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Ambiente / Opinioni

TAP, il non avvio dei lavori

Il 17 maggio si è tenuta a Salonicco la cerimonia per l’avvio dei lavori di costruzione del Trans Adriatic Pipeline. Il 13 maggio i cantieri avrebbero dovuto partire anche in Salento, ma nel luogo indicato dalla società non si è visto nessuno. Forse perché l’azienda non ha ancora risposto alle prescrizioni contenute nel decreto di valutazione d’impatto ambientale. Un commento di Elena Gerebizza di Re:Common 

Oggi, 17 maggio, a Salonicco ha avuto luogo la cerimonia di apertura ufficiale di inizio lavori del gasdotto Transadriatico (TAP*). Un evento importante (per l’Italia era presente il neo-ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ndr), che parla ai mercati e alle istituzioni europee, per dire che tutto è in ordine e il mega progetto con cui l’Europa punta a emanciparsi dalle forniture di gas russo rispetta la tabella di marcia definita con la Commissione europea.

Ma oltre il taglio del nastro e le presenze istituzionali, la verità è un’altra: in Italia la costruzione non solo non è iniziata, ma è a rischio l’autorizzazione stessa del progetto. A quasi due anni dall’approvazione della valutazione di impatto ambientale (VIA), avvenuta a inizio settembre 2014, il consorzio registrato in Svizzera titolare del progetto non ha ancora adempiuto alle prescrizioni vincolanti per la validità dell’autorizzazione ambientale. Inoltre, l’autorizzazione unica è ormai di più di un anno fa, concessa nonostante l’assenza del consenso politico da parte della Regione Puglia, con una chiara forzatura da parte del governo Renzi e forse voluta dalla stessa Commissione europea.

La mancanza di un progetto esecutivo è un ostacolo su cui Comune di Melendugno e Regione non vogliono chiudere gli occhi, ben consapevoli del malcontento della popolazione e del boomerang politico che li colpirebbe in caso contrario. Di fatto, le ragioni per questa rigidità nelle posizioni sono più che valide: in assenza dell’adempimento delle prescrizioni, e quindi di informazioni chiave su come esattamente la società TAP preveda di procedere nella costruzione, visti i numerosi ostacoli emersi durante la VIA, la progettazione definitiva è l’unico documento che potrebbe permettere agli enti che amministrano il territorio di farsi un quadro degli impatti del progetto sull’ambiente, ma anche sulla sicurezza che riguarda i centri abitati e le realtà produttive del Salento.

È imbarazzante, ma ad oggi quello che viene presentato come il progetto energetico di punta dell’Unione Europea è una scatola vuota. Sul sito di TAP figurano solo annunci ottimisti, come quello diffuso il 6 maggio con l’annuncio dell’inizio lavori il 13 maggio, venerdì scorso.

Eppure sul luogo indicato dalla società, con tanto di punto GPS, venerdì non si sono visti né operai né ditte di costruzione. Solo pecore al pascolo, giornalisti, attivisti e autorità in attesa di vedere che tipo di lavori sarebbero iniziati. Non di certo quelli di costruzione, visto che sul “fronte” Italiano della grande opera finora nessuna delle attività “ante-opera” sono nemmeno iniziate: non c’è stato l’espianto dei 1.900 ulivi interessati dal passaggio del futuro gasdotto (la scadenza era il 30 aprile), non sono state fatte le prospezioni per verificare la presenza di ordigni bellici, né le verifiche archeologiche. Non è nemmeno stato allestito il cantiere.

Ogni annuncio che sia stato fatto oggi, lascia il tempo che trova. Questo dovrebbe essere ben chiaro agli investitori nel progetto, inclusa la Banca europea degli investimenti, che hanno la responsabilità di verificare i progetti che finanziano oltre le veline dei proponenti e le pacche sulle spalle di lobbisti e parti interessate che visitano abitualmente i suoi corridoi, tra Bruxelles e Lussemburgo.

Se non altro perché in ballo c’è un prestito di 2 miliardi di euro, risorse pubbliche che non vogliamo siano spese “sulla fiducia”, anche perché gli elementi a disposizione dicono che ci sia ben poco da fidarsi.

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