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Ambiente

“Shock in my town”, il dossier sul Crescent

A Salerno, la città del Fuenti, è in costruzione un nuovo ecomostro sul lungomare della città. Comitati e associazioni ambientaliste, le stesse che da anni denunciano le irregolarità nell’iter di approvazione del progetto, hanno prodotto un dossier che riassume tutta la vicenda, diffuso in attesa che il Consiglio di Stato si esprima, il 23 ottobre, in maniera definitiva sulla prosecuzione o meno dei lavori. E mi hanno chiesto un intervento

Si chiama "Shock in my town" ed è un dossier che ricostruisce la "sconcertante storia dell’ecomostro Crescent", sul lungo mare di Salerno. Lo hanno curato il Comitato No Crescent, Italia Nostra di Salerno e il Forum "Salviamo il paesaggio", chiedendomi un contributo che pubblico anche qui. Il dossier completo è in allegato.

A guardarlo dall’alto, dai terrazzi degli appartamenti che (una volta) si affacciavano sul mare di Salerno,
il cantiere (doppio) di piazza della Libertà e del Crescent appare quello di una “grande opera urbana”.
Ma è il rumore il ricordo indelebile del mio passaggio nella città campana, nel febbraio del 2012. Le attività all’interno del cantiere che rendevano impossibile ogni conversazione all’interno delle casa che ci ospitava.
La “maestosità” e l’“incomunicabilità” sono anche i due nodi che caratterizzano questa vicenda. Perché l’amministrazione comunale di Salerno, al pari di altre in Italia, pensa che una “grande opera” sia un simbolo da lasciare in eredità. E allora Vincenzo De Luca è come Giorgio Oldrini, che a Sesto San Giovanni ha voluto a tutti i costi chiudere il suo secondo, e ultimo mandato, con l’approvazione del programma integrato d’intervento sull’area ex Falck, quasi un milione e mezzo di metri quadri al centro della città. O come Flavio Tosi, il sindaco di Verona che in un’intervista all’Espresso ha annunciato che entro il secondo mandato vorrà completare il traforo delle Torricelle, una tangenziale autostradale a Nord della città che numerosi comitati cittadini non vogliono.
Ma cittadini e amministrazioni non dialogano: gli istituti della “partecipazione” sono ridotti a mero slogan; e le amministrazioni fanno di tutto per non dover considerare nemmeno le “osservazioni”, presentate presso le istituzioni preposte.
Sulla sfondo, ma non troppo, c’è il ruolo dell’archistar, che a Salerno risponde al nome di Ricardo Bofill, e in altri a quello di Renzo Piano o Norman Foster. Perché quando un sindaco porta in città una “firma” così importante, lancia un monito al cittadino, anche a quello organizzato: “Chi sei per dire che un progetto del genere non valorizza la nostra città?”.

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