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Ambiente / Varie

Stop al consumo di suolo, forse

Dopo il voto in commissione Ambiente e Agricoltura, la legge che punta al "contenimento" della cementificazione verrà discussa in aula. Gli undici articoli sono ricchi di principi importanti (si punta sul riutilizzo e la rigenerazione urbana), ma presentano alcuni elementi che la potrebbero rendere "poco efficace", come spiega ad Altreconomia Michele Munafò, ricercatore dell’ISPRA e curatore del "Rapporto sul consumo di suolo in Italia"

L’Italia avrà una legge per il “contenimento del consumo di suolo”. Il testo del provvedimento, di cui si parla dal 2012, da prima della fine della scorsa legislatura, è stato votato nei giorni scorsi dalle Commissioni ambiente e agricoltura della Camera, e si appresta ad essere calendarizzato per la discussione in aula.

Abbiamo chiesto a Michele Munafò, ricercatore dell’Istituto superiore protezione e ricerca ambientale (ISPRA) e responsabile del Rapporto sul consumo di suolo in Italia (qui l’intervista con Altreconomia sui dati del 2015), di commentare con noi i contenuti della legge, complessivamente 11 articoli dedicati al “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato”.

“Finalmente la legge riconosce il ‘suolo’, come bene comune e come risorsa non rinnovabile, ne riconosce l’importanza per la fornitura di servizi ecosistemici, legando al consumo di suolo anche il tema del dissesto idrogeologico: questo rappresenta un importante passo in avanti, anche in attesa di una organica Direttiva UE in materia, che manca” spiega Munafò.

“Fin dal titolo, però, si parla di contenimento e non di stop: se guardo al territorio, nell’ottica del lavoro che faccio, del monitoraggio realizzato da ISPRA, e con lo sguardo alle nostre banche dati, che evidenziano un ‘consumo’ progressivo di 7 metri quadrati al secondo, lo stato di degrado della risorsa e le sua conseguenze -il dissesto ad esempio- è tale da portarci a dire ‘azzeriamolo’. Questa sarebbe la soluzione migliore, ma è chiaro che dobbiamo fare i conti con una realtà sociale ed economica da tenere in considerazione. Ed è chiaro anche che l’UE ci abbia assegnato e indicato per il momento un obiettivo di contenimento, con l’azzeramento a partire dal 2050. Il problema vero -continua Munafò- è come arriviamo al 2050, perché questo non è indifferente: potrebbe significare anche fare un grosso sforzo nell’ultimo periodo, non ci sono indicazioni certe. E, tra l’altro, la procedura per definire i limiti accettabili di consumo di suolo è una procedura complessa, che prevede -a cascata- interventi dal livello nazionale a quello locale”.

Alcuni elementi potrebbero rendere poco efficace la legge -riprende l’analisi di Munafò-. Mi riferiscono, intanto, alle definizioni di consumo di suolo, di superfici agricole e di impermeabilizzazione. La legge introduce questi tre elementi. Consumo di suolo è ogni intervento di impermeabilizzazione su aree agricole, naturali e semi-naturali. Il problema discende dalla definizione di aree agricole, perché vengono escluse alcune superfici destinate ad interventi classificati come pubblica utilità, le infrastrutture strategiche e gli spazi interclusi in area urbana. Il consumo di suolo in queste aree non viene considerato tale. Per l’attività di monitoraggio affidata all’ISPRA, ciò potrebbe creare alcuni problemi, anche perché la CE chiede dati legati alla definizione europea di consumo di suolo, e questa ci obbligherà a mantenere un doppio sistema di monitoraggio, con doppie banche dati.
L’impermeabilizzazione -nella definizione contenuta nel testo di legge- esclude tutti gli interventi connessi alla attività agricola, ma questo è un concetto generico, difficile da osservare. Queste definizioni incidono sul resto della norma, da cui verranno definiti i limiti e le regole, per il monitoraggio".

La legge salvaguarda la opere strategiche, ad esempio quelle contenute nella legge Obiettivo del 2001, in larga parte autostrade e ferrovie. Il rapporto 2015 sul consumo di suolo dell’ISPRA evidenzia come quasi la metà delle coperture artificiali dipendano da questi interventi. Non è un limite della legge?
“In parte è così. Nel rapporto abbiamo identificato le coperture artificiali che causano consumo di suolo, vedendo che il ruolo delle infrastrutture è importante, tanto di quelle strategiche come del reticolo minore: coprono un po’ meno della metà del suolo consumato, che in totale in Italia è di circa 21mila chilometri quadrati”.

Tra gli aspetti senz’altro positivi della norma vi è l’opzione prevalente per la rigenerazione urbana. Nel declinarla, però, si lascia spazio a deroghe ai regolamenti urbanistici. Che ne pensa?
"Il principio è sacrosanto, perché mira ad orientare un mercato in crisi come quello edilizio verso una prospettiva di rigenerazione nelle aree urbane, riqualificazione, in un’ottica di risparmio energetico, e di sicurezza rispetto al dissesto. Sappiamo bene che le nostre città hanno bisogno di interventi sostanziali, per rigenerare intere aree o aree dello sviluppo industriale. Detto questo, la Storia del nostro Paese insegna che quando si va a derogare le esperienze positive della pianificazione urbanistica, per obiettivi non ben codificati, non ben definiti ed omogenei a livello nazionale, corriamo il rischio che a causa della frammentazione amministrativa, dei mancati controlli, si arrivi a deroghe che non vanno nella giusta definizione”.

Resta un ultimo elemento importante del testo originario, quello redatto dall’allora ministro dell’Agricoltura Mario Catania, durante il governo Monti: gli oneri di urbanizzazione non potranno più essere utilizzati per finanziare la spesa corrente dei Comuni.
“Si tratta di un elemento fondamentale, e politicamente è importante che sia confermato. La possibilità di utilizzare la spesa corrente per finanziare i servizi è una delle cause primarie del consumo di suolo e della distruzione del nostro territorio: abbiamo il dovere di interrompere questa spirale che si auto alimenta e che rende conveniente il consumo di suolo. Purtroppo, gli oneri di urbanizzazione sono rimasti tra le poche fonti d’entrate per gli enti locali.  E in attesa dell’approvazione di questa legge, sarebbe opportuno che il governo cogliesse questa opzione già con la legge di Stabilità”.

A quanto evidenziato da Munafò si aggiungono un paio di elementi, che emergono scorrendo l’articolato: non è previsto alcun un meccanismo sanzionatorio per quegli enti che non dovessero rispettare i “limiti”, ed è scomparso anche qualsiasi riferimento a una moratoria rispetto al consumo di nuovo suolo agricolo in attesa della definizione degli stessi “limiti”. Il contenimento, insomma, non è uno stop.
 
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