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Diritti

Tortura, una legge sbagliata

Il Senato approva un testo che la qualifica come reato comune e non come reato specifico del pubblico ufficiale. Così si vanifica la sua utilità a fini di prevenzione. Un cedimento alle pretese dei vertici delle forze dell’ordine, da sempre ostili al provvedimento. E la tortura è tale solo se ci sono "più atti" di violenza o minaccia. Vale davvero la pena introdurre una legge così?

Il Senato ha approvato una legge sulla tortura. Detta così verrebbe da sospirare: finalmente. E invece siamo di fronte a una legge profondamente sbagliata se la sua finalità dev’essere – come dev’essere – la prevenzione di ulteriori abusi rispetto a quelli – troppi – commessi e documentati neggli ultimi anni.

 

Il testo passato al Senato pecca soprattutto in un punto, laddove definisce la tortura come reato generico e non come reato specifico del pubblico ufficiale. E’ una differenza sostanziale, perché svuota l’effetto deterrente che una legge del genere deve avere. Gli agenti devono sapere che l’abuso sui detenuti o su persone momentaneamente provate delle libertà è un reato odioso e insopportabile per chi veste una divisa e rappresenta lo stato. Non un reato qualunque con una semplice aggravante se commesso da un agente.

 

Altro elemento inaccettabile, la correzione introdotta rispetto al testo originario del senatore Luigi Manconi, con l’indicazione che si parla di tortura solo quando si riscontrino "più atti di violenza o minaccia" (emendati dall’Aula in "con violenze o minacce gravi"). Una formulazione che ricalca l’emendamento leghista che alcuni anni fa fece scandalo e condusse il parlamento ad accantonare la legge. Oggi questo dettaglio, cioè il fatto che in caso di violenza o minaccia singola non si possa parlare di tortura, passa inosservato. Miracolo delle larghe intese (che in questo caso si estende a Sel e 5 Stelle visto il loro assenso e il loro silenzio). 

 

Il brutto testo approvato ieri è frutto di precise pressioni esercitate in questi anni dai vertici delle forze dell’ordine, che hanno sempre considerato l’eventualità di una legge ad hoc sulla tortura come un’offesa, quasi un atto d’accusa. Quando è vero l’esatto contrario: una legge severa e intelligente può essere un ottimo strumento di formazione, persuasione e correzione.

 

Le forze politiche hanno ceduto a queste pressioni e hanno anche evitato di prevedere l’esclusione della prescrizione, allontanando così il nostro paese dagli standard europei. L’Italia conferma di avere seri problemi quando si tratta di garantire i diritti fondamentali delle persone.

 

Ora c’è da chiedersi seriamente se valga davvero la pena introdurre una legge così nell’ordinamento. L’Unione delle camere penali (cioè gli avvocati penalisti) dice che la legge è sbagliata perché non rispetta le indicazioni dell’Onu e crea confusione rispetto a reati già previsti dal codice penale. Qualcuno, compreso Manconi, spera che la Camera corregga gli errori più gravi, ma il dibattito che si è sviluppato al Senato fa capire che non ci sono le condizioni politiche per andare nella direzione giusta. Il parlamento ha dimostrato d’essere incapace di recepire ciò che matura nella parte più viva  della società.

 

QUI SOTTO IL COMUNICATO DEL COMITATO VERITÀ E GIUSTIZIA PER GENOVA

 

TORTURA, UNA LEGGE INADEGUATA

La legge sulla tortura approvata al Senato è molto più che deludente. Diciamo pure inadeguata. L’Italia, come confermano ormai molti episodi e molti processi degli ultimi anni, è un paese nel quale appartenenti alle forze dell’ordine hanno praticato varie forme di tortura. Approvare una legge che non qualifica la tortura come reato specifico delle forze dell’ordine significa rinunciare a quell’effetto deterrente che una legge del genere dovrebbe avere. Significa fingere di vivere in un altro paese. Nella pratica è un cedimento della politica ai desiderata – in questo caso poco responsabili – dei vertici delle forze dell’ordine, che altrimenti si sarebbero sentiti messi sotto accusa, mentre è ben chiaro che una seria legge sulla tortura (che preveda anche la non prescrizione del reato) è nell’interesse di forze dell’ordine a loro pieno agio all’interno di un sistema autenticamente democratico.

Comitato Verità e Giustizia per Genova

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