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Ambiente

Teem (l’ennesima autostrada) versus VenTo (una ciclabile di quasi 700 chilometri, lungo il Po)

In vista dell’Expo è più utile una "grande opera" o un’"opera grande"? La prima è una delle 32 arterie in costruzione in Italia, unirebbe Agrate (Mb) a Melegnano (Mi) e costa 80 milioni di euro a chilometro (2,5 miliardi in tutto). La seconda, tra Venezia a Torino, costa 80 milioni di euro in tutto, ed è stata progettata dal Politecnico di Milano

Milano sarebbe "isolata", e l’Expo è alle porte. Secondo molti, c’è solo una variabile indipendente in grado di realizzare l’equilibrio di questa equazione, entro il 2015. È la variabile “autostrade”, che in Lombardia prende forma di un sistema di tre operazioni, che si chiamano Pedemontana, BreBeMi e Tangenziale Est esterna di Milano. Delle tre, quest’ultima -la Teem- è la più indietro di tutte. I cantieri non ci sono, e mancano pure i soldi (ci sono circa 120 milioni di euro su un fabbisogno complessivo di oltre 2,5 miliardi, fonte: Assolombarda).
Durante l’ultima settimana, però, è arrivata una forte scossa: il consiglio d’amministrazione di Tangenziale Esterna SpA (società partecipata al 57% da Tangenziali esterne di Milano spa -tra i cui azionisti troviamo Provincia di Milano, la famiglia Benetton, la famiglia Gavio, Intesa Sanpaolo- e poi, in ordine decrescente da Impregilo, 15,5%, Pizzarotti, 7,9%, Coopsette, 4,1%, Cmb e Unieco, 4% ciascuna, Cmc, 3,2%…) ha deciso di aprire i cantieri entro il prossimo 11 giugno.

I lavori, per 1,021 miliardi di euro, spiega l’azienda in un comunicato “saranno realizzati dal Contraente Generale. Si tratta del Consorzio Costruttori TEEM costituito dai soci costruttori della Concessionaria (Impregilo 34%, Pizzarotti 23%, Coopsette 11%, Unieco 10,7%, Cmb 10,7%, Cmc 8,5%, Itinera 1% e Pavimental 1%). Più nel dettaglio, a CCT saranno affidati: la direzione dei lavori; la redazione del progetto esecutivo; lo svolgimento delle attività tecnico-amministrative occorrenti per l’acquisizione delle aree di sedime; il coordinamento per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione”. Lavori, cioè, affidati senza gara, come spieghiamo nell’articolo “Gli appalti si fanno in casa”, in coda all’inchiesta sulle autostrade pubblicata su Ae di marzo 2012.

Secondo le informazioni diffuse dalla società, i lavori per realizzare “32 chilometri di tracciato autostradale da Agrate Brianza a Melegnano, 38 chilometri di strade ordinarie ex novo, 15 chilometri di riqualificazione di arterie esistenti e 30 chilometri di piste ciclabili” partiranno “dal campo base allestito lungo la Rivoltana a Truccazzano”. I lavori -come Altreconomia ha scritto già nel maggio del 2011– finirebbero col cancellare uno dei progetti di economia solidale più significativi del nostro Paese, cioè “Spiga&madia”, la filiera corta del pane biologico del Distretto di economia solidale della Brianza. Per questo, Des Brianza e Legambiente Lombardia sono tra i promotori di alcune azioni legali nel tentativo di scongiurare l’apertura dei cantieri: “Ci permettiamo di essere estremamente scettici sulla possibilità di finanziare un investimento che presenta un bilancio costi/benefici sfavorevole come la Teem, per di più in un momento drammatico di crisi economica finanziaria -hanno spiegato in un comunicato stampa Damiano Di Simine, presidente di Legambiente e Marco Balconi del Des Brianza-. Per questo la nostra azione contro l’autostrada è ispirata da motivi filantropici, prima che di tutela ambientale. Vogliamo che le banche non disperdano risorse in opere superflue, mentre centinaia di imprese falliscono per mancanza di liquidità: i soldi delle banche devono servire a dare ossigeno alle imprese e i soldi pubblici a finanziare infrastrutture che dimostrino di essere davvero utili, come il potenziamento del trasporto pubblico”.
Ad essere chiamate in causa, in particolare, Biis -la Banca infrastrutture innovazione e sviluppo del gruppo Intesa Sanpaolo, fino all’autunno scorso amministrata dal viceministro dello Sviluppo economico con delega alle Infrastrutture Mario Ciaccia- e Cassa depositi e prestiti, controllata al 70% dal ministero del Tesoro, che secondo alcune indiscrezioni sta studiando un mega prestito a favore del progetto.
L’azione contro l’autostrada -spiega il comunicato congiunto di Legambiente e Des Brianza- si concretizza in una gragnuola di ricorsi, presentati da diversi Comuni devastati dal tracciato autostradale ma anche dalle associazioni, da agricoltori e dai comitati che confluiscono nel coordinamento “No Tem”.
A unire le forze sono stati in particolare la proprietà dei terreni su cui opera il progetto “Spiga e Madia”, e Legambiente Lombardia, che da un decennio si batte insieme alle associazioni del territorio per denunciare l’assurda opera stradale.
“In particolare -spiegano gli oppositori-, a essere contestata è la violazione dell’accordo di programma con cui i sindaci nel 2007 avevano accettato la realizzazione di Teem a fronte di interventi sul trasporto pubblico, mai realizzati e nemmeno progettati, come la M3 a Paullo e la M2 a Vimercate. Oltre a ciò, sussiste un gravissimo ritardo nei tempi di approvazione, legato soprattutto alla inefficacia del piano finanziario, che ha fatto sì che il progetto venisse approvato dopo la scadenza del vincolo quinquennale preordinato all’esproprio, rendendo di fatto nulli i provvedimenti espropriativi. Infine la procedura di approvazione ha eluso le necessarie risposte a molte osservazioni presentate al progetto: e così manca un adeguato studio aggiornato dei flussi di traffico, insufficienti sono le opere compensative degli impatti ambientali e acustici, permangono nodi di traffico vistosamente irrisolti, a partire dagli svincoli di Agrate”.

Oltre a occupare suolo agricolo e non risolvere i problemi della mobilità nell’Est milanese, la Tangenziale Est esterna di Milano vanta un record: è l’autostrada più costosa tra le 32 in fase di progettazione e realizzazione in Italia; costerà -oneri finanziari compresi- circa 80 milioni di euro a chilometro.
E 80 milioni di euro, in tutto, è anche il “conto” totale di una “opera grande” che, in vista dell’Expo 2015, rappresenterebbe il rovescio della medaglia. Si chiama “VenTo”, ed è il frutto di un progetto di ricerca sul campo e a bassa velocità realizzata da un gruppo di lavoro del Politecnico di Milano coordinato dal professor Paolo Pileri. “Grande opera” che consiste in un’itinerario ciclabile lungo il Po, per unire Venezia a Torino. (Ven- e -To).

Per quest’opera parlano i numeri: VenTo è lunga 679 chilometri, in buona parte dispiegati sugli argini (55% del tracciato) o sulle vie di campagna o nei tratti urbani delle piccole e grandi città; VenTo passa per 4 regioni, 12 province, 121 comuni e 242 località, ovvero un patrimonio di paesaggio, di ambiente, di storia, di lavoro, di agricoltura unico in Italia, permettendo l’esplorazione del Po lungo il suo corso, attività pressoché inedita; VenTo si collocherebbe da subito tra le prime ciclabili d’Europa, attirando il popolo dei ciclisti e cicloturisti europei, che oggi pedalano lungo il Danubio, l’Elba, il Reno, la Drava; VenTo intercetta oltre 14mila aziende agricole, e quasi 300 strutture ricettive (raggiungibili con piccole deviazioni). Infine, oltre 266 chilometri (circa il 40% del tracciato) di VenTo corrono all’interno di parchi e aree protette.

Il progetto è stato presentato al Politecnico di Milano l’11 maggio scorso. Il professor Paolo Pileri, che ha coordinato il gruppo di lavoro di 4 giovani ricercatori (tra i 26 e i 33 anni) ha parlato di una “infrastruttura in grado di far conoscere il nostro Paese: VenTo è un’occasione concreta di sviluppo. Ed è a impatto zero; perché è tutto pronto, incredibilmente. Per realizzazione una "grande opera", un’opera di interesse collettivo”. 
Pileri ha poi presentato il “cruscotto dei costi di realizzazione dell’opera”, sottolineando che “il 60% della ciclabile è pronto, basta un milione di euro”. In tutto, invece, servono 80 milioni di euro, “lo 0,001% delle spesa pubblica” ma anche il costo di un chilometro di Tangenziale Est esterna di Milano.
Dopo la fase progettuale, completata, arriva quella legata alla “realizzazione” dell’opere, che il Politecnico di Milano suddivide in quattro momenti.
“La fase Fase 0. VenTo è una ciclabile in parte già pedalabile in tutta sicurezza (circa 15% del tracciato, 102 km). Per il resto possiamo ipotizzare 3 fasi di intervento. Fase 1. Con semplici e decisivi cambi di alcune regole d’uso di argini, strade vicinali, sentieri, strade non più o raramente utilizzate, altri 284 km (42%) diverrebbero ciclabile a tutti gli effetti. Così VenTo raggiungerebbe circa 420 km (il 60%). Il tutto
con poco più di 1 milione di euro (circa 4 euro al metro per 284 km!).
Fase 2. Dopodichè con altre semplificazioni e pochi interventi, ulteriori 148 km potrebbero diventare ciclabili. Circa 18 milioni di euro, poco più di 120 euro al metro, e VenTo raggiungerebbe quasi l’80% del suo sviluppo. L’uso ciclabile di argini avviene già in altre regioni (lungo l’Adige) o Paesi europei (lungo la Drava, il Danubio, l’Elba). Fase 3. Rimangono solo 145 km (21%) non realmente pedalabili oggi, che
richiedono interventi importanti. Per questi, occorre un investimento di circa 61 milioni di euro (circa 420 euro al metro) e VenTo è completata.
Totale. Con una spesa molto bassa (80 milioni di euro), pari a circa 118 euro al metro, si realizzerebbe la più lunga pista ciclabile italiana e una delle più lunghe ciclabili d’Europa. Un impegno che -conclude un documento del Politecnico di Milano-, se suddiviso tra Stato, 4 regioni e 12 province diverrebbe davvero leggero, leggero come una brezza”. Altro che autostrade che mangiano i terreni agricoli.

C’è un “ma”, purtroppo. Spiega Paolo Pileri: “La domanda che mi poni sul coinvolgimento degli amministratori (invitati ad intervenire all’incontro dell’11 maggio al Politecnico, nda) è un vero nodo. Al momento non abbiamo risposte impegnative e concrete. È anche per questo se insisto per portare VenTo sulla stampa. Perché è un progetto che ha la pretesa di mettere il naso fuori dalla crisi”. 

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