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Sanità perduta, per scelta: in 10 anni tagliati 37 miliardi di euro

Il definanziamento del Servizio sanitario nazionale in Italia è divenuto una costante dal 2010, non dipendente solo da fattori legati alla crisi economica: circa 25 miliardi tra il 2010 e il 2015, oltre 12 miliardi nel 2015-2019. La denuncia della Fondazione Gimbe che propone cinque punti al nuovo Governo per rilanciare la sanità pubblica

© Marcelo Leal - Unsplash

Negli ultimi dieci anni i governi che hanno guidato l’Italia si sono distinti per aver indebolito il Servizio sanitario nazionale (SSN) tagliando i finanziamenti destinati al Fondo sanitario nazionale (FSN). Secondo la Fondazione Gimbe, osservatorio sulla medicina e la sanità pubblica italiana, il definanziamento della sanità è diventato una costante che non dipende più solo da fattori legati alla crisi economica.

L’ultimo rapporto “Il definanziamento 2010-2019 del Servizio sanitario nazionale” ha calcolato che il finanziamento pubblico alla sanità ha subìto un taglio di 37 miliardi di euro: circa 25 miliardi tra il 2010 e il 2015; oltre 12 miliardi nel 2015-2019. A pagarne le conseguenze è stato soprattutto il personale sanitario perché il 50% dei 37 miliardi “risparmiati” sono stati tolti alla spesa per il personale. In particolare hanno fatto cassa il blocco del turnover, ossia il blocco dell’assunzione di nuovi medici per sostituire i pensionati, e il mancato rinnovo del contratto che doveva servire ad allineare le retribuzioni dei medici italiani agli standard europei.

Anche guardando al futuro le previsioni non sembrano migliori. Con il Documento di economia e finanza (Def), il governo programma la spesa e gli obiettivi di politica economica più a lungo termine. Il Def approvato ad aprile 2019 dal Consiglio dei ministri ha programmato per il triennio 2020-2022 un aumento della spesa sanitaria: si passa da 119,953 miliardi di euro stimati per il 2020, fino ai 121,358 miliardi nel 2021 e 123,052 miliardi nel 2022. Ma la fondazione Gimbe fa notare come le stime dei Def sulla spesa sanitaria non vengono mai rispettate nel momento di assegnare i fondi nelle leggi di Bilancio, la manovra annuale che stabilisce le entrate e le uscite dei conti pubblici italiani. Il Def 2015 aveva stimato 120,1 miliardi di euro per la sanità, ridimensionati subito a 118,5 miliardi con il Def 2016 e poi a 115 miliardi nella legge di Bilancio 2016. La cifra poi è stata continuamente rivista fino a raggiungere i 114,4 miliardi della legge di Bilancio 2019.

Per dimostrare in che modo i governi italiani continuano a non investire nel sistema sanitario, il Gimbe ha preso in considerazione la spesa sanitaria in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil). Se si analizzano i dati dal 2018 al 2022 si nota che il Def 2019 riduce progressivamente la spesa sanitaria dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 fino al 6,4% nel 2022.

Il rapporto spesa sanitaria/Pil sempre rivisto al ribasso manifesta secondo Gimbe una precisa intenzione di non rilanciare il finanziamento della sanità pubblica. Come ulteriore prova, la fondazione cita la Legge di Bilancio 2019 (L. 145/2018), che ha confermato per il Servizio sanitario le risorse economiche assegnate dal governo Gentiloni, legandole però a previsioni ottimistiche di crescita economica del Paese e soprattutto alla stipula del “Patto per la Salute 2019-2021”, un accordo tra Stato e Regioni che stabilisce gli investimenti in sanità ogni tre anni. La scadenza per il Patto 2019-2021 fissata a marzo 2019 non è stata rispettata e se l’accordo dovesse mancare del tutto rischiano di saltare 1 miliardo in più previsto per il 2019, 2 miliardi per il 2020 e 1,5 miliardi per il 2021.

Il confronto con il contesto internazionale conferma che l’Italia non sta investendo abbastanza nella sanità. Dai dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in Italia la percentuale del Pil destinato alla spesa sanitaria totale è in media con la spesa Ocse (8,8%), ma fa posizionare il Paese in ultima posizione tra quelli dell’Europa Nord-occidentale. Inoltre se si prende in considerazione la spesa pro-capite per la sanità, l’Italia è molto al di sotto della media Ocse: per la spesa sanitaria totale (pubblica e privata insieme) in Italia si spendono in media 3.428 dollari contro i 3.980 della media Ocse, mentre per la sola spesa pubblica si spendono 2.545 dollari a fronte dei 3.038 dollari medi degli altri Paesi Ocse. Il Regno Unito destina circa 594 dollari in più a persona per la sanità pubblica, mentre la Norvegia fino 2.744 dollari in più.

Fonte: Health at a Glance: Europe 2018, OECD
Fonte: Health at a Glance: Europe 2018, OECD

Per la Fondazione Gimbe la crisi di sostenibilità del Servizio sanitario nazionale non è dunque solo un problema finanziario, ma anche politico. Per mettere al sicuro i fondi destinati alla sanità, Gimbe ha proposto al nuovo esecutivo Conte cinque punti da attuare: un programma di azioni a medio-lungo termine per il rilancio della sanità pubblica; un’accelerazione della stipula del Patto per la Salute 2019-2021, per non perdere il finanziamento assegnato dall’ultima Legge di Bilancio; il rilancio della mozione della Commissione Affari Sociali della Camera, che chiede al governo di recuperare integralmente tutte le risorse economiche sottratte in questi anni al Fondo Sanitario Nazionale; la definizione di un nuovo piano di finanziamento del SSN; una ridefinizione delle spese per rendere il sistema più efficiente e aumentare il ritorno in termini di salute pubblica.

Solo attraverso queste azioni, secondo l’osservatorio sulla sanità pubblica, il sistema sarebbe più stabile e i finanziamenti e le risorse a disposizione certe.

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