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Diritti / Opinioni

Servire lo Stato e tradire la legge

Astana, capitale del Khazakstan © Christophe Bosch / World Bank

Alma Shalabayeva è stata espulsa dall’Italia solo perché legata a un ricercato: la “cooperazione con i dittatori” non può sostituirsi alla legge. La rubrica di Enrico Zucca

Tratto da Altreconomia 241 — Ottobre 2021

Il New York Times denuncia le strategie dei regimi autocratici per perseguire gli oppositori al di fuori dei confini. Non sempre si spingono a eseguire assassinii in terra straniera: si muovono invece con più abilità, etichettando gli oppositori e gli attivisti come minacce alla sicurezza. Usano gli strumenti delle democrazie e le argomentazioni che queste ultime hanno avanzato nella guerra al terrorismo dopo l’11 settembre, così danno parvenza di legittimità alla repressione globale o avanzano il pretesto che tutti lo fanno. Si avvalgono quindi dei tradizionali canali di cooperazione internazionale, in particolare l’Interpol.

Particolarmente attivi nella emissione di red alerts, le richieste all’Interpol di assistenza mondiale per catturare un latitante, sono diventati i regimi illiberali dei piccoli Paesi dell’ex blocco sovietico nell’Asia centrale, in apparenza isolati ma ben collegati globalmente ai centri di potere economico, finanziario, politico. Ha un risvolto italiano il caso di Mukhtar Ablyazov, già ministro nel Kazakhstan, presidente e azionista di una grande banca, poi nazionalizzata. Caduto in disgrazia con il regime, è accusato di rilevanti appropriazioni indebite, accuse mossegli anche da Russia e Ucraina. Le richieste estradizionali nei suoi confronti sfociano in lunghe battaglie legali, nel Regno Unito e in Francia, ove nel frattempo ha ottenuto protezione internazionale.

Nel 2013, la moglie Alma Shalabayeva, nei cui confronti non pendeva alcuna richiesta di cattura, viene espulsa con la figlia minorenne dall’Italia e in tempo fulmineo consegnata al Kazakhstan. Uno scandalo internazionale, rimediato, con evidente imbarazzo, tramite la ministra degli Esteri Bonino, con la riconsegna della donna all’Italia e l’asilo politico. Alti funzionari di polizia e il giudice che convalidò l’espulsione sono stati condannati per quella sostanziale extraordinary rendition.

La sentenza si esprime in termini molto duri ed è ancora soggetta ad appello. Non si discute qui delle singole responsabilità penali, né, come taluno osserva, dell’incompleta ricostruzione della catena di comando. Tralasciando le promozioni nelle more del giudizio, qualcosa che sa d’antico, la difesa si riduce al non aver saputo o potuto sapere, all’essere stati ingannati, all’aver agito in buona fede. Come alla scuola Diaz, comparse inconsapevoli, vuoti accadimenti senza movente e senza autore, eppure convergenti a un risultato, coperto da falsità.

66.370 Le red notice -ovvero le richieste alle forze dell’ordine di tutto il mondo di localizzare e arrestare una persona in attesa di estradizione- attive al 14 settembre 2021. Di queste, solo 7.669 sono pubbliche sul sito dell’Interpol.

Di recente, il ministro dell’Interno ha ribadito che dalle banche dati disponibili (Interpol) constava solo la ricerca del latitante Ablyazov da parte di tre Stati (Kazakhstan, Russia, Ucraina), ma non che costui fosse un rifugiato politico, in più la moglie era clandestina, con documenti falsi. Un coro unanime saluta la “riabilitazione” dei condannati, fedeli servitori dello Stato con meriti insigni nella lotta alla mafia, che dunque avrebbero agito ragionevolmente in base alle informazioni in possesso. Ingiusta condanna da ribaltare. Si vedrà, ma si tace che la Cassazione ha definito “grave e manifestamente illegale” l’espulsione, peraltro già revocata.

I rapporti internazionali sulle violazioni di diritti in Kazakhstan ostavano alla consegna di chiunque (anche se terrorista: per questo l’Italia ha già una condanna della Corte Edu nel caso Saadi c. Italia, 2008). Non c’entra nulla se Ablyazov fosse un criminale latitante o davvero un esule, cosa su cui si baloccano molti. Il fior fiore dei nostri funzionari ignora tutto questo: anche i pur astuti e coriacei cacciatori di mafiosi non colgono l’anomalia della consegna di una persona a quello Stato solo perché legata a un ricercato, quindi assecondando un ricatto. Chiariamo una volta per tutte che nello stato di diritto il sovrano da servire è la legge. Non è che al Viminale non lo sappiano, è che a volte “con i dittatori bisogna cooperare”. A quale prezzo?  

Enrico Zucca è sostituto procuratore generale di Genova. È stato pubblico ministero del processo per le torture alla scuola Diaz durante il G8 dell’estate 2001

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