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Se la banca entra a scuola

L’educazione finanziaria è una materia assente nei curricola ordinari della scuola dell’obbligo. Il ministero l’ha appaltata agli istituti di credito —

Tratto da Altreconomia 167 — Gennaio 2015

Leo, Clara, “papà Ugo” e “mamma Miranda” formano la famiglia Millesogni, protagonista di EduCare Scuola, il progetto di educazione finanziaria nelle scuole primarie di 24 province italiane lanciato nel novembre dello scorso anno dall’istituto di credito Bnl-Bnp Paribas. Chi l’ha tradotto in storie illustrate per i più piccoli è stato Giunti Progetti Educativi, una società di Giunti Editore. Alla famiglia-fumetto spetta l’onere di “parlare ai ragazzi di risparmio, economia e altri temi importanti per il loro futuro”, come recita l’homepage della campagna, educarescuola.bnl.it. Durante la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, Franco Gallia, amministratore delegato del gruppo bancario, ha sottolineato l’esigenza di “fare qualcosa per ridurre quella asimmetria informativa che esiste sempre tra chi lavora in banca e chi è fuori dalla banca”. E di farlo a cominciare da “alcuni concetti di base che però permettano ai nostri clienti di operare scelte in modo più consapevole”. Ecco dunque un kit in omaggio: “25 copie di un libro per ragazzi”, “una guida per gli insegnanti”, “un pieghevole con i suggerimenti per partecipare a un grande concorso a premi” dal valore complessivo di 4.050 euro, “un cd per l’utilizzo dei materiali su LIM”, “una borsa shopper”, “una circolare informativa per le scuole” e “25 lettere informative per le famiglie”.
Non è la prima volta che una banca entra a scuola -sebbene Bnl non abbia voluto comunicare l’investimento sostenuto-. In Italia, il cui sistema educativo è sprovvisto di piani curriculari dedicati, è la regola. Secondo la ricerca “L’esperienze di educazione finanziaria. Indagine sulla realtà italiana nel contesto internazionale” curata dalla Fondazione Rosselli e dal Consorzio PattiChiari (2011), infatti, “la maggioranza dei soggetti che realizzano attività di educazione economico-finanziaria è costituita da istituti bancari (68%), seguiti dalle fondazioni bancarie (18%) e dagli enti e associazioni di categoria e consorzi di varia natura”. Ciò vale anche per le scuole, di ogni ordine e grado. Del resto, la società di ricerca Doxa stima che il 50% dei giovani italiani compresi tra i 18 e i 29 anni non sappia che sia un’obbligazione, il 42% associ “la borsa a una scommessa”, l’83% non sappia orientarsi nel risparmio gestito, la quasi totalità non possieda un’educazione pensionistica. Per colmare la lacuna, anche nell’anno scolastico 2014-2015 il ministero dell’Istruzione ha sottoscritto dei protocolli d’intesa e collaborazione in materia di educazione finanziaria nelle scuole con l’Agenzia delle entrate, la Banca d’Italia, il Corriere della Sera, la Corte dei Conti, il Comando generale della Guardia di finanza, la Fondazione Rosselli, il ministero dell’Economia, il Gruppo editoriale Sole 24 Ore (anche attraverso il progetto “Young factor” in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Mps e Unicredit), la fondazione Patti Chiari -dalla primavera 2014 divenuta Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio (www.feduf.it)-, l’Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito, il consiglio di presidenza della Giustizia tributaria, la Rete nazionale dei licei economico-sociali, l’Associazione bancaria italiana, l’Associazione europea per l’educazione economica e la Società degli economisti. La collaborazione con Banca d’Italia -una società per azioni privata, i cui primi azionisti sono Intesa e Unicredit- è partita nel 2007, tramite la sottoscrizione di un memorandum d’intesa tra l’allora ministro competente Giuseppe Fioroni e l’allora governatore Mario Draghi. “La moneta e gli strumenti di pagamento alternativi al contante”, “l’elemento forte dell’adozione del borsellino elettronico” e “la stabilità dei prezzi” sono gli argomenti trattati, sottoposti anche nell’anno 2012-2013 a 2mila classi e 40mila studenti. Nell’elenco del Miur manca però EduCare Scuola di Bnl. Dall’ufficio stampa del ministero non giunge alcun chiarimento sulla filiera di “certificazione” del soggetto che entra fisicamente in classe -se non un generico “esiste l’autonomia scolastica”- mentre dalla banca fanno sapere che è stato l’editore Giunti “a contattare le scuole e aprire il canale di comunicazione”.
Comunicazione che risponde agli orientamenti di una banca tradizionale. Emblematico a proposito è un passaggio del libretto “L’€conomia della famiglia Millesogni in 10 episodi”. Spiega che “per valutare la convenienza di un investimento bisogna tenere conto soprattutto di tre fattori: quanto è rischioso? Un investimento comporta anche dei rischi, cioè se le nostre previsioni si rivelano sbagliate, per motivi che dipendono da noi o meno, possiamo perdere il nostro denaro. Rendimento: quanto è possibile guadagnare rispetto alla somma investita? Tempo: quanto ci vorrà per venire in possesso di ciò che (speriamo!) si è guadagnato?”.
Della finalità etica dell’investimento poco importa. Ed è proprio su questo che riflette Ugo Biggeri, presidente di Banca Popolare Etica (bancaetica.it), che cerca di trasmettere i suoi principi tramite le Scuole di economia popolare, organizzate dai soci raccolti nei Gruppi di iniziativa territoriale (Git). “Quando Don Milani insegnava ai suoi allievi del Mugello -sostiene Biggeri- era solito ripetere che ‘ogni parola non imparata oggi è un calcio in culo che prenderete domani’. Ecco, la finanza ce ne sta dando un sacco e da troppo tempo”. Che ne pensa del ruolo egemone delle banche in tema di educazione finanziaria nelle scuole? “Il rischio è che l’educazione finanziaria si riduca a tecnica finanziaria. È meglio di niente, anche se il punto centrale è capire davvero a che cosa servono le banche e sapere che fine fanno i nostri soldi”. Banca Etica non figura tra i partecipanti alla Fondazione Abi per l’educazione finanziaria e al risparmio, perché? “L’approccio è molto generalista. Non si tratta di sminuire, ma riteniamo fondamentale non confondere. È più importante conoscere tecnicamente un estratto conto o aver certezza della destinazione dei propri soldi?”. In Senato giace una proposta di legge in materia di “educazione finanziaria” (ddl 1196, primo firmatario Mauro Marino del Partito democratico) dove non figura mai il termine “solidale”. Che risposte sta dando la politica? “Pessime, a cominciare dal Governo. Penso alla promozione dei giochi d’azzardo, al ritiro in anticipo del trattamento di fine rapporto, agli incentivi al consumo. È una schizofrenia, come aver consentito il diffondersi di strumenti quali le carte revolving. Penso che l’aspetto tecnico sia superato dall’aspetto etico, che è la prima vera educazione finanziaria”. —
 

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