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“Sea Watch”, i migranti a bordo sono stremati

La denuncia del sindaco di Siracusa, Francesco Italia, e dello psichiatra Tati Sgarlata dopo la visita a bordo della nave. Sui corpi degli uomini a bordo i segni delle torture subite. “Hanno paura di dover tornare in Libia”

Altra giornata in mare per la “Sea Watch 3” e i 47 migranti a bordo. Una giornata tumultuosa, quella di domenica 27 gennaio, aperta dall’arrivo a bordo di una delegazione composta dai parlamentari Nicola Fratoianni (LeU), Riccardo Magi (+Europa), Stefania Prestigiacomo (Forza Italia), dal sindaco Francesco Italia, da due legali, dalla portavoce di “Sea Watch” e un membro dell’ong “Mediterranea”. Con loro lo psichiatra siracusano Tati Sgarlata, la cui presenza si è resa necessaria per rispondere alla richiesta fatta ieri dalla nave della ong tedesca ferma da ormai tre giorni in una fonda a Nord di Siracusa.

La delegazione, che sabato 26 gennaio si era vista respingere la legittima domanda di ispezione presentata dai parlamentari, nel pieno esercizio delle proprie prerogative costituzionali, di primo mattino aveva deciso di superare lo stallo e raggiungere la “Sea Watch 3” a bordo di un gommone. “Quando ieri (sabato, ndr) abbiamo chiesto l’autorizzazione -ha detto ad Altreconomia il sindaco Francesco Italia al telefono dalla nave- è stata rifiutata senza motivazione. Così stamattina abbiamo deciso di andare con un gommone”.

“Non abbiamo fatto un blitz come qualcuno pensa -continua Italia- ci siamo semplicemente accostati alla barca e nessuna delle motovedette ci ha fermato. Solo dopo che siamo saliti a bordo ci hanno fatto le loro rimostranze”. Per ore, la delegazione è stata trattenuta in nave, senza la possibilità di scendere. La motivazione sarebbe quella della necessità di effettuare la visita medica prima di tornare a terra.

Intanto il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, accusa i parlamentari di aver violato la legge. Dal canto loro, Magi e Fratoianni hanno replicato che l’unica violazione è non consentire a dei parlamentari della Repubblica di esercitare i loro diritti riconosciuti dalla Costituzione. Attorno alle 15.30, la delegazione è stata fatta sbarcare sul porticciolo della capitaneria di fronte alla rada nella quale si trova la “Sea Watch”. Sulla nave, come ci dice il primo cittadino, la situazione “non è ancora di emergenza sanitaria, perché la Sea Watch è ben organizzata, ma i migranti sono provati, stremati, hanno poco spazio. Sono in condizioni pesanti, molti non erano mai stati in mare, quindi vomitano, stanno male, non mangiano”.

Lo psichiatra Sgarlata, che ha constatato le condizione di salute dei migranti, ha raccontato ad Altreconomia che essi presentano i traumi tipici di chi affronta gli orrori del viaggio attraverso la Libia e il Mediterraneo. “Hanno vissuto drammi terribili -afferma il medico-: i morti durante il viaggio, la prigione in Libia, le violenze subite, alcuni ci hanno fatto vedere i segni di queste violenze, bruciature, tagli, unghie spezzate, insomma tutto ciò che è ormai la tremenda realtà della migrazione verso l’Europa”.

Una realtà che produce naturalmente effetti psicologici terribili. “Hanno paura -continua Sgarlata- che questo viaggio ancora non finisca e che qualcuno possa tornare in Libia in qualche modo. Li abbiamo rassicurati, ma è chiaro che vivono con disagio questa situazione, che non può durare ancora molto”. Lo stesso disagio è stato certificato anche dal sindaco, il quale ha parlato del fatto che “i ragazzi non si spiegano cosa stia accadendo, si sentono di essere nuovamente in prigione. Uno di loro mi ha detto che quando ha visto la nave di Sea Watch, ha pensato che fossero libici ed era pronto a buttarsi in mare pur di non tornare in Libia”.

Nel primo pomeriggio, intanto, la Guardia Costiera, con il coordinamento della Prefettura e dell’assessorato alle Pari opportunità sociali, ha risposto alla necessità del comandante di avere viveri e indumenti, che sono stati forniti anche dalle associazioni di volontariato di protezione civile e religiose e dalla Caritas. Ancora un diniego invece riguardo alla richiesta di attracco in porto. Dopo la motovedetta con i viveri, la Guardia Costiera ha accompagnato una delegazione di giornalisti, consentendo di avvicinarsi alla Sea Watch. Arrivati a meno di 200 metri dal fianco destro dell’imbarcazione, sulla parte di poppa, che dondola sulle onde lunghe, i migranti al sole salutano, sventolano i teli e alzano i pugni al cielo, poi urlano in coro “libertà”. Qualcuno sorride e mentre ci allontaniamo continua a salutare. Un segno di speranza, una richiesta di aiuto. La  richiesta di chi ha già visto l’orrore con i propri occhi e, dopo 9 giorni in mare, chiede solo riparo e pace. Quella che la città di Siracusa vuole offrire, compatta, e che il governo non ha ancora voluto assecondare.

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