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Il mondo non smette di armarsi. Dagli Stati Uniti all’Iraq

Nell’ultimo quinquennio, il volume dei trasferimenti di armi è cresciuto del 7,8% rispetto al periodo 2009-2013 e del 23% rispetto al 2004-2008. A trainare l’incremento è il Medio Oriente. Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Cina sono i principali esportatori. L’Italia rallenta ma si afferma nel mercato turco. In testa agli importatori, invece, si conferma l’Arabia Saudita. Sconvolge il dato dell’Iraq, in netta crescita rispetto al passato. La fotografia scattata dall’istituto di ricerca indipendente SIPRI

© Xulong Liu - Unsplash

Negli ultimi cinque anni il mondo non ha smesso di armarsi. Lo dimostra il volume dei trasferimenti di armi monitorato dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI, sipri.org) e pubblicato come database l’11 marzo. Nell’ultimo quinquennio, infatti, i dati relativi agli “international transfers of major arms” hanno fatto registrare un incremento del 7,8% rispetto al periodo 2009-2013 e del 23% rispetto al 2004-2008.

I principali importatori d’armi per Regione, confronto 2014-18 e 2009-13.
Nota: Il SIPRI trend indicator value (TIV) è una misura del volume dei trasferimenti internazionali delle principali armi. Il metodo di calcolo del SIPRI TIV è descritto nella pagina web della banca dati dei trasferimenti di armi.
Fonte: SIPRI Arms Transfers Database, marzo 2019

I cinque principali esportatori sono Stati Uniti (che rappresentano il 36% del totale), Russia (21%), Francia (6,8%), Germania (6,4%) e Cina (5,2%). Da soli, i “big five” assorbono il 75% dell’export mondiale. Sono gli stessi del 2009-2013 ma con dinamiche diverse. USA, Francia e Germania crescono sensibilmente, rispettivamente di 29, 43 e 13 punti. Mentre la Cina rimane stabile (+2,7%) e la Russia perde terreno (-17%). La geografia degli esportatori di armi conferma lo strapotere di Nord America ed Europa: è da queste aree del Pianeta, infatti, che deriva l’87% dell’export analizzato dal SIPRI.

I principali esportatori d’armi e i loro “clienti”. Confronto tra periodo 2009-2013 e 2014-2018. Fonte: SIPRI Arms Transfers Database, marzo 2019

Alla voce dei primi cinque “importatori”, invece, spiccano soprattutto Paesi “problematici” come Arabia Saudita (12%), India (9,5%), Egitto (5,1%), Australia (4,6%) e Algeria (4,4%). La prima è letteralmente esplosa negli acquisti: +192% rispetto al 2009-2013, rifornita da Stati Uniti (in 7 casi su 10), Regno Unito e Francia. Stessa sorte per l’Egitto, +206%, armato da Francia (oltre un terzo del totale), Russia e Stati Uniti. Il nostro Paese è al 20esimo posto tra gli importatori, in crescita sensibile (+162%). I fornitori dell’Italia sono Stati Uniti -in posizione dominante, con il 59% della quota-, Germania e Israele.

I principali importatori d’armi e i loro “fornitori”. Confronto tra periodo 2009-2013 e 2014-2018. Fonte: SIPRI Arms Transfers Database, marzo 2019

Gli Stati Uniti continuano a mantenere una posizione dominante nel settore e sempre più rivolta al Medio Oriente. Il 52% dell’export USA, infatti, interessa quell’area, con un tasso di crescita rispetto al 2009-2013 del 134%. Il primo cliente statunitense -mostrano i dati curati dall’istituto di ricerca indipendente- è l’Arabia Saudita (per il 22% del totale). Il secondo, decisamente più staccato, è l’Australia (7,8%). Tra i Paesi dove gli affari sono cresciuti si possono trovare Israele, Taiwan e Qatar.

La tipologia d’arma statunitense più quotata resta l’aereo da combattimento (53%), prodotto che “continuerà ad essere la voce principale per le esportazioni USA nel prossimo futuro”, scrivono i curatori del report, tra i quali c’è anche Aude Fleurant, direttrice del programma sui trasferimenti d’arma del SIPRI che abbiamo intervistato nel giugno 2018. Nel 2014-2018 sarebbero stati consegnati 255 aerei da combattimento avanzato a beneficio di 14 Paesi. A fine 2018 gli ordini ammontano ad altri 891 velivoli. Giappone, Belgio e Slovacchia in testa.

Dietro gli Stati Uniti c’è la Russia, come detto in andamento decrescente rispetto al quinquennio precedente a causa in particolare della contrazione degli acquisti da parte di India (-42% rispetto al 2009-2013) e Venezuela (-96%). Accanto all’India, che comunque si conferma primo destinatario, ci sono Cina e Algeria. In Medio Oriente, invece, Egitto (con il 46%) e Iraq (36%) sono i “clienti” di riferimento per Mosca, con tassi di crescita impressionanti sempre nel confronto tra 2009-2013 e 2014-2018: +780% l’Iraq e +150% l’Egitto.

Il Medio Oriente è un cliente determinante anche per l’Europa, rappresentata da cinque Paesi capofila come Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Italia. Parigi ha visto infatti crescere gli affari in quell’area del 261% tra 2009-2013 e 2014-2018, Berlino del 125, Londra del 75 e Roma del 30%. Il primo acquirente per la Francia è l’Egitto (28%), per la Germania è invece la Corea del Sud (19), per il Regno Unito è l’Arabia Saudita (dominante con il 44% delle esportazioni complessive), per la Spagna è l’Australia (42) mentre per il nostro Paese -in flessione complessivamente rispetto al quinquennio precedente di quasi 7 punti- è la Turchia (15%), seguita da Algeria e Israele.

Oltre a essere importatore, la Turchia, insieme alla Corea del Sud (+94%), ha fatto registrare una crescita decisamente marcata anche nell’export (+170%), affacciandosi sul mercato degli Emirati Arabi Uniti, Turkmenistan e Arabia Saudita.

Poi c’è l’Africa. Rispetto al 2009-2013, stando al SIPRI, le importazioni d’arma nel continente sarebbero diminuite del 6,5%. Il primo Paese come trasferimenti resta l’Algeria (56% del totale, armata soprattutto dalla Russia), seguita da Marocco (rifornito da Stati Uniti e Francia) e Nigeria (da Russia, Cina e in piccola parte dagli USA). Quattro Paesi del Nord Africa -sostiene il SIPRI- rappresentano il 75% delle importazioni. Si tratta di Algeria, Libia, Marocco e Tunisia. E in questo contesto invece l’import è aumentato di 25 punti. In Africa Sub-Sahariana -dove i principali acquirenti sono Nigeria, Angola, Sudan, Camerun e Senegal- il volume è crollato del 45%.

Differenze di scenario che si ritrovano anche nel confronto tra Iraq e Siria, Paesi interessati da conflitti devastanti. Nel 2014-2018 l’Iraq si ritrova all’ottavo posto della classifica degli importatori, facendo registrare, tra acquisti di aerei ed elicotteri, una crescita dei trasferimenti -in particolare da Stati Uniti, Russia e Corea del Sud- del 140% circa. In Siria invece il quadro è diametralmente opposto: tra 2009-2013 e 2014-2018 le importazioni sono diminuite dell’87%. Ed è cambiata anche la tipologia di fornitura. “Nel 2009-13 -spiegano gli autori del Database del SIPRI- la Russia ha fornito alla Siria sistemi di difesa aerea e missili antinave di alto valore, nel 2014-18 ha fornito soprattutto armi di basso valore tipo veicoli corazzati di seconda mano”. Buona notizia? No. Nel 2018, infatti, la Russia ha “consegnato tre sistemi di difesa aerea a lungo raggio alla Siria, la prima esportazione di armi di valore elevato verso questo Paese dal 2013”.


A proposito di droni

Il numero di Paesi che importano e utilizzano veicoli aerei da combattimento senza pilota (UCAV) -velivoli armati telecomandati o droni armati- continua ad aumentare nel 2014-18. La Cina è diventata il principale esportatore. Nel 2009-2013 ne aveva esportati 10 in 2 Paesi. Nel 2014-18, invece, ne ha esportati 153 in 13 Paesi, di cui 5 in Medio Oriente: Egitto, Iraq, Giordania, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Al contrario, gli Stati Uniti hanno consegnato tre UCAV nel 2009-13 e cinque nel 2014-18. In entrambi i periodi -informa il SIPRI- tutte le consegne sono state effettuate nel Regno Unito. L’Iran ha consegnato 10 droni armati alla Siria nel 2014-18.
“Nonostante l’aumento delle esportazioni di UCAV nel 2014-18 -conclude il SIPRI- i trasferimenti di tali sistemi hanno rappresentato meno dello 0,4% del totale dei trasferimenti di armi nel periodo considerato”.

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