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Diritti

Siamo tutti illiberali

La presunta emergenza sicurezza è diventata così centrale nel dibattito pubblico che alcune affermazioni del tutto opinabili si sono imposte e vengono trattate come delle verità. Ragionamenti e prese di posizione risultano così menomate in origine, svianti, segnate da un…

La presunta emergenza sicurezza è diventata così centrale nel dibattito pubblico che alcune affermazioni del tutto opinabili si sono imposte e vengono trattate come delle verità. Ragionamenti e prese di posizione risultano così menomate in origine, svianti, segnate da un piatto e servile conformismo. Ad esempio la “insicurezza percepita” è considerata un dato di fatto e si sostiene che le misure “per la sicurezza” vanno adottate per contrastare questo stato d’animo, senza stare a vedere se sia fondato o no.
E’ una valutazione davvero curiosa. Una persona razionale, di fronte a un timore infondato manifestato da un suo interlocutore, cercherebbe di farlo ragionare, di mostrargli gli elementi di fatto che dimostrano l’irragionevolezza di quella paura, si impegnerebbe per portare la discussione – e la percezione – sul piano della realtà.

I nostri politici vogliono invece farci credere che la “percezione” va presa in quanto tale. Addirittura agiscono per fare in modo che l’insicurezza percepita si acutizzi: enfatizzando tutti gli allarmi, gridando all’invasione del paese da parte dello straniero, criminalizzando questo e quello. Ed è possibile che anche le “risposte” all’insicurezza percepita finiscano per alimentare questa sensazione. L’aumento della videosorveglianza e dei poliziotti per strada, le misure draconiane contro comportamenti sgraditi (dai lavavetri alla sosta fuori dei bar oltre la mezzanotte, ai graffiti) finiscono per rafforzare la sensazione che la strada, la città sono fonti di pericolo incombente.

Un altro luogo comune, certo minore, in cui capita di imbattersi in questi giorni, riguarda il pacchetto sicurezza presentato nell’ottobre scorso dal governo Prodi. Si dice che era un buon pacchetto e che fu irresponsabilmente bloccato dalla sinistra radicale, (o massimalista, o estrema: ci sono vari modi, oggi di denominarla). Lo fa anche oggi Carlo Federico Grosso in un lungo editoriale sulla Stampa. Anche in questo caso, date le premesse sbagliate, la discussione risulta viziata dai luoghi comuni e da una passiva accettazione di un punto di vista che potremmo definire illiberale, come illiberale era – in larga misura – il “pacchetto Amato” e in particolare il decerto sulle espulsioni.

Il pacchetto Amato-Mastella, sebbene in forte odore di incostituzionalità per molti aspetti, ispirerà senz’altro il governo Berlusconi, che si appresta ad esasperarne alcuni aspetti.

Il decreto espulsioni dell’ottobre scorso, va ricordato, fu sciaguratamente varato sull’onda dell’omicidio di Giovanna Reggiani col voto unanime del governo riunito d’urgenza (inclusa quindi la sinistra radicale, o massimalista eccetera). A dicembre quel decreto fu parzialmente corretto per rimediare ai profili di incostituzionalità più gravi, segnalati con grande allarme non tanto e non solo dalla sinistra radicale eccetera, ma ad esempio anche dall’Unione delle camere penali, cioè l’associazione – tradizionalmente conservatrice – degli avvocati penalisti.

Se poi il decreto non è stato trasformato in legge (ed era un comunque una pessima normativa, sotto il profilo delle garanzie democratiche e di libertà), ciò è dovuto alla fine anticipata della legislatura, causata – com’è noto – dal ministro Mastella (uomo di centro, o forse di centrodestra).

Quel che spaventa, nelle discussione di questi giorni, è la scarsissima attenzione al tema della libertà, dell’universalità dei diritti, del rispetto dei diritti umani: stando alle anticipazioni, il pacchetto Maroni-Berlusconi includerà misure xenofobe e liberticide che non hanno riscontri nel passato e che non si ritrovano nelle normative degli altri paesi europei.

E fra i politici e sui grandi giornali si discute di sinistra radicale e di doverosa attenzione all’insicurezza percepita… 

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