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Soldi ma buoni – Ae 68

Per la prima volta in Italia, un Comune importante, Roma, sottopone a un regolamento e a un comitato etico le proposte di sponsorizzazione. Il parere non è vincolante, ma peserà sulle scelte dell’Amministrazione. La società civile plaude, e non abbassa…

Tratto da Altreconomia 68 — Gennaio 2006

Per la prima volta in Italia, un Comune importante, Roma, sottopone a un regolamento e a un comitato etico le proposte di sponsorizzazione. Il parere non è vincolante, ma peserà sulle scelte dell’Amministrazione. La società civile plaude, e non abbassa la guardia

Sponsor sì, ma con cautela. Perché le manifestazioni culturali, le notti bianche e le estati romane della capitale non vengano offuscate dai soldi di imprese dai comportamenti discutibili. La città di Roma dice no ai soldi di chi calpesta i diritti umani e l’ambiente o finanzia il commercio di armi.

Dal 15 giugno scorso -primo in Italia- il Comune capitolino si è dotato di un regolamento e di un Comitato etico che ha il compito di vagliare e di esprimere un parere su tutte le proposte di sponsorizzazioni che interessano eventi sportivi e culturali della Capitale.

Da quando il Comitato si è riunito per la prima volta all’inizio di ottobre, è già arrivato alla decima istruttoria. Finora, sulle richieste di sponsorizzazione che il Comitato ha esaminato non sono stati espressi pareri negativi. Anche se non per tutti è andata allo stesso modo: per esempio la Banca del Credito Cooperativo di Roma è stata promossa a pieni voti, mentre per le Poste Italiane e per Lottomatica (che si è offerta come sponsor per quattro eventi da un milione di euro in totale) il Comitato ha espresso parere positivo “con osservazioni” per via di alcuni provvedimenti dell’Antitrust secondo cui alcuni messaggi costituivano esempi di pubblicità ingannevole. In gioco, in questo caso, non è la violazione di diritti umani ma la tutela dei consumatori.

Tra le righe del parere del Comitato si legge “attenzione, per questa volta passa, ma vi teniamo d’occhio”.

In altro modo è andata invece all’Imaie (Istituto per la tutela degli artisti, interpreti ed esecutori): il Comitato ritiene opportune ulteriori verifiche data la natura dell’ente e dell’attività da esso svolta.

Mentre il Comitato lavora, la società civile guarda con interesse. Il fatto che questa storia cominci dalla capitale non è casuale, e l’adozione di criteri etici nella selezione degli sponsor non è certo una novità, ricordano le 100 associazioni della “Campagna sponsor etici per Roma”.

Nel 2002 il sindaco Walter Veltroni prese l’impegno di non accettare per attività sportive, educative e culturali, la sponsorizzazione di multinazionali sotto boicottaggio.

Nel 2003 le associazioni riunite nel coordinamento “Cambia lo sponsor” ottennero l’esclusione di Nestlé dal Museo dei Bambini di Roma e da Eurochocolate. Nel 2004 il Comune ritirò il proprio patrocinio da “Bimbinfiera” ancora per la presenza di Nestlé, escluse Coca Cola dalla manifestazione “Enzimi” e rifiutò una sponsorizzazione di Nike per campi sportivi installati nelle scuole elementari e medie del territorio capitolino.

Oggi le associazioni riconoscono come un importante passo avanti sia l’istituzione del Comitato che l’approvazione del regolamento, ma non abbassano la guardia, e i promotori della “Campagna sponsor etici per Roma” continuano a chiedere maggiore trasparenza e accessibilità delle informazioni. Domandano poi la pubblicazione in tempo reale di tutte le richieste di sponsorizzazione e sollecitano la creazione di un Osservatorio sull’efficacia dell’applicazione del Regolamento. E promettono a breve la creazione di un proprio Osservatorio indipendente sul comportamento delle imprese.

Il del Comune Comitato è guidato da Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, ed è composto da Luca Colombo (direttore tecnico-scientifico del Consiglio dei diritti genetici ed esperto di sicurezza agro-alimentare), Nicoletta Dentico (ex direttore di Medici Senza Frontiere Italia), Antonio Marchesi (esperto di diritti umani e docente di Organizzazione internazionale all’Università di Teramo) e Gaetano Troina (docente di Economia aziendale ed ambientale a Roma Tre).

I pareri espressi dal Comitato hanno solo valore consultivo perché, spiega il vicecapo gabinetto del sindaco, Carlo Pappagallo “se il parere fosse vincolante, avremmo spostato il potere amministrativo su un comitato di esterni. Però -spiega-, sono certo che nessun dirigente stipulerà mai un contratto di sponsorizzazione con un’impresa che abbia avuto il parere contrario del Comitato etico. Anche perché il regolamento sulle sponsorizzazione del Comune di Roma obbliga il dirigente a trasmettere ogni tre mesi ai presidenti delle commissioni consiliari un rapporto nel quale sono elencati non solo tutti i contratti di sponsorizzazione con gli importi e le manifestazioni finanziate, ma anche il nome dello sponsor e la copia del parere espresso dal Comitato etico”.

Certo non si tratta della lotta ciclopica che il Comune di Roma -attraverso il suo Comitato- combatte contro le grandi multinazionali che provano a guadagnarsi lustro e visibilità offrendo al popolo concerti e spettacoli, piuttosto dell’impegno di un gruppo di esperti, che spesso lavora nella zona grigia delle piccole e medie imprese più o meno sconosciute.

Ancora Pappagallo: “Nel 2005 il Comune di Roma ha ottenuto sponsorizzazioni per 5,5 milioni di euro. Poi c’è una miriade di piccole sponsorizzazioni, in cui sono coinvolte imprese locali. Non è che ci siano tutte queste multinazionali da esaminare, la casistica spinosa rappresenta una parte minima delle pratiche”.

Qual è il meccanismo? “Finora il Comitato si è riunito più o meno una volta al mese, tenendosi in contatto per via telematica”, spiega Antonio Marchesi. “Per ogni richiesta di sponsorizzazione in genere il presidente Onida designa un relatore. Poi si procede con l’istruttoria e infine il Comitato esprime il suo parere”. “Ci serviamo di varie fonti: documenti, provvedimenti dell’Antitrust, stampa, pubblicazioni in Internet”, chiarisce Nicoletta Dentico. Un lavoro che grava sulle spalle di esperti “volontari” che per ogni seduta usufruiscono di un gettone di presenza pari a quello di un consigliere comunale, col supporto di un’unica impiegata dell’amministrazione. Per ora di multinazionali dalle mani sporche non se ne sono ancora viste. “Forse l’esistenza stessa di un Comitato come questo -aggiunge Marchesi- può fare da deterrente rispetto a chi non ha le carte in regola”.

Dalla capitale a Reggio

Roma non è più sola nel dire no agli sponsor poco raccomandabili.

Lo scorso maggio la Provincia di Reggio Calabria ha deciso che potrà rifiutare le sponsorizzazioni nei casi in cui “ritenga che l’azienda proponente possa essere coinvolta, in qualsiasi luogo del mondo, in attività pericolose per l’ambiente e non rispettose dei diritti dei lavoratori, dei minori, delle donne, delle popolazioni e dei diritti umani”.

Il 20 ottobre scorso anche la Provincia di Venezia ha approvato all’unanimità un regolamento che richiama esplicitamente la risoluzione 2003/16 della sottocommissione delle Nazioni Unite sulla Promozione e Protezione dei diritti umani del 13 agosto 2003, ed estende il veto alle imprese coinvolte nella produzione, finanziamento e commercializzazione di armi. E –come per il Comune di Roma– dichiara che si avvarrà della consulenza di un Comitato etico composto di cinque membri. Questa scelta fa parte di un progetto più ampio chiamato “Provincia etica” che, come spiega la consigliera Laura Di Lucia Coletti, “ha promosso l’adozione di un codice di condotta e costituisce un itinerario verso il bilancio sociale, l’adozione di criteri di carattere ambientale e sociale nelle procedure d’appalto, le sponsorizzazioni etiche

e i patti di integrità”.

Il criterio è la risoluzione

Secondo il “Regolamento comunale per la disciplina e la gestione delle sponsorizzazioni”, il Comune di Roma (nella foto il sindaco, Walter Veltroni) si riserva di rifiutare qualsiasi contributo per eventi e manifestazioni su segnalazione del Comitato etico. In particolare, il regolamento esclude dalle sponsorizzazioni le aziende che non rispettino il diritto alle pari opportunità e al trattamento non discriminatorio, il diritto alla salute e alla sicurezza delle persone, i diritti dei lavoratori e gli obblighi riguardanti la tutela dei consumatori e la protezione dell’ambiente (principi definiti nella Risoluzione Onu 2003/16 sulla promozione e protezione dei diritti umani).

Il regolamento esclude anche le imprese coinvolte nella produzione e nel commercio di armi e le banche che ne finanziano l’export, e anche le imprese che realizzino riduzione collettive illegittime di personale.

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