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Economia / Intervista

Alessandro Giraudo. Quando una noce valeva come l’oro

Dalle spezie all’argento, un saggio di Alessandro Giraudo ripercorre la storia e la circolazione delle materie prime. E analizza il loro ruolo nelle contese internazionali

Tratto da Altreconomia 225 — Aprile 2020
© Paolo Bendandi on Unsplash

Nel 1393, in Germania, il prezzo di una libbra di noce moscata era pari a quello di sette buoi di grossa taglia. Mentre una libbra di zafferano costava quanto un cavallo. Costosissime e ambite, le spezie erano fondamentali per dare sapore alle pietanze oltre che per curare dolori, febbri e infiammazioni. Tra alti e bassi (la presa di Costantinopoli da parte degli Ottomani, ad esempio, provocò un crollo nel consumo in Europa) la compravendita di spezie ha rappresentato un terzo del commercio mondiale fino al XVIII secolo, facendo la fortuna di città come Venezia, Alessandria, Amsterdam e Londra. “Tradizionalmente studiamo la storia come un susseguirsi di battaglie, colpi di cannone e incoronazioni di re. È sicuramente vero ma non dobbiamo dimenticarci che, in tutto questo, le materie prime hanno svolto un ruolo fondamentale: hanno forgiato la storia e il Dna dell’economia mondiale”. Alessandro Giraudo, economista, insegna presso l’Institut superieur de Gestion, una delle Grandes Ecoles di Parigi e ha raccolto nel volume “Storie straordinarie delle materie prime” (Add Editore) dati, informazioni e analisi su oltre 40 prodotti che hanno segnato lo sviluppo dell’umanità: dal sale all’oro, dai semi di cacao ai lapislazzuli, dalla noce moscata all’oppio.

Che ruolo hanno avuto le materie prime nello scrivere la storia?
AG Prendiamo oro e argento: chi ha accesso alle miniere può finanziare l’acquisto di armi, pagare i salari (con riferimento al sale, con cui Roma pagava i suoi legionari), gli eserciti e affermare la propria potenza. È quello che è successo ad Atene che ha basato la sua crescita economica, la sua potenza militare e la nascita della democrazia sulla disponibilità di argento proveniente da una miniera in cui lavoravano oltre 30mila schiavi in condizioni terribili. Quella miniera ha permesso, ad esempio, di raccogliere il denaro necessario a costruire la flotta che sconfisse i persiani a Salamina. Alessandro Magno, un giovane e brillante condottiero, ha potuto finanziare le sue campagne militari grazie al tesoro del re persiano Dario su cui era riuscito a mettere le mani. Secoli dopo, la scoperta dei ricchissimi giacimenti di metalli preziosi nelle Americhe ha permesso ai re spagnoli Carlo V e Filippo II -chiamati non a caso “gli impresari delle guerre”- di lanciarsi in una grande politica espansionistica nel Vecchio continente.

C’è anche l’altro lato della medaglia, però: cosa intende per “maledizione delle materie prime”?
AG Ci sono Paesi che dispongono di una grande ricchezza naturale ma che si adagiano sugli allori. Altri Paesi, penalizzati dalla natura, si sono dedicati ai commerci o alle guerre per conquistare i beni di cui avevano bisogno. Altre volte, però l’uomo ha sprecato le risorse che aveva a disposizione, basti pensare alla deforestazione medioevale in Europa, alla spoliazione delle terre agricole o delle risorse ittiche.

“Ci siamo abituati a usare le risorse e a buttarle via appena non ci servono più. In passato non era cosi, il valore delle materie prime era riconosciuto. Dovremmo imparare a recuperare questa parsimonia”

Nella storia ci sono stati esempi di “pessimi affari” legati allo sfruttamento delle materie prime?
AG Nel 1667 gli olandesi cedettero agli inglesi un fazzoletto di terra dove si trovava una città chiamata Nuova Amsterdam in cambio del controllo dell’isola di Run, grande centro di produzione di noce moscata. Gli olandesi, dopo due guerre con l’Inghilterra, erano soddisfatti: avevano ottenuto il possesso di un’isola che avrebbe garantito loro una posizione dominante nel commercio della noce moscata, che all’epoca valeva quanto l’oro. Ma non avevano capito che stavano cedendo quella che sarebbe diventata New York e un territorio chiave per l’accesso ai ricchi territori dell’America settentrionale. Ci fu una certa miopia da parte degli olandesi.

Quali sono oggi le materie prime al centro delle contese sui mercati internazionali?
AG La prima che mi viene in mente è sicuramente l’acqua: negli ultimi 4.500 anni si sono combattute almeno 500 guerre per il controllo delle risorse idriche. E ancora oggi assistiamo a scontri armati e/o diplomatici in molte parti del mondo: in Medio Oriente, nelle Ande, nelle regioni al confine tra Sudan ed Egitto. E i conflitti sono destinati ad aumentare, anche a causa dell’incremento della popolazione. C’è poi tutto il tema legato all’energia: il petrolio è ancora uno dei grandi motori dello sviluppo mondiale e molte delle guerre che si combattono, penso nuovamente al Medio Oriente, hanno al centro il controllo delle risorse petrolifere. Infine ci sono le cosiddette “terre rare”, necessarie per lo sviluppo delle moderne tecnologie: la Cina è il principale produttore di questi minerali. E questo è un dato da non sottovalutare perché in caso di una crisi internazionale potrebbe decidere di usare questo monopolio come leva strategica.

Come è cambiato il nostro rapporto con le materie prime?
AG A differenza di quanto avveniva nel passato non ci facciamo più caso: ogni mattina beviamo il caffè, prendiamo l’autobus, leggiamo le notizie sui nostri smartphone senza nemmeno prestare attenzione alle materie prime che li compongono. Ci siamo abituati a utilizzare le risorse e a buttarle via appena non ci servono più. In passato non era così, il valore delle materie prime era riconosciuto e noi dovremmo imparare a recuperare questa parsimonia.

“Storie straordinarie delle materie prime” è pubblicato da Add Editore (252 pagine, 16 euro)

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