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Numero 39, maggio 2003È la terza istituzione per importanza, dopo Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, nel gestire i flussi di aiuti finanziari ai Paesi in via di sviluppo. Una storia da 263 miliardi di dollariC'è una banca che finanzia…

Tratto da Altreconomia 39 — Maggio 2003

Numero 39, maggio 2003

È la terza istituzione per importanza, dopo Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, nel gestire i flussi di aiuti finanziari ai Paesi in via di sviluppo. Una storia da 263 miliardi di dollari

C
'è una banca che finanzia lo “sviluppo” in America Latina e Caraibi, e per il suo meeting annuale quest'anno ha scelto Milano (dal 20 al 26 marzo). Non ce ne siamo accorti, perché erano i giorni dei primi bombardamenti in Iraq e le preoccupazioni del mondo erano puntate su un'altra parte del mondo. Quasi un dispetto al presidente della regione, Roberto Formigoni, e al sindaco della città, Gabriele Albertini, che nel summit della Banca interamericana di sviluppo (Bid) avevano riposto la certezza di una trionfale eco. Il meeting non è stato annullato ma molti relatori di spicco, rappresentanti dei governi e funzionari delle ambasciate, hanno dovuto dare forfait perché occupati a casa loro o in ambienti internazionali in vertici di crisi. Soprattutto i media hanno disertato l'incontro, richiamati a coprire l'urgenza della nuova assurda tragedia umana.

L'appuntamento, però, era uno di quelli che scottano, che in tempi diversi avrebbe attratto l'attenzione dell'opinione pubblica. O perlomeno di quella parte della società civile più sensibile alle tematiche legate allo sviluppo e alle grandi istituzioni di credito multilaterale. Perché la Banca interamericana di sviluppo è, dopo Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, la terza istituzione per importanza a gestire il flusso di aiuti finanziari ai Paesi in via di sviluppo.

La Bid è la più antica banca regionale: creata nel 1959 dai 19 Stati delle Americhe, compresi gli Usa, per contribuire al progresso economico e sociale dell'America Latina e dei Caraibi e promuovere l'integrazione della regione attraverso operazioni finanziarie di prestito e cooperazione. I Paesi membri oggi sono 46:

i 26 dell'America Latina e dei Caraibi ricevono i prestiti, mentre i rimanenti 20 sono Paesi donatori, azionisti della Banca.

Tra questi, l'Italia e altri 15 Paesi europei, Usa, Canada, Giappone e Israele.

Il loro potere di voto negli organi direttivi è proporzionale alla quota di capitale ordinario sottoscritta, del quale i Paesi dell'America Latina e dei Caraibi detengono poco più del 50%.

Durante i suoi 40 anni, la Bid ha mobilitato flussi finanziari per 263 miliardi di dollari, trasformandosi nel più importante catalizzatore di risorse verso il continente latinoamericano. E superando, di gran lunga, Banca mondiale e Fondo monetario internazionale.

La Banca ha molteplici fonti di finanziamento, dal capitale sottoscritto dai membri, ai contributi periodici che questi riconoscono all'istituto o ad alcune sue iniziative, attraverso fondi speciali, ai capitali ottenuti dai mercati finanziari internazionali attraverso l'emissione di obbligazioni.

Gli interventi riguardano, in particolare, l'agricoltura, l'industria e le infrastrutture, soprattutto nel campo dell'energia, dei trasporti, dell'ambiente e dello sviluppo urbano. C'è di buono che i progetti vengono finanziati con prestiti a lungo termine, sebbene in dollari Usa, per un periodo che generalmente è compreso tra 8 e 15 anni (eccezionalmente 20 anni), nel limite del 25% dei costi del progetto.

A partire dal 1995, la Bid concede prestiti in forma diretta anche al settore privato, per una quota superiore al 5% del capitale ordinario, che dal 2001 è stata portata al 10%. Una specie di partita di giro, visto che i soldi devoluti dai Paesi membri alla Banca spesso tornano in Europa sotto forma di finanziamenti alle imprese private che investono in America Latina.

Grande enfasi è posta dalla Banca alla dimensione sociale e umana dello sviluppo. I fondi stanziati dalla Banca e per progetti sociali rappresentano la fetta maggiore delle risorse concesse ai Paesi membri: nello Statuto è specificato che almeno il 40% del credito totale deve essere devoluto per finanziare programmi sociali, e nel 2002 è stato raggiunto persino il 53%, permettendo alla Banca di accreditarsi come la prima fonte di aiuti multilaterali per lo sviluppo nella regione.

Tra i diversi progetti, la Bid fornisce supporto per la costruzione e l'ampliamento di scuole e ospedali, università e enti scientifici, acquedotti e fognature, progetti per impianti di irrigazione, l'agricoltura, la pesca, l'industria e il turismo, la costruzione di strade e di altre infrastrutture sia di trasporto che di comunicazione.

Eppure, il dubbio che i programmi di sviluppo sociale e le linee di sostegno ad alcune ong servano principalmente a dare un volto umano alla Banca, rimane forte. Durante il vertice milanese, le parole sulla partecipazione della società civile allo sviluppo si sono sprecate, ma poi le decisioni importanti si sono prese in riunioni a porte chiuse. E al seminario sull'inclusione sociale che si è svolto il 23 marzo, al quale sono stati invitati alcuni rappresentanti delle ong, i pezzi grossi dell'economia e della finanza non hanno fatto capolino.

Ma, soprattutto, è una rara forma di strabismo a caratterizzare lo zelo sociale della Banca. È la stessa istituzione, infatti, che mentre guarda alla costruzione di una scuola in un'area povera della Bolivia, osserva compiaciuta il processo di privatizzazione dell'acqua in Ecuador, che lei stessa ha favorito, ma che ha provocato una grave crisi sociale a causa dell'innalzamento dei prezzi.

Ed è la stessa banca che mentre finanzia le piccole e medie imprese per favorire la creazione di un tessuto produttivo locale, finisce con il finanziare anche alcuni grandi gruppi come Enel, Acea (che partecipa a gare di privatizzazione degli acquedotti) e Impregilo (del gruppo Fiat, specializzata in grandi infrastrutture e mega-dighe ad alto impatto ambientale).

In Sud America le critiche alla Banca sono forti, soprattutto perché le riforme di liberalizzazione dei mercati, spinte dagli istituti internazionali di credito, hanno peggiorato le condizioni di vita di larghe fasce della popolazione: negli ultimi anni la povertà, la disoccupazione e le sperequazioni sociali sono aumentate, e per stessa ammissione della Banca il futuro non promette uno sviluppo equo.

Soprattutto le comunità indigene stanno pagando un prezzo altissimo per la realizzazione di mega-progetti che danneggiano il fragile equilibrio ambientale e sociale, come il gasdotto della Camisea in Perù, finanziato, neanche a dirlo, dalla Bid assieme alle multinazionali estere.!!pagebreak!!

Nel Paese-continente il gsm è in mani italiane
Obiettivo Brasile, sulle ali di un telefonino
Ogni tre anni il vertice della Bid si tiene fuori dal continente americano e quest'anno è toccato a Milano, per i forti vincoli storici, culturali ed economici tra la città ambrosiana e il continente Sud Americano. O più probabilmente per i forti interessi che le imprese lombarde nutrono verso questa regione, e le attese della Banca per nuovi sostanziosi finanziamenti.

Il presidente della Regione, Formigoni, aveva avanzato la richiesta di tenere il summit a Milano due anni fa, e alla fine l'ha spuntata su altre candidature europee. L'evento è costato 12 milioni di euro, dei quali 500 mila messi a disposizione dalla Regione Lombardia, 400 mila dal Comune di Milano, 150 mila dalla Provincia, 150 mila dalla Camera di Commercio e 150 mila dall'Ente Fiera.

Durante le giornate milanesi il presidente Enrique Iglesias ha incontrato i vertici dei gruppi Pirelli e Telecom Italia. In particolare il Gruppo Pirelli -che è presente in America Latina dalla fine dell'800- e Telecom Italia giocano un ruolo di assoluto rilievo nella regione. Attualmente il 12% del fatturato del Gruppo Pirelli è generato in Sud America.

Per Telecom Italia l'America Latina rappresenta il principale obiettivo di sviluppo internazionale, con priorità per l'ampliamento del servizio Gsm nella regione, per il quale il gruppo ha investito 7 miliardi di euro negli ultimi anni. Oggi Tim è l'unico operatore Gsm in grado di assicurare la copertura completa del Brasile: per accorgersene basta girare per le strade di San Paolo o Rio de Janerio, tappezzate con i cartelloni pubblicitari bordati blu e rosso della Tim.

Sulla scia delle grandi aziende anche le piccole e medie imprese lombarde desiderano sbarcare nel continente Sudamericano, in cerca di nuovi mercati di sbocco. Raccolte sotto l'ala di Promos, l'azienda speciale della Camera di commercio per le attività internazionali, partecipano a un grande progetto avviato con il Sebrae, l'ente nazionale brasiliano per la promozione delle piccole e medie imprese, cofinanziato dalla Bid insieme alla Regione Lombardia. Si tratta di un progetto di sviluppo di poli settoriali e distretti industriali in Brasile attraverso la cooperazione con le imprese italiane della Regione Lombardia; un'iniziativa che prevede il trasferimento in Brasile dell'esperienza dei distretti industriali lombardi, considerato un modello vincente di organizzazione della produzione da replicare.

Proprio lo scorso 4 ottobre il governo italiano e la Bid avevano firmato un accordo per la creazione di due fondi fiduciari, -uno stanziamento totale di 8 milioni di euro- per promuovere la microimpresa e l'uso delle tecnologie dell'informazione in programmi di sviluppo sociale in America Latina e Caraibi.

Il summit, inoltre, si è tenuto poco prima dalla presidenza italiana dell'Unione Europea, in un momento in cui l'Europa sta cercando di penetrare i mercati latinoamericani attraverso le trattative per una maggiore integrazione con il Mercosur (Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) e a pochi mesi dai negoziati del Wto a Cancun, in Messico. Uno dei seminari era, guarda a caso, dedicato alla gestione dei servizi pubblici, oggetto dei desideri delle multinazionali europee e obiettivo primario delle richieste di privatizzazione che la delegazione dell'Ue ha intenzione di presentare a Cancun.

L'Unione Europea è il primo partner commerciale, il primo investitore e il primo fornitore di aiuti del Mercosur. Ma il timore di perdere terreno di fronte all'avanzata dell'Alca (l'accordo per la creazione di un'area di libero scambio dall'Alaska alla Terra del fuoco), è fonte di grande preoccupazione per i funzionari Ue raccoltisi a Milano in occasione del vertice annuale della Bid.

Damian Hernandez Lopez, il responsabile per l'Ue delle trattative che vedono i due blocchi regionali sulla strada di una maggiore integrazione, ricorda che in passato il commercio tra Messico e Ue era attorno al 15%, mentre oggi è sceso al 5%. Il rischio di perdere terreno è molto alto, perché mentre le trattative tra Ue e Mercosur vanno avanti a rilento, quelle che vedono gli Stati Uniti protagonisti procedono a passo spedito.

I negoziati che sono alla base di una maggiore integrazione tra Mercosur e Ue possono apparire identici alla creazione dell'Alca, ma il progetto Ue è molto più ambizioso, perché prevede, oltre alla creazione di un'area di libero scambio, anche un'integrazione sul piano politico e sociale. L'Alca non include queste iniziative, né mai le includerà.

I problemi che Ue e Mercosur devono affrontare riguardano oggi le trattative più spinose, come l'abbattimento di barriere e sussidi in campo agricolo: una svolta che si profila meno realizzabile con l'allargamento a Est verso Paesi agricoli.

Ma nel continente aumentano povertà e disoccupazione
Il Prodotto interno lordo (Pil), l'indicatore tradizionale per misurare la ricchezza di un Paese, non cresce in America Latina e Caraibi, dando buoni motivi di preoccupazione.

La Banca interamericana di sviluppo ha calcolato che il Pil di tutta l'area è diminuito dello 0,5%, cancellando così la crescita modesta dello 0,4% raggiunta nel 2001.

La Commissione economica delle Nazioni Unite per il Sud America e i Caraibi (Cepal), ha calcolato che per dimezzare il numero di poveri nel quinquennio 2000-2004 il Pil dell'area dovrebbe crescere annualmente al ritmo del 3,8%.

Il tasso di disoccupazione medio è cresciuto del 9,1%. In Argentina, Colombia, Repubblica Domenicana, Panama, Uruguay e Venezuela si è toccato il picco del 15%. Negli anni '90, il tasso di povertà (definito come il numero di persone che vivono con meno di 2 dollari al giorno), era sceso dal 48,3% al 42% e il tasso di povertà estrema (meno di un dollaro al giorno) si era ridotto dal 22,6% al 17,8%. Negli ultimi due anni questo trend si è capovolto: il tasso di povertà è salito al 43% nel 2001 e quello di povertà estrema al 18,6%. Alla fine del 2001 il numero totale di persone povere era quindi cresciuto da 207 a 214 milioni (e quello delle persone in estrema povertà da 88 a 93 milioni).7 milioni di nuovi poveri sono calcolati per il 2002, di cui 6 milioni in estrema indigenza: l'indice di povertà è infatti stimato attorno al 44% e quello di povertà estrema attorno al 20%.

Il dubbio che tutti i Paesi dell'America Latina e dei Caraibi raggiungano l'obiettivo del Millennium Development Goal, che stabilisce di dimezzare la povertà estrema entro il 2015, è molto forte. La situazione, però, varia molto tra Paese e Paese: alcuni come Cile e Panama hanno già dimezzato la povertà estrema nel 2000, altri come Brasile, Repubblica Domenicana e Uruguay stanno facendo notevoli progressi, altri ancora come Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Messico e Nicaragua stanno iniziando a ottenere i primi risultati positivi. Diversa la situazione per Bolivia, Honduras e Perù, che hanno mostrato di avere iniziato a lavorare su questa strada, ma non riusciranno a rispettare il limite temporale, e Colombia, Ecuador, Paraguay e Venezuela, dove i livelli di povertà estrema sono più alti degli anni '90.

Milano, rotta Sud-Ovest
Milano e Centro-Sud America sempre più vicine. Anche in affari. In dieci anni il capoluogo meneghino esporta il 210,7%, in più. Raggiungendo il 16,7% del totale italiano. Non è da meno nell'import, che in dieci anni è cresciuto dell'89,8%, toccando il 12% sul totale nazionale.

I migliori clienti del “Made in Milan” sono Brasile, Messico, Argentina, Venezuela e Cile dove arrivano soprattutto macchine agricole, meccaniche, prodotti chimici, ma anche tessile e abbigliamento.

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