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Se un’azienda in crisi rifiuta una commessa militare

I lavoratori della Morellato, società in provincia di Pisa che si occupa di impiantistica rinnovabile, sono in cassa integrazione. Quando una società del gruppo Finmeccanica propone una commessa, l’azienda si confronta al proprio interno e con la rete dell’economia solidale di Pisa. E alla fine rifiuta, in nome dell’etica

Sembra una storia di altri tempi, ma accade nell’Italia della crisi sociale e del realismo economico. Si svolge a Pisa, in quella Toscana che nonostante uno “standing” progressista subisce pesantemente gli effetti di un’economia che non tira e del lavoro che manca. E niente più dei numeri rende l’idea del dramma quotidiano di migliaia di persone: dal maggio 2009 al giugno 2012 sono state autorizzate dalla Regione 35.605 richieste di cassa integrazione in deroga, poco meno di diecimila aziende coinvolte, oltre 55mila lavoratori interessati e quasi 63 milioni di ore, per un costo di oltre 616 milioni di euro. Sono i dati snocciolati dall’assessore regionale al lavoro Gianfranco Simoncini e che danno un’idea statistica del problema, che riesce solo parzialmente a rendere giustizia di una situazione insostenibile.

In questo scenario rimangono sotto la scure della crisi piccole e piccolissime imprese, spina dorsale dell’imprenditoria italiana, tra cui la Morellato Energia e la Morellato Termotecnica di Ghezzano (Pisa), entrambe guidate da Valerio Morellato, un giovane ingegnere poco più che trentenne con un’attenzione particolare alla sostenibilità e all’etica in economia. Al punto da far aderire le sue aziende al Patto del Distretto di Economia Solidale AltroTirreno che, nel comprensorio di Pisa, vuole sostenere la cooperazione tra soggetti economici “virtuosi” ed eticamente orientati. La crisi economica da una parte, la difficoltà nel reperire credito e il clima di incertezza che si è creato attorno agli incentivi al fotovoltaico (dopo il quarto e quinto conto energia, approvati nel corso di un anno e che ridimensionano, seppur confermandoli, gli incentivi al settore) hanno imposto alle due aziende di fare ricorso alla cassa integrazione nella speranza di riuscire a superare l’empasse.

E’ in questo momento difficile che arriva una commessa particolare. La WAAS, Whitehead Alenia Sistemi Subacquei, è azienda del gruppo Finmeccanica, che la presenta come “leader a livello mondiale nel settore dei Sistemi Subacquei”, produce siluri, come viene chiarito dal sito internet dove si ricorda come “più di 100 siluri sono in fase di produzione e di consegna per varie importanti Marine distribuite in tre diversi continenti”.
Contatta la Morellato Termotecnica (la ditta del gruppo che si occupa di idraulica, climatizzazione e solare termico), chiede un sopralluogo ed un preventivo per una serie di lavori tra cui un sistema di refrigerazione per una vasca piuttosto capiente che sarebbe usata per ricerca militare. Una commessa da 30mila euro, un terzo dei quali come margine netto, e che si sarebbe svolta in poco più di una settimana di lavoro. Ossigeno per le casse dell’azienda, basterebbe pensare che la cifra corrisponde a quello che si potrebbe ottenere con l’installazione di 38 climatizzatori o di 12 impianti di solare termico. Ma un evidente compromesso con l’etica aziendale: sostenere o non sostenere anche implicitamente la ricerca militare?

La discussione interna si apre. Alcuni lavoratori non sono d’accordo nel procedere, altri si trovano schiacciati dalla necessità di trovare commesse, lo stesso titolare esprime dubbi e si confronta con le diverse posizioni in campo. Parallelamente si apre un confronto con OdES, l’Officina dell’Economia Solidale di Pisa, il soggetto che facilita il processo di sviluppo del Distretto di Economia Solidale del comprensorio. E, lunedì scorso, il rifiuto: una breve email ma cortese, spiega che pur essendo “consapevoli che il nostro contributo alla realizzazione della struttura militare sarebbe stato marginale e certamente ci sarà un’altra azienda che ci sostituirà, […] non ce la sentiamo di mettere le nostre competenze al servizio di un’opera che potrà sviluppare tecnologia bellica […]”.

Un “no grazie” chiaro e motivato, nonostante una crisi economica non risolta ed una sostenibilità aziendale ancora non trovata. Un passo importante, ma c’è ancora molto da fare, come dice Valerio Morellato nella sua lettera inviata ad OdES, sulla “necessità di dare risposte all’interno dell’azienda a chi, tra i lavoratori, potrebbe non capire; l’importanza di approfondire forme di solidarietà e collaborazione all’interno del Patto del Distretto di Economia Solidale; il ruolo positivo che ha giocato e che potrebbe giocare l’economia solidale nell’aiutare le persone (prima che le aziende) a non rimanere compressi tra necessità e coerenza”.

Tra OdES e le aziende del gruppo Morellato inizierà forse un percorso più strutturato. Comunicazioni comuni su temi scelti, promozioni coordinate, una riflessione condivisa su come procedere. E’ un primo passo che però apre tante prospettive e molte domande: in che modo l’economia solidale italiana potrà essere protagonista delle strategie sostenibili di uscita dalla crisi? La risposta non c’è ancora, ma l’esempio della Morellato Termotecnica ci mostra come, davanti a percorsi chiari e ad un’economia solidale non autoreferenziale, sia possibile far emergere il meglio che c’è tra i piccoli imprenditori italiani.

 

 

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