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Economia / Opinioni

Soffia un vento gelido sui beni comuni e i servizi pubblici locali

Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. Accanto a lui, il presidente del Consiglio Mario Draghi. Il “Ddl concorrenza” presentato al Senato a fine 2021 porta la loro firma © governo.it

Entro fine anno dovrà essere approvato il “Ddl concorrenza”. Presentato dal governo per garantire l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dà il via libera a una nuova stagione di privatizzazioni. È tempo di mobilitarsi. L’editoriale del direttore, Duccio Facchini

Tratto da Altreconomia 246 — Marzo 2022

Il 2022 è un anno chiave per chi ha ancora cuore i beni comuni e i servizi pubblici locali, per chi non ha rinnegato la stagione referendaria del 2011, le battaglie per l’acqua e la sua ripubblicizzazione. Per chi, a due anni dallo scoppio della pandemia da Covid-19, non ha scordato l’impegno a “non tornare indietro” e continua a pensare che le soluzioni siano nella Costituzione e non nelle logiche del mercato. Soffia però un vento gelido rispetto al giugno di undici anni fa.

Entro il 31 dicembre 2022 il governo ha previsto infatti di approvare la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, licenziata dal Consiglio dei ministri il 4 novembre 2021 e trasmessa sotto forma di Disegno di legge al Senato poco prima di Natale, a firma del presidente del Consiglio, Mario Draghi, e del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Si tratta di una delle “riforme abilitanti” previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), cioè quelle “funzionali a garantire la piena attuazione del Piano e -sempre per citare il governo- a rimuovere gli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali”.

L’agenda è dettata dall’esecutivo, con “traguardi e obiettivi da conseguire” a tappe forzate: il Parlamento dovrebbe esaminare il testo non oltre il primo semestre 2022, adottandolo entro il secondo, “ivi inclusi gli strumenti attuativi e di diritto derivato (se necessari) da esso previsti”. Tra gli “strumenti attuativi” c’è anche un decreto legislativo che il governo dovrebbe varare, su delega del Parlamento, per “riordinare” la materia dei servizi pubblici locali. Princìpi e criteri direttivi sono indicati all’Articolo 6 del “Ddl concorrenza”. Si propone di separare a livello locale le “funzioni regolatorie e le funzioni di diretta gestione dei servizi”, misura cara ai privati (Lombardia docet). Si vogliono introdurre “incentivi e meccanismi di premialità” per favorire “l’aggregazione delle attività e delle gestioni dei servizi a livello locale”, altra cosa gradita alle multiutility quotate in Borsa.

Si chiede all’ente locale una “motivazione anticipata e qualificata” qualora dovesse scegliere di tenere per sé la gestione del servizio (in house), “giustificando il mancato ricorso al mercato”. Si obbligano gli stessi a “trasmettere tempestivamente” la loro decisione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. La gestione pubblica è già data per morta quando si prevede, “in caso di superamento del regime di gestione dei servizi pubblici locali in autoproduzione”, “un’adeguata tutela occupazionale anche mediante l’impiego di apposite clausole sociali”. Anche i “regimi di proprietà” di reti e impianti potranno essere oggetto di “revisione”, con impegni per una “adeguata valorizzazione della proprietà pubblica”, che sa di preoccupante liquidazione. E chi non volesse adeguarsi rischierebbe di vedersi esautorato tramite l’intervento “sostitutivo” imposto dall’alto ai sensi dell’Articolo 120 della Costituzione.

In questo scenario alla Gordon Gekko (lo squalo della finanza del film “Wall Street” di Oliver Stone, 1987), saranno gli “affidatari”, cioè i gestori, a occuparsi della pubblicazione dei “dati relativi alla qualità del servizio, al livello annuale degli investimenti effettuati e alla loro programmazione fino al termine dell’affidamento”. Si sfiora il sarcasmo (e si finge di non vedere lo scandalo dell’attuale metodo tariffario in capo all’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, come abbiamo raccontato su Altreconomia 238). Chi ha salutato con entusiasmo queste misure è stata Confindustria, audita l’8 febbraio presso la decima Commissione permanente Industria, commercio, turismo del Senato. “Condividiamo le finalità di fondo del Ddl di apertura dei mercati e di contrasto all’eccessivo ricorso all’affidamento in house”, ha scritto l’associazione di Carlo Bonomi. “Apertura dei mercati” significa nuova stagione di privatizzazioni, come denuncia il Forum italiano dei movimenti  per l’acqua che chiede lo stralcio dell’Art. 6 e la ripubblicizzazione del servizio idrico. Ma non c’è tempo da perdere, si dice, altrimenti “perdiamo i soldi dell’Europa”. Lo aveva detto Gekko: “È tutta una questione di soldi, il resto è conversazione”. Mobilitiamoci.

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