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Ambiente / Attualità

Ad Arborea, in Sardegna, dove i cittadini hanno fermato il pozzo dei Moratti

Nel 2011, la Saras Spa aveva richiesto l’autorizzazione per la costruzione di un pozzo esplorativo (Progetto Eleonora), che prevedeva la trivellazione a 2.850 metri di profondità alla ricerca di giacimenti di gas naturale. Cinque anni dopo, la battaglia legale ha riconosciuto le ragioni degli ecologisti

Un impianto della Saras Spa con sede a Sarroch in Sardegna. Dal 1962

Ci sono voluti cinque anni tra mobilitazioni di cittadini, sit -in, manifestazioni e una battaglia giudiziaria, ma alla fine il Consiglio di Stato ha chiuso definitivamente le porte al Progetto Eleonora. La Saras S.p.a. infatti,  si è vista respingere prima dalla Regione Sardegna, poi dal Tar e infine dal Consiglio di Stato, il progetto esplorativo per la ricerca di gas metano nella zona di Arborea, comune di 4 mila abitanti in provincia di Oristano. A circa 350 metri dallo stagno S’Ena Arrubia, zona paesaggistica protetta da vincoli ambientali. Una storia a lieto fine grazie alla decisa mobilitazione dei cittadini. Non è bastato il richiamo all’amata giudicessa locale Eleonora d’Arborea, a convincere la popolazione dell’utilità e innocuità delle trivellazioni.

Tutto comincia a fine 2009 con un “permesso” relativo al progetto di ricerca di gas naturale nel sottosuolo -44.300 ettari nella provincia di Oristano- rilasciato alla Saras S.p.a. dalla Regione Sardegna. Studi geologici della società petrolifera -fondata dalla famiglia Moratti e presente in Sardegna dai primi anni Sessanta- avevano individuato ad Arborea 5 serbatoi sotterranei disposti a diverse profondità e contenenti tra 1 e 3 miliardi di metri cubi di gas. Nel giugno 2011 la Saras S.p.a. aveva  richiesto l’autorizzazione per la costruzione di un pozzo esplorativo chiamato Eleonora Dir 1 (poi chiamato semplicemente Eleonora), da realizzare con una trivellazione di 2.850 metri di profondità verticale, con l’obbiettivo di confermare la presenza dei giacimenti di gas naturale e la loro qualità. Secondo la società petrolifera il progetto esplorativo non avrebbe avuto nessun impatto negativo nella zona, dato che -come si legge ancora oggi nella nota dell’azienda- “la fase di esplorazione prevede solo opere temporanee della durata complessiva di circa 6 mesi, di cui circa 50 giorni di perforazione vera e propria”. Anzi, avrebbe garantito il fabbisogno energetico alla provincia di Oristano per 25 anni.

Le prime ad allarmarsi sono state alcune associazioni ecologiste che tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012 avevano inviato le loro perplessità alla Regione Sardegna. La preoccupazione aumenta anche da parte dei semplici cittadini, e nell’ottobre 2011 si costituisce  il Comitato No al progetto Eleonora, di cui fanno parte studenti, agricoltori, impiegati e ricercatori. Man mano che l’ipotesi delle trivellazioni si fa più concreta si aggiungono aziende, scuole, comitati e le amministrazioni comunali della zona, che iniziano a deliberare formalmente la loro contrarietà alle trivellazioni. Dopo svariati incontri, analisi di documenti, discussioni approfondite con esperti del settore, giungono a una conclusione: il progetto è incompatibile con il loro territorio.

Il sito prescelto si trova infatti a poche centinaia di metri di distanza dallo Stagno di S’Ena Arrubia, tutelato dalla Convenzione internazionale di Ramsar sulle zone umide d’importanza internazionale, e da vari vincoli paesaggistici, tra i quali quello di conservazione integrale, dal piano paesaggistico regionale, è incluso tra i siti di importanza comunitaria e zona di protezione speciale. Importante anche il contesto socioeconomico della zona. Arborea infatti è una zona a vocazione agricola dove è presente la Cooperativa Produttori Arborea, ma anche 200 aziende di allevatori, tutti soci della Cooperativa 3A Latte, che produce il 98% del latte vaccino sardo. Anche per questo la preoccupazione che le trivellazioni potessero avere gravi conseguenze sulle falde acquifere e compromettere un territorio già dichiarato “zona vulnerabile da nitrati di origine agricola” (e per questo oggetto di uno specifico programma di interventi di risanamento ambientale). Non ultimo, l’elevato rischio di incidenti ed esplosioni e la dispersione di sostanze altamente tossiche, pericolose per la salute. Tutte osservazioni che nel marzo 2013, in contemporanea con l’avvio del procedimento di valutazione di impatto ambientale,  le associazioni ecologiste e il Comitato No al progetto Eleonora inoltrano all’assessorato della Difesa dell’ambiente della Regione Sardegna, chiedendo la dichiarazione di improcedibilità.
Preoccupazioni legittime visto che a settembre 2014 il Servizio di Sostenibilità Ambientale e Valutazione Impatti Ambientali della Regione Sardegna boccia il Progetto Eleonora dichiarando improcedibile la V.I.A. ancor prima della sua conclusione a seguito del “contrasto con atti di pianificazione regionali e comunali – il piano paesaggistico regionale (Ppr) e il piano urbanistico comunale (Puc)”. La Saras però non si arrende, e pochi mesi dopo decide di ricorrere al Tar, chiedendo anche un risarcimento di 7,2 milioni di euro per le spese sostenute in studi, analisi e sondaggi. Il Tribunale Amministrativo dà ragione alla Regione Sardegna. Quando il peggio sembrava ormai scongiurato il colpo di coda della multinazionale del petrolio, che ricorre in ultima istanza al Consiglio di Stato contro la Regione Sardegna, il Comune di Arborea, il Gruppo d’intervento giuridico, la Giunta regionale, la Provincia di Oristano.

L’11 luglio scorso è stata depositata la sentenza che non ha potuto fare altro che confermare la decisione del Tar, respingendo così definitivamente il ricorso della Saras S.p.a. e mettendo la parola fine all’intera vicenda.  Secondo Stefano Deliperi del Gruppo di intervento giuridico, una delle associazioni ecologiste in prima linea contro il progetto Eleonora, la sentenza costituirà un importante precedente.
Tutti i comuni della zona individuata per le trivellazioni in questi anni sono stati molto attivi, hanno organizzato varie iniziative di informazione, soprattutto quello di Arborea, sicuramente il più direttamente coinvolto. Il piccolo comune, fondato dopo le bonifiche nel ventennio fascista, è diventato un simbolo della determinazione e della resistenza popolare. La difesa del territorio da progetti come Eleonora è stato alla base della campagna elettorale del 2015, tanto che una delle attiviste del comitato, è oggi sindaco della cittadina oristanese. Manuela Pintus, ricercatrice esperta di biotecnologie dopo aver messo a disposizione del Comitato No Eleonora le sue competenze, è diventa prima cittadina di Arborea col 45,5% dei voti. Per lei è stato fondamentale il sostegno dell’intera comunità: “Moltissime persone si sono impegnate e ognuna, nel suo piccolo, ha dato un contributo. È stata una vittoria premiata da una istruttoria portata avanti correttamente dagli uffici istituzionali competenti e da una protesta popolare ordinata e consapevole”. Lo scorso 18 agosto la sindaca di Arborea è stata premiata col Panda d’Oro del WWF per la sua attività in difesa dell’ambiente in particolare “per l’impegno contro le trivellazioni e il sostegno all’economia circolare nel territorio di Arborea”.

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