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Ambiente

The corporation inside…

La strategia camaleontica delle imprese. Ovunque, comunque presenti. Con il proprio volto o nascosti dietro sigle o coordinamenti improbabili. Perchè dietro l’orizzontalità formale ed ostentata delle Nazioni Unite c’è chi trova strade privilegiate per farsi sentire in modo più chiaro e definito. Perchè anche all’interno della Conferenza delle Parti c’è Ong ed Ong.

Sono intorno a noi. Si mimetizzano, con le loro t-shirt o le giacche sbarazzine. Si aggirano per i corridoi del Convention Center di Durban, si siedono nello stesso posto che spetterebbe a te. Hanno al collo il badge di accesso giallo, quello per le Organizzazioni non governative, e quando intervengono in plenaria la sovraimpressione sullo maxischermo li definisce "Civil society".
Sembrano simili a noi, ma non lo sono.
Sono le imprese. I lobbisti delle grandi corporation o delle associazioni di categoria, che nel magico mondo delle Nazioni Unite sono stati assimilati alle Organizzazioni non governative.
Come logica non fa una piega. La Siemens avrà anche fatturati ben oltre il Prodotto interno lordo di interi Paesi, ma di fatto non è un Governo. E’ la sostanza che cambia, e non fa la differenza certo quel suffisso che nella lista delle organizzazioni accreditate dall’UNFCCC permette di distinguere tra le ENGO, Environmental NGO (di fatto, tutti noi) e le BINGO (Business NGO). Sì, Bingo. Perchè per loro, diciamolo, è un’ulteriore vincita al lotto. Perchè nella formalità orizzontale delle Nazioni Unite, in cui tutti sono uguali, accade sempre che qualcuno sia più uguale degli altri.
Le imprese hanno infatti molteplici accessi al negoziato istituzionale, ed hanno molte armi per poterlo condizionare. A cominciare dai meeting di alto livello che si svolgono prima delle Conferenze internazionali, nelle stanze di Strasburgo, di Bruxelles, di Pechino e di Washington, tanto per citarne alcuni, ma anche durante, considerati i meeting informali nelle stanze degli hotel a cinque stelle che normalmente ospitano le delegazioni ufficiali.
Ma la lobbying delle grandi imprese è fatta anche di eventi copromossi con le grandi istituzioni, come la "Adaptation Private Sector Initiative" dove le grandi imprese come Siemens, Veolia, Basf mostrano i loro progetti e le loro buone intenzioni nel sostenere politiche di adattamento. La Basf ad esempio (che ad ogni piè sospinto ci ricorda di essere "the chemical company") attraverso una fondazione da lei sostenuta promuove la riforestazione in Brasile. Quando si dice che "la mano destra non sa quello che fa la sinistra". Anche se in questo caso forse fa finta di niente.
Ma la presenza delle grandi corporation, per strategia, dev’essere invasiva. E così sono nate "costituencies" di aziende, con l’obiettivo di mettere dietro paraventi eco-friendly i nomi invadenti di molte imprese. Qualche esempio? L’European Climate Foundation ha tra i membri del direttivo Susan Bell, vicepresidente della William and Flora Hewlett Foundation e come Presidente del comitato esecutivo Caio Koch-Weser che è vicepresidente del Deutsche Bank Group. Oppure la "Alliance for Responsible Atmospheric Policy", di cui fanno parte DuPont e Whirlpool. La parola d’ordine di molti di questi organismi è "philanthropy" e "protezione ambientale". Perchè l’obiettivo è essere presenti laddove c’è odore di denaro. E non per filantropia, ma perchè il climate change può essere un’ottima opportunità di business. O uno spazio da presidiare, per evitare brutte sorprese.

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