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Se Bergamo un giorno somiglia a Genova

28 febbraio: la polizia carica in modo spropositato un corteo, come al G8 del 2001 La testa di Mattia è schiacciata a terra dall’anfibio di un poliziotto. Il piede dell’agente indugia sull’adolescente sdraiato. “Ma Mattia -urla il suo amico, anche…

Tratto da Altreconomia 104 — Aprile 2009

28 febbraio: la polizia carica in modo spropositato un corteo, come al G8 del 2001

La testa di Mattia è schiacciata a terra dall’anfibio di un poliziotto. Il piede dell’agente indugia sull’adolescente sdraiato. “Ma Mattia -urla il suo amico, anche lui un ragazzino- non ha fatto niente”. Si è solo trovato in mezzo a una delle cariche di polizia che si sono susseguite per un’ora nel tardo pomeriggio del 28 febbraio scorso a Bergamo. Le immagini di Mattia e di altre violenze (visibili su youtube) sono state registrate alla fine di un corteo antifascista non autorizzato che si è svolto per contestare l’apertura della sede di Forza Nuova. Hanno fatto il giro d’Italia e ricordato ai molti che le hanno guardate altri abusi commessi 8 anni fa: quelli di Genova. Anche a Bergamo si è assistito a una sospensione dello Stato di diritto: non è previsto dalla legge, infatti, che un poliziotto schiacci con il suo anfibio la testa di un giovane inerme. Lo ha spiegato anche il padre di Mattia che, scrivendo a un giornale locale, ha ribadito che il figlio si è trovato lì per caso e ha annunciato l’intenzione di rivolgersi alla magistratura “perché la legge e il suo rispetto devono valere per tutti”. Alla magistratura potrebbero appellarsi anche altre persone rimaste coinvolte nelle cariche di fine febbraio. Con i manganelli gli agenti hanno colpito braccia, spalle e teste dei manifestanti e di chi passava lì vicino. Una cinquantina di persone sono state immobilizzate in un angolo di via Paleocapa, una strada del centro, tra urla e insulti, tra calci e botte.
Un videoreporter di Canale Italia manganellato più volte, e al quale è stata distrutta la telecamera (l’Ordine dei giornalisti ha presentato un esposto alla magistratura), è riuscito a riprendere la faccia di Mattia schiacciata a terra. Altre immagini mostrano giovani che scappano nel traffico, rincorsi dagli agenti che picchiano e inveiscono. Una sorta di caccia all’uomo che ad alcuni testimoni è sembrata del tutto ingiustificata. Per sessanta minuti la forza della polizia è sembrata fuori controllo. Poi 61 persone sono state fatte salire su un autobus di linea e sui cellulari e portate in questura. Due di loro sono finite in carcere e rilasciate il lunedì successivo con l’accusa di resistenza aggravata e lesioni a pubblico ufficiale.
Gli altri sono stati rimessi in libertà in serata: molti di loro denunciati per corteo non autorizzato, ma non si conosce l’esatta situazione perché le indagini sono ancora in corso. Si conoscono, invece, le posizioni del questore Dario Rotondi (per anni a Vicenza) e del prefetto Camillo Andreana. “La polizia locale si è comportata con grande professionalità” ha detto il primo, mentre il secondo ha sottolineato che le forze dell’ordine hanno agito correttamente e che le cariche sono servite ad evitare gli scontri con l’altra manifestazione che si è svolta a Bergamo quello stesso pomeriggio. Il prefetto si riferiva alla sfilata paramilitare non autorizzata di circa 200 militanti di Forza Nuova. Quel corteo resta uno dei punti oscuri della giornata. Infatti i neofascisti sarebbero dovuti essere traghettati dalla piazza dove si erano dati appuntamento verso la nuova sede del loro partito senza la possibilità di sfilare. E invece, per più di un’ora, hanno sostato in mezzo alla strada, con aste di metallo in mano e caschi in testa, facendo il saluto romano e inneggiando al Duce senza che le forze dell’ordine intervenissero per fermarli. Con loro anche l’ex terrorista nero ed eurodeputato Roberto Fiore e “Astipalio”, nome di battaglia di Dario Macconi, figlio di Pietro -presidente provinciale di Bergamo di Alleanza Nazionale e presidente della commissione Sanità in Regione Lombardia-. Su questo corteo sta indagando la magistratura che dovrà anche fare chiarezza sulle armi improprie che sarebbero state trovate addosso ai manifestanti antifascisti.
Alla fine delle cariche Rotondi ha mostrato ai giornalisti qualche mazza, alcuni caschi e un martello che sarebbero stati sequestrati ai manifestanti. Sulla stampa locale si è letto anche di una vetrina rotta quando anche il sindaco di Bergamo, Roberto Bruni, nei giorni successivi ha negato che ci fossero stati danni ai negozi. Ma dopo due giorni è arrivato il colpo di scena. Il 2 marzo, infatti, il questore ha organizzato una conferenza stampa per mostrare altri oggetti che sarebbero stati trovati in Questura addosso ai fermati: fionde, sassi, tirapugni, passamontagna, caschi, bulloni, cacciaviti, coltelli a serramanico, biglie, petardi, aste di legno, portabandiere realizzate con manici di piccone e maschere da sub. Gli organizzatori del presidio, in una conferenza stampa successiva che si è svolta in una sala del Comune di Bergamo, hanno negato la possibilità che i manifestanti fossero in possesso di questi oggetti. E, dopo aver ricordato l’episodio delle due molotov di Genova, hanno mostrato dei fotogrammi nei quali si vede un uomo travisato in volto che, durante le cariche, picchia alcuni manifestanti con una mazza (simile a quelle sequestrate). L’uomo ha tutta l’aria di essere un poliziotto in borghese, anche se non c’è conferma ufficiale.
E chissà se arriverà mai.

Prima dell’attacco
Il 28 febbraio a Bergamo viene inaugurata la sede di Forza Nuova in via Bonomelli. Viene organizzato un presidio antifascista in una strada vicina, via Quarenghi. Ai giovani viene negato il permesso di manifestare in corteo per ragioni di sicurezza. In presidio, dalle 14.30 alle 16.30 circa, si ritrovano più di 500 persone. Tra loro anche alcuni ragazzi del centro sociale di Bergamo “Pacì Paciana”. Ma quando si scopre che ai militanti della destra radicale è stato permesso di sfilare, il presidio si trasforma in corteo. Più di 600 persone si muovono per le vie di Bergamo nella parte opposta a dove è stata inaugurata la sede (nella foto sopra). I manifestanti, dopo un’ora circa, tornano in via Quarenghi. Gli organizzatori chiedono al cordone di poliziotti che ancora li blocca di poter confluire verso la Malpensata. Ma le forze dell’ordine rifiutano. Allora la coda del presidio, formata da una quarantina di persone, si stacca e si dirige verso Porta Nuova, intenzionata, pare, ad andare verso la stazione ferroviaria. Il piccolo gruppo si muove in mezzo al traffico, rallentandolo, per più di mezzora senza nessun agente di controllo. Da via Quarenghi risale verso Porta Nuova e da lì in direzione della stazione, senza però riuscire mai ad arrivarci. Dopo il lancio di due fumogeni (ma la dinamica dei fatti deve essere ancora accertata) all’incrocio tra viale Papa Giovanni XXIII e via Paleocapa partono le cariche della polizia.

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