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Un’altra spesa a casa: le alternative efficaci alla grande distribuzione

alternativa gdo
© Slow Food

Durante i mesi dell’emergenza sanitaria si è imposto un nuovo modello di distribuzione del cibo. Non esiste solo la filiera della Gdo, che riconosce margini minimi ai produttori. Creare un’economia di prossimità si può

Tratto da Altreconomia 229 — Settembre 2020

“La pandemia ci ha spinto a pensare a un nuovo modello di distribuzione del cibo. Durante i mesi dell’emergenza sanitaria, abbiamo avuto bisogno di fare acquisti vicino casa. Questa tendenza si stabilizzerà nel tempo ed è un’occasione da sfruttare per provare a sviluppare una filiera sostenibile in ogni passaggio”, spiega Lorenzo Berlendis, consigliere nazionale di Slow Food Italia (slowfood.it), l’associazione internazionale non profit che si occupa di tutelare la biodiversità e migliorare il sistema che regola la produzione alimentare, costruendo relazioni tra produttori biologici e consumatori. Berlendis parte dal periodo del lockdown, causato dal Covid-19, per illustrare “Spesa Giusta”, l’ultima idea pensata da Slow Food Lombardia, “per creare un’economia di prossimità”.

Avviato in forma sperimentale a luglio nelle province di Brescia e Varese, “Spesa Giusta” nasce osservando quanto successo nei mesi dell’emergenza sanitaria, quando la Grande distribuzione organizzata (Gdo) ha potenziato il servizio della spesa a domicilio mentre, in particolare fuori dai grandi centri urbani, una fascia di consumatori è tornata a frequentare le piccole botteghe locali. Da qui Slow Food ha iniziato a riflettere su come creare una filiera etica che soddisfi il bisogno di avere a disposizione in luoghi di prossimità, o direttamente a casa, cibo di qualità. Ma che lo faccia garantendo sostenibilità ambientale e solidarietà economica per chi lavora nella filiera. “Per fare sì che gli obiettivi siano raggiunti, occorre partire dal modello organizzativo”, spiega Berlendis.

“Riguardo la distribuzione, credo sia da studiare il modello delle foodcoop nate negli Stati Uniti” – Valentina Pascucci

A differenza della Gdo, dove la frammentazione della logistica ricade sui piccoli produttori, “Spesa Giusta” ha ideato un modello privo di intermediazioni. Finora coinvolge tre realtà che si occupano di gestire ogni passaggio del percorso, dal trasporto fino alla distribuzione dei generi alimentari. La cooperativa sociale Betania (coopbetania.it), con sede a Monza, pensa alla piattaforma online, dove è caricato il listino dei prodotti e dove si effettuano gli ordini, insieme a Werea (wiredenterprise.eu), società basata a Milano specializzata in trasformazione digitale e gestione di imprese, che ha fornito SweetHive, la piattaforma che ospita il marketplace. Mentre è Il Grappolo (ilgrappolo.org), cooperativa sociale di Lainate (MI), a occuparsi della logistica e della distribuzione dei prodotti. “Siamo noi a ritirare i generi alimentari direttamente dai produttori con la regola che il mezzo non deve mai viaggiare vuoto. Quanto acquistato, sulla base degli ordini, è consegnato a casa o in punti di raccolta sul territorio. La nostra idea è rafforzare basi locali come gli hub, luoghi in cui al contempo si consegna e ritira”, spiega Berlendis. “Vogliamo coinvolgere anche i ristoranti ricalcando il modello dell’Alleanza dei cuochi (avviato da Slow Food nel 2009, vede 1.100 cuochi di osterie, ristoranti, bistrot e cucine di strada sostenere i piccoli produttori nelle loro cucine, ndr), dove si potrebbero mangiare e vendere i prodotti del territorio”, conclude.

La cooperativa MondoMangione consegna la spesa a domicilio a Siena e nei comuni limitrofi. Gli ordini sono concentrati in due giorni della settimana, martedì e venerdì, e se ne occupa un socio lavoratore della cooperativa © MondoMangione

Secondo i dati dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), presentati ad aprile nel rapporto “Emergenza Covid-19”, da febbraio a marzo in Italia la consegna a domicilio dei prodotti alimentari è cresciuta del 160% e ha coinvolto sia la Gdo sia i piccoli negozi di prossimità. Anche le botteghe e i Gruppi di acquisto solidale (Gas) si sono ripensati con la consegna a domicilio e una maggiore presenza sul web, una scelta che spesso ha portato a un aumento della domanda. “Da marzo a maggio, i nostri ordini già in crescita del 30% sono ulteriormente cresciuti”, spiega Franco Ferrario, presidente di Aequos (aequos.bio). Cooperativa nata nel 2010 da un gruppo di Gas lombardi e piemontesi con sede a Saronno, in provincia di Varese, ha sviluppato un modello di filiera in cui tutti i passaggi sono autogestiti senza intermediari a partire dall’idea che è proprio la logistica a dovere essere modificata per garantire un modello equo di distribuzione e consumo di cibo. A oggi collabora con circa 60 produttori biologici in tutta Italia e rifornisce 50 tra Gas e cooperative sociali per un totale di 1.300 famiglie in Lombardia. “Secondo dati Ismea, la Gdo assicura a chi produce solo il 15% di quanto del valore di quanto consuma il cliente. Vuol dire, per esempio, che se un chilogrammo di frutta o verdura biologica al supermercato costa due euro circa 30 centesimi finiscono a chi l’ha coltivata. Il resto si perde nei passaggi intermedi”, spiega Ferrario. “Noi assicuriamo l’85% e ci riusciamo perché abbiamo creato una filiera schiacciata ed efficiente che riduce gli sprechi”.

A partire dagli ordini settimanali dei Gas, fatti da un listino in cui è indicata la disponibilità di frutta e verdura dei produttori con il relativo prezzo al chilogrammo che comprende anche i costi della logistica, gestita da Aequos. Una volta consolidato l’ordine complessivo, su una piattaforma online ideata da un gasista che aderisce al progetto, si invia la richiesta ai produttori. “Acquistiamo solo sul venduto così da non avere giacenze o sprechi. E ci muoviamo solo con tutti i bancali pieni”, prosegue. I generi alimentari, oltre 10 tonnellate a settimana, arrivano in gran parte negli spazi dell’Ortomercato di Milano il giovedì, dove la merce è ritirata da un corriere della cooperativa. Il giorno dopo, è portata nel magazzino centrale di Uboldo, Comune in provincia di Varese, dove si svolgono le operazioni di sbancalamento -la suddivisione della merce poi destinata agli otto centri logistici di distribuzione- effettuate da volontari dei Gas e da tre/quattro lavoratori retribuiti. È nei centri logistici che la mattina del sabato avviene la suddivisione della merce destinata ai vari Gas: sono loro a ritirarla e a portarla nei luoghi in cui poi si prepareranno le singole cassette destinate alle famiglie. La logistica della cooperativa ha anche lo scopo di limitare l’impatto sull’ambiente: gli imballaggi sono ridotti al minimo, e frutta e verdura sono distribuite in cassette che vengono recuperate per le consegne successive.

Volontari del progetto “Lo sciame di Gecco”, sostenuto da Il Pesce di Aprile, per fare ripartire l’apiario di Eugenio Casini, scomparso nel terremoto di Amatrice del 2016. Oltre alla filiera del pesce sostenibile dall’Argentario a Milano, la cooperativa ha sostenuto la ripartenza nei territori colpiti dal sisma del Centro Italia attraverso acquisti collettivi e nuovi canali di distribuzione

“I prezzi sono una diretta proporzione dei costi. Oltre al costo del produttore si aggiungono quelli della logistica, tutti a nostro carico, pari a circa 0,15 euro al chilogrammo, e della gestione operativa, incluso il personale. Non superano il 15% del prezzo finale. Grazie a questa struttura, i Gas pagano in media quasi il 50% in meno dei prezzi del biologico della grande distribuzione”, spiega Ferrario. “Il modello di Aequos è replicabile ed esportabile”, aggiunge. “Ma è importante che si mantenga la dimensione comunitaria. Aequos non vende a singoli ma a Gas non solo perché questo permette di contenere costi e inquinamento ma perché avvia un processo di educazione al consumo critico e consente di condividere i valori in cui crediamo”, conclude.

“Per rafforzare modelli alternativi alle grandi filiere, e che funzionino anche nelle grandi città, bisogna avere a disposizione luoghi di raccolta sui territori” – Mauro Fumagalli

Anche Mauro Fumagalli -uno degli ideatori de Il Pesce di Aprile, il progetto nato undici anni fa per portare il pesce di filiere sostenibili dalla Toscana alla provincia di Milano- sostiene che la dimensione comunitaria sia una parte decisiva nel ripensamento di un nuovo modello di consumo perché, nell’autogestione di un progetto di distribuzione, “è importante la condivisione di principi e progettualità”. Appartenente al Gas milanese Il filo di paglia (filodipaglia.org), Fumagalli ha ideato una filiera in cui sono i gasisti a occuparsi della logistica. Gli ordini sono concentrati ogni 30-40 giorni, a partire dal listino preparato dai pescatori, e riforniscono 39 Gas: con un camion dotato di una cella frigorifera, portano il pesce dalla Toscana nei punti di raccolta in Lombardia, tra cui la cooperativa “Il Balancin” (ilbalancin.it) di Pavia, da cui si riforniscono i Gas della zona. “La pandemia ha reso i consumatori più attenti alla qualità del cibo che scelgono di mangiare e al modo in cui è prodotto”, sottolinea Fumagalli. “Ma per rafforzare modelli alternativi alle grandi filiere, e che funzionino anche nelle grandi città, bisogna avere a disposizione luoghi di raccolta sui territori. Questa, per esempio, è la mancanza di una città grande come Milano”, commenta.

È d’accordo Valentina Pascucci, socia lavoratrice della bottega MondoMangione (mondomangione.it) a Siena, che ha avviato la consegna della spesa a domicilio in città e nei comuni limitrofi. Gli ordini sono concentrati in due giorni della settimana, martedì e venerdì, e se ne occupa un socio lavoratore della cooperativa. Ma i prodotti possono essere ritirati anche nei due punti vendita cittadini. “Per noi è importante lavorare sulle piccole distanze perché ci permette di avere costi contenuti e un dialogo con il territorio: per questo abbiamo deciso di non consegnare oltre 20 chilometri da Siena”, spiega Pascucci. “In questo senso le botteghe rappresentano un importante presidio locale: sono luoghi di incontro da cui si possono rafforzare le relazioni di una comunità”, prosegue. “Riguardo la distribuzione, credo sia da studiare il modello delle foodcoop nate negli Stati Uniti: supermercati autogestiti in cui volontari si occupano a turno della vendita e della distribuzione. Il loro tempo è ripagato ricevendo uno sconto sul prezzo dei prodotti che acquistano”, aggiunge. “Sarebbe interessante provare a sperimentali qui. Ma la strada da percorrere è ancora lunga”.

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