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Ambiente

“Salviamo il paesaggio”, spunti di lavoro per l’autunno

Le betoniere non vanno in ferie. In quest’inizio di agosto l’industria delle Grandi opere, e quindi anche quella del cemento e del calcestruzzo, gongolano. Ecco, perciò, alcune note e spunti di lavoro, prima di chiudere il blog per qualche settimana….

Le betoniere non vanno in ferie. In quest’inizio di agosto l’industria delle Grandi opere, e quindi anche quella del cemento e del calcestruzzo, gongolano. Ecco, perciò, alcune note e spunti di lavoro, prima di chiudere il blog per qualche settimana.

[1] Puntuale, è arrivata l’annunciata approvazione da parte del Cipe -la Commissione interministeriale per la programmazione economica- della Tem, la Tangenziale Est esterna di Milano. Mercoledì 4 agosto, mentre il presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi parlava a Camera e Senato, il Comitato ha dato il via libera all’opera. Il Sole 24 Ore saluta con gioia “1.659 milioni [di euro] di opere subito cantierabili”, senza passare per le lungaggini di una gara: “I lavori -spiega il quotidiano di Confindustria- saranno realizzati in house dalle imprese socie di Tem spa”. Per l’elenco dei soci di Tem spa, dove c’è un po’ di tutto (grandi costruttori e cooperative rosse) rimandiamo a questo articolo. Concentriamoci invece un attimo su una considerazione, ancora estrapolata dal Sole, quais a giustificare l’entusiasmo per un progetto che cancellare ettari ed ettari di terreni agricoli, compreso il campo di Spiga & madia, progetto del Distretto di economia solidale della Brianza: “Il progetto della Tem è completamente autofinanziato. Per l’autostrada non verrà speso nemmeno un euro di risorse pubbliche. […] le risorse finanziarie necessarie saranno garantite interamente dai privati”. Ecco in pista 1,7 miliardi per 32 chilometri, da recuperare attraverso il pedaggio. Cioè dalle nostre tasche. Il suolo no, non torna. E il grano bio non cresce sul cemento.

[2] Nello stesso giorno (3 agosto), sotto l’egida del ministero delle Infrastrutture, Ferrovie dello Stato, Regione Toscana, Comune e Provincia di Firenze hanno trovato la quadra per la nuova stazione del capoluogo toscano, da scavare in sotterranea. Senza la nuova opera, l’attraversamento della città da parte dei treni ad Alta velocità comporterà una “perdita” di una decina di minuti tra Milano e Roma, per colpa della stazione di Firenze Santa Maria Novella, una stazione “di testa”. Il “passante” ferroviario costerebbe un miliardo e mezzo di euro, di cui 950 milioni per tunnel e stazione. Idra è “l’associazione ecologista che dal ’94 segue con la lente d’ingrandimento la congerie di progetti susseguitisi per il Nodo ferroviario fiorentino”, e in un esposto inviato in questi giorni a mezzo raccomandata al ministro dell’Economia Giulio Tremonti “elenca, smonta e rimonta ventitré criticità di fondo, anomalie e irregolarità, nel merito e nelle procedure adottate, che affliggono alla radice l’ipotesi di cantierizzazione pluriennale della città, da est a ovest, per un sottoattraversamento e una stazione ‘subacquea’ considerati inaffidabili sotto tutti i profili: trasportistico, ambientale, erariale” Ci torneremo: per ora potete scaricare e leggere il dossier “NODO FERROVIARIO ALTA VELOCITÀ DI FIRENZE. Ultima chiamata per la democrazia a Firenze”.

[3] Abbiamo definito Carlo Toto “il Duca d’Abruzzo”, dedicando all’imprenditore, ex parton di Air One, un lungo ritratto. L’analisi di Ae si apriva con l’analisi dell’acquisto da parte dell’imprenditore del 100% delle azioni di Strada dei Parchi spa, concessionaria dell’A24 e A25, le due autostrade (per l’appunto) abruzzesi. Un’operazione che aveva destato l’interesse anche di alcuni parlamentari del Partito democratico (prima firmataria Raffaella Mariani, capogruppo in commissione Ambiente), che nel febbraio di quest’anno hanno presentato un’interrogazione ai ministri delle Infrastrutture (Matteoli) e dell’Economia (Tremonti). La trovate in allegato. Tra i punti salienti: “in base alla nuova convenzione firmata con Anas il gruppo Toto si è impegnato ad effettuare lavori di adeguamento e manutenzione della strada, con oneri rilevanti: 250 milioni per risolvere i problemi di congestione da traffico all’ingresso di Roma negli orari dei pendolari; 708 milioni per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria”; “da notizie di stampa si apprende che il gruppo conta di realizzare «in proprio» tali opere senza ricorrere a procedure ad evidenza pubblica che, se trasparenti ed aperte, non discriminatorie e quindi meno esposte al rischio della collusione e della corruzione, potrebbero generare risparmi sensibili sui costi totali di realizzazione delle infrastrutture”; “in base alla nuova convenzione firmata con Anas, si prevede un aumento medio delle tariffe di pedaggio dell’8,14 per cento, a decorrere dal primo gennaio 2011, con forte aggravio per gli utenti, in particolare per i pendolari”.
Né Matteoli, forse troppo impegnato a sponsorizzare in questi mesi l’autostrada della Maremma, né Tremonti hanno trovato il tempo per rispondere.

[4] È uscito il Rapporto cave 2011 di Legambiente. Qui riprendiamo alcuni numeri: “La fotografia aggiornata della situazione italiana è, ancora una volta, impressionante. Le cave attive sono 5.736 mentre sono 13.016 quelle dismesse nelle Regioni in cui esiste un monitoraggio. A queste ultime si dovrebbero sommare le cave abbandonate in Calabria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia, il che porterebbe il dato a superare di gran lunga le 15 mila cave dismesse”. Qui la situazione normativa: “particolarmente preoccupanti sono le situazioni di Veneto, Abruzzo, Molise, Sardegna, Calabria, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, tutte Regioni che non hanno un Piano Cave in vigore” (tutto il rapporto nell’allegato). Per il resto, finalmente il rapporto è uscito dall’oscuramento dei media mainstream: Roberto Galullo, giornalista de Il Sole 24 Ore, dedica numerosi approfondimenti al tema sul suo blog, http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/  

[5] Intanto a Sesto San Giovanni impazza l’inchiesta sull’area ex Falck, quella che coinvolge l’ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati. In un paio d’occasioni sono stato intervistato sulla vicenda da Radio Capital. Ieri (4 agosto) la giornalista stupita mi ha chiesto dei lavori sull’area, e le ho dovuto spiegare che no, di cantieri nemmeno l’ombra. Ma anche che, dal mio punto di vista, apriranno con difficoltà, data la congiuntura per il settore.
In tutto questo caos, a restare col cerino in mano sono i cittadini di Sesto, l’ex Stalingrado d’Italia si ritrovano con un sito da oltre un milioni di metri quadri da bonificare, intervento di cui -per adesso- non è ancora possibile stabiliare il costo. Mario De Gaspari, ex sindaco di Pioltello e autore di Malacittà, recensito qui, ha spiegato ieri al Sole 24 Ore che cosa c’è dietro le bonifiche, e in particolare l’articolo 12 del “collegato” alla Finanziaria 2002 (la prima del governo Berlusconi in carica fino al 2006): “Chi si accolla le spese delle bonifica riceve dai Comuni interessati il diritto di costruire”; i siti inquinati, cioè, non sono più un “problema di Stato” (da affrontare con le risorse necessarie, nell’interesse e tutela della salute dei cittadini) ma diventano “opportunità urbanistiche” (cfr, Il Sole 24 Ore, 4 agosto 2011). Sulla vicenda dell’area ex Falck torneremo sul numero di settembre di Ae, dal punto di vista dei Comitati.

[6] I porti turistici sono in crisi. I transiti in calo. È tutto spiegato qui: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-07-25/porti-turistici-crisi-transiti-212221.shtml?uuid=AafU9JrD Eppure c’è chi pensa di costruirne un centinaio in più (il ministro per le Infrastrutture, Matteoli, ad esempio). Legambiente, invece, la pensa così: “L’assalto degli approdi turistici infatti, si conferma uno degli escamotage più efficaci per urbanizzare la costa, derogando e aggirando i piani urbanistici. E tutto ciò nonostante lungo le coste del Belpaese siano già disponibili 130 mila posti barca e uno studio Ucina, l’associazione degli imprenditori della nautica aderente a Confindustria, elaborato nel 2008 stimi che, senza aggiungere un metro cubo di cemento in più sulle coste italiane, ma semplicemente riorganizzando, ristrutturando e adeguando i bacini già oggi esistenti lungo la Penisola, si potrebbero realizzare 40 mila nuovi posti barca,di cui 13.500 da realizzare entro sei mesi”.

Ci sarebbe altro da descrivere, come il “Piano casa” della Regione Lazio, ma rischiamo di aprire non crepe ma voragini. Adesso v’invitiamo a scoprire come unire i puntini dall’uno [1] al sei [6] leggendo “Le conseguenze del cemento. Perché l’onda grigia cancella l’Italia? Protagonisti, trama e colpi di scena di un copione insostenibile”, e poi a fare la vostra parte aderendo al “Forum nazionale per la difesa del paesaggio e dei suoli fertili”. Restate collegati (Stay tuned).

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