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Terra e cibo / Opinioni

Secondo la Regione Lombardia costruire autostrade non consuma suolo

Se la Regione Lombardia decide che le nuove “infrastrutture” al servizio della viabilità su gomma non devono considerarsi consumo di suolo, e perché è scritto nella legge regionale del 2014. Indignarsi oggi non serve, scrive Paolo Pileri, che aveva già denunciato dalle colonne di Altreconomia il gioco delle tre carte nella normativa approvata dalla giunta Maroni

Novembre 2015: Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, taglia il nastro inaugurale di una tratta dall'autostrada Pedemontana Lombarda

Nei giorni scorsi in Lombardia vi è stato un piccolo sussulto sul tema “consumo di suolo”: la Giunta avrebbe proposto di non conteggiare le autostrade e le strade nel computo del consumo di suolo. Qualcuno alla notizia di tale proposta ha gridato allo scandalo, ha scritto ai giornali e ha subito fatto girare mail per prepararsi a controbattere. Il Corriere della Sera ha titolato: “La Regione: le autostrade non mangiano suolo”. Voglio tranquillizzare tutti: quel che è accaduto non è un blitz (così lo descrivono i media) di qualche scapestrato, ma solo l’atto legittimo (ahimè) del legislatore, che non fa che adempiere alla funzione che la legge che egli ha proposto e fatto approvare gli riserva.

Insomma, la fantomatica legge 31/2014 della Lombardia (per chi non lo sapesse è la legge che dovrebbe fermare il consumo di suolo, ma che ha dentro tanti bachi, buchi e ambiguità) sta facendo il suo corso naturale e pure con del ritardo. Se si va a leggere o rileggere il comma 4 dell’articolo 2 si trova scritto esattamente quel che è accaduto e accadrà: “La Giunta regionale, con deliberazione da approvare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la competente commissione consiliare, definisce i criteri di individuazione degli interventi pubblici e di interesse pubblico o generale di rilevanza sovracomunale per i quali non trovano applicazione le soglie di riduzione del consumo di suolo di cui alla presente legge”.

Come vedete, e come abbiamo scritto già altrove (nell’aprile del 2016), il legislatore si era già preso la libertà di derogare a se stesso.
Gli alfieri del suolo cosa pensavano che volesse dire quel comma? Oppure pensavano che il legislatore se ne sarebbe uscito con una listina striminzita in quanto pentito egli stesso?
Bisognava sorvegliare, discutere, far conoscere i rischi due anni fa. Da due anni, invece, la ferita è aperta e non se ne è di fatto parlato (sta bene a tutti così? Oppure nessuno si perita di far conoscere le cose?). Da quella ferita non può che sgorgare cemento: è assai probabile che si tenterà di allungare la lista con chissà quante voci, e così via al consumo di suolo “maggiorato”.

Ma attenzione che quella legge ha in serbo anche tante altre sorprese. Prima fra tutte la fantomatica vicenda del cosiddetto “Tessuto urbano consolidato”, ovvero quella che io chiamo la corda molle del tessuto urbano o la coperta bucata delle città. Insomma, con la somma di questa legge e dell’antica legge di governo del territorio, la mitica 12/2005 con le sue modificazioni, i Comuni stendono una sorta di mantello grigio sopra il loro urbanizzato (che però non è tutto tutto urbano). Sotto il mantello tutto quel che viene trasformato non sarà considerato consumo. Ai bordi del mantello, idem. E quindi basta stirare bene il mantello così da sbordare un po’ più in là dell’urbanizzato, oppure coprire bene i buchi che ci sono, per assicurarsi un sacco di consumi di suolo nel futuro (e infatti molti chiamano gli spazi liberi che verranno trasformati “aree di ricucitura”).

Si pensi che sui 53mila ettari di consumo di suolo futuro in Lombardia ben 33mila staranno sotto o ai bordi del mantello dove questa legge non dice nulla se non “fate pure”.
E anche quando la legge dirà che si dovranno ridurre (pare del solo 20%) le aree di trasformazione previste nei piani, non preoccupatevi che non sta mettendo le mani sotto il mantello e quindi poco cambierà.

L’occasione di quanto accaduto nei  giorni scorsi mi stimola a ricordare che si può e si deve fare meglio. E che certe regole sembrano più scritte per il cemento che per il suolo. Spetta alla Politica decidere e, con coraggio, mettere a posto queste storture che bene non ci fanno e che aumenteranno la spesa pubblica visto che la cementificazione, è stato dimostrato, costa un sacco alla società e non possiamo permetterci interventi diversi dal recupero di quel che c’è. Recuperato questo ci penseremo se consumare altro.

Ma ora basta: in Lombardia come in tante parti di Italia abbiamo un sacco di volumi già pronti che sono vuoti. Questa Regione potrebbe divenire un laboratorio straordinario di recupero, manutenzione, rigenerazione, insegnando a tutti come si fa. Al Senato in questa settimana si sta discutendo una legge a tutela del suolo e, per onore di Paese, potrebbe essere il caso di attendere quel dispositivo che, pur imperfetto (ma spero verrà migliorato nelle ultime ore e non affossato da attacchi demolitori), stabilirà una linea da seguire.

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