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Sardegna, contadini digiunano contro lo sfratto


A Decimoputzu (Cagliari), da inizio ottobre 5 contadini (nella foto) hanno cominciato lo sciopero della fame.
Protestano contro la vendita all’asta di oltre 5 mila aziende agricole sarde, fallite a causa di debiti per complessivi 700 milioni di euro (in media 140 mila euro per azienda). Da anni in Sardegna agricoltura e allevamento sono in ginocchio. Colpa di calamità ripetute (siccità, virus delle colture), dinamiche di mercato sempre più feroci, ma soprattutto di investimenti sballati, effettuati nei primi Ottanta a costo di un fortissimo indebitamento.

di Adriano Marzi

Allora, furono la spinta e le garanzie offerte dalla Regione Sardegna, fideiussore dei prestiti presso le banche, ha convincere tantissimi imprenditori agricoli a indebitarsi per rendere più “moderna” la propria azienda. “Ma -ci racconta Riccardo Piras, membro di Altragricoltura e tra i contadini che hanno cominciato lo sciopero della fame- politici e banche, veri registi del ‘salto di qualità’ del primario sardo, di fronte alla crisi cominciata già nei Novanta, si sono tirati indietro, scaricando la responsabilità del fallimento sui lavoratori”. L’agricoltura a campo aperto, praticata tradizionalmente per la produzione di pomodori, zucchine e melanzane, negli Ottanta ha lasciato il posto alle serre in ferrovetro. Oggi in tutta l’isola sono un milione e mezzo di metri quadri, di cui circa la metà concentrati nelle campagne intorno a Decimoputzu. Ma colture e allevamento non hanno mai consentito un rientro degli investimenti. I pomodori, ad esempio, si vendono a 30 centesimi per chilo, 50 in meno del costo di produzione. Alla stalla il latte vaccino viene pagato 30 centesimi, 50 per quello di pecora, mentre il prezzo dei mangimi è schizzato a 10 euro al quintale. “Produciamo anche tanto grano, che vendiamo sul mercato a 12 euro al quintale -continua Piras- ma per assurdo non possiamo permetterci il pane. Lo Stato deve intervenire per salvaguardare l’agricoltura e l’allevamento sardo. Non vogliamo che i nostri debiti siano cancellati, ma chi ci ha messo in questa situazione ora deve darci la possibilità di uscirne. Lavoriamo la terra da 50 anni e non sapremmo cos’altro fare. Non lasceremo le nostre aziende agli speculatori”. Il rischio è infatti che sull’agonia di contadini e pastori, si avventino gli sciacalli della speculazione edilizia. Le terre, situate in gran parte a 15, 20 chilometri dalla costa, fanno gola a molti. Aziende con un valore stimato intorno ai 500 mila euro rischiano di essere svendute a 30, 40 mila. La Regione Sardegna, fideiussore presso le banche dei debiti contratti dalle aziende, sarebbe tenuta a coprire la differenza. Chi fosse interessato a saperne di più o a offrire la propria solidarietà può farlo su www.altragricoltura.net o su www.soccorsocontadino.eu

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