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La trasparenza possibile: che cos’è e come funziona il diritto d’accesso

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Ciascun cittadino può richiedere agli enti pubblici dati che questi sono tenuti a rendere noti: da due anni una possibilità alla portata di tutti. Ecco il manuale, con la prefazione di Raffaele Cantone, che spiega l’utilizzo dell’accesso civico

Tratto da Altreconomia 212 — Febbraio 2019

Quando non si trovano online i dati che gli enti pubblici devono rendere noti per legge, è diritto di tutti richiederli. Questo strumento si chiama “accesso civico semplice”: è un istituto fondato sul diritto all’accessibilità totale alle informazioni che dovrebbe limitarsi a casi di emergenza, ma che più frequentemente del dovuto finisce per divenire di ordinaria amministrazione, visto che sono ancora molti i dati formalmente obbligatori che risultano invece lacunosi o assenti. Tramite questo strumento ciascuno di noi può presentare gratuitamente un’istanza per chiedere la “luce dei dati”, qualora se ne interrompa il flusso messo a disposizione dagli enti. Basta inviare una semplice e-mail all’ufficio che dispone di quei dati o quello competente in materia.

Da dicembre 2016, grazie a una forte spinta dal basso portata avanti da diverse realtà associative, riunite sotto l’ombrello dell’iniziativa Foia4Italy, abbiamo ancora un ulteriore strumento utile a “illuminare”. Qualcosa di potenzialmente rivoluzionario, capace di rovesciare, almeno negli intenti, la prospettiva fin qui dominante: la possibilità, per ciascun cittadino e senza ledere diritti di eventuali controinteressati, di richiedere trasparenza aggiuntiva. L’“accesso civico generalizzato” (o “accesso FOIA”) è quell’istituto che, simile a una torcia orientata verso gli angoli più bui della cosa pubblica, ci consente finalmente di richiedere specifici dati oltre a quelli che già le amministrazioni sono obbligate a pubblicare online.

Uno strumento da attivare quando riteniamo di non avere elementi sufficienti, con la sola “ordinaria amministrazione trasparente”, a capire quello che sta avvenendo nella gestione degli affari pubblici. Gli enti cioè, dietro la sollecitazione dei cittadini, non possono che reagire alla richiesta generando ancora “più luce”, rilasciando ulteriori informazioni in loro possesso oltre a quelle obbligatorie, per garantire piena conoscibilità a una certa realtà o area di attività pubblica. Valgono qui gli stessi tempi dell’accesso civico semplice. Significa che l’ente ha 30 giorni, dalla presentazione della tua istanza, per chiudere il procedimento fornendo una risposta. Attenzione però: la legge non consente di chiedere dati in forma generica. Anche nel caso di un accesso generalizzato si possono richiedere solamente dati già esistenti, che non comportino come aggravio per i funzionari pubblici la produzione di un documento specifico.

Ci sono diversi limiti all’esercizio di questo diritto, molti dei quali emergeranno probabilmente solo provando a farlo vivere, magari procedendo per tentativi, errori, ricorsi. Una certezza però c’è già: se non si cominciano a sperimentare queste pratiche, per quanto consci dei loro limiti, sarà impossibile far emergere le loro incongruenze sostanziali. Resteranno solo quelle fumose diatribe tra esperti per l’interpretazione divergente delle norme che sono il pane quotidiano di avvocati ed esperti di diritto.

Questa pagina è tratta da “La trasparenza (im)possibile. Tutto quello che c’è da sapere sul diritto d’accesso in Italia”, il vademecum curato da Avviso Pubblico in vendita in formato digitale su altreconomia.it a 4,99 euro

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