però, è stata messa a punto: “Sarà un succo di arancia, il più puro possibile” dice Bettinelli. In ogni caso l’elenco degli ingredienti, trasparente, è stampato su ogni etichetta. La trasformazione delle bibite avviene all’interno del laboratorio al Mas del Gnac, a Isera: è la sede del Progetto TESEO della Cooperativa sociale Gruppo 78. “È uno dei partner della rete, e mette a disposizione il suo laboratorio di trasformazione. Non è l’unico: il Comune di Rovereto ci garantisce un ufficio, mentre il Museo civico un botanico che ha aiutato a censire le botaniche della Vallagarina (una quarantina, in tutto)” sottolinea Bettinelli. “Promuoviamo l’integrazione sociale, offrendo servizi a persone in situazione di marginalità, fragilità. Il progetto TESEO si occupa di formazione al lavoro -racconta Alessia Creazzi, che coordina il servizio al Mas del Gnac-. Dagli anni Novanta abbiamo scelto di trasformare prodotti biologici, un’attività che vogliamo connessa con il territorio. Nel 2016 abbiamo cominciato a coltivare la canapa in via sperimentale, e nel 2017 abbiamo aperto un laboratorio di trasformazione per semi oleosi e farine, comprando un mulino”.

Il laboratorio di Mas del Gnac è aperto alle relazioni. Oltre a quella con Comunità frizzante, legata alla produzione delle bibite, dal 2020 la cooperativa si occupa della trasformazione di una parte dei canditi che serviranno in autunno al Panificio Moderno. L’azienda della famiglia Piffer ed il Gruppo 78 sono partner anche in un altro progetto che valorizza il territorio, per la produzione del “pane comunale di Isera”, pagnotte tonde e grandi dal peso di un chilo e mezzo. La farina arriva dai campi di Simone Frisinghelli, che conduce l’unica stalla ancora presente nel comune di Isera, e affianca alla zootecnia la coltivazione di verdure biologiche e cereali. A 600 metri sul livello del mare produce grano tenero di tipo Bologna. Mas del Gnac si occupa di essiccare e macina il grano. “Il ‘pane comunale’ lo facciamo una volta a settimana -dice Matteo Piffer-. Per questo primavera 2020 avevamo disponibili circa 10 quintali di farina, se ne ricavano circa 150 chili di pane a settimana”. Il pane di Isera costa 7,20 euro al chilogrammo. La farina ne vale 2,50: filiera corta che sostiene l’agricoltura contadina. Ogni pagnotta rappresenta quattro metri quadrati di campo coltivato a grano tenero con metodo bio, due ore di una persona inserita in un percorso di avvicinamento al lavoro e 16 anni di esperienza dei mastri panificatori nella gestione della pasta madre e della lievitazione naturale.

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