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Ambiente / Opinioni

Seminare la resistenza. Dalla Finlandia al Mali

FB Réseau Semences Paysannes

C’è un filo rosso che lega un agricoltore scandinavo a uno africano: entrambi sono stati dimenticati dalla ricerca e dalle politiche agricole. La rubrica di Riccardo Bocci di Rete Semi Rurali

Tratto da Altreconomia 221 — Dicembre 2019

Dal 7 al 9 novembre la Rete Semi Rurali ha partecipato a Méze, nel Sud della Francia, all’incontro internazionale “Semina la tua resistenza!”, organizzato da Rete Francese sementi contadine (semencespaysannes.org) e Coordinamento europeo Liberiamo la Diversità (liberatediversity.org). Erano presenti circa 250 partecipanti da Europa, Africa, Asia e America Latina per condividere una nuova visione tra agricoltura e sementi, valorizzare il ruolo degli agricoltori nelle nostre società e, soprattutto, costruire relazioni e ponti tra Sud e Nord del mondo. Le tre giornate hanno dimostrato l’importanza di favorire lo scambio di esperienze e pratiche tra mondi e culture diverse. Un esempio: i rappresentanti delle organizzazioni contadine dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale, come ad esempio Senegal e Mali, hanno raccontato che questa regione sta riscrivendo la sua legislazione sementiera, copiando di fatto quella europea. Il nostro modello di agricoltura, assieme al suo pacchetto tecnologico fatto di sementi uniformi, pesticidi e concimi e il relativo sistema di regole e politiche, si sta espandendo anche là. Sentendoli parlare emerge chiaramente come la loro classe politica sia culturalmente vittima dell’ideologia della modernizzazione, dal momento che per traghettare verso il futuro i loro Paesi immaginano di avere a disposizione un solo modello di progresso: è quello che abbiamo percorso noi negli ultimi 100 anni.

90%: la quota di sementi ancora gestita direttamente dagli agricoltori nella regione dell’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale

Le politiche di sviluppo diventano un esercizio di copia e incolla. Solo che in questa regione il 90% delle sementi è ancora gestito direttamente dagli agricoltori: non fare politiche di supporto a tali sistemi ma semplicemente ignorarli o favorire la loro scomparsa in nome del progresso non è solo un errore strategico ma un atto contro una parte rilevante della propria società. Tutto ciò è ancora più grave tenuto conto che in Europa stiamo modificando il nostro sistema di regole per dare più spazio alla diversità agricola, anche attraverso pratiche di ricerca partecipata e decentralizzata. Varietà da conservazione, popolazioni, varietà per il biologico, materiale eterogeneo sono novità del panorama europeo che non trovano spazio nelle politiche dei Paesi africani. Criticare quanto sta avvenendo in Africa occidentale non è una questione ideologica ma è l’analisi della realtà: il nostro modello di produzione di varietà e sementi basato sul ruolo dei soggetti privati nell’innovazione varietale e nella produzione sementiera non può rispondere alla loro necessità di avere sementi diverse per tanti agricoltori in ambienti diversificati. Non per cattiva volontà, ma perché non è conveniente: molto meglio fare una varietà che possa essere venduta a tanti agricoltori e recuperare così i costi di ricerca e sviluppo, che farne molte per rispondere alle necessità di tanti tipi diversi di agricolture e agricoltori.

Non dobbiamo pensare che questo sia solo un problema dell’Africa. A Mèze lo ha detto un rappresentante della Finlandia: “Nessuno è interessato a produrre varietà adatte ai nostri ambienti nordici, siamo costretti a fare questo lavoro da soli”. Sembra impossibile eppure c’è un filo rosso che lega l’agricoltore scandinavo a quello africano: entrambi sono stati dimenticati dalla ricerca e dalle politiche agricole, lasciati indietro in nome di un presunto progresso dove i vinti sono sempre di più dei vincitori. Sostituite nella frase “ai nostri ambiente nordici” con “alla nostra agricoltura biologica o biodinamica” e capirete la solitudine in cui vivono molti agricoltori anche in Italia.

Riccardo Bocci è agronomo. Dal 2014 è direttore tecnico della Rete Semi Rurali, rete di associazioni attive nella gestione dinamica della biodiversità agricola.

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